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Il bene collettivo della sanità. Progetti condivisi

La sanità come bene comune da difendere. “La cura e l’assistenza non devono mancare mai, nei confronti di tutti i cittadini, soprattutto di chi ha di meno e non può essere mortificato dalla disorganizzazione- afferma il ministro della Salute, Orazio Schillaci. Attraverso uno sforzo comune riusciremo a rende la nostra sanità più moderna. Rafforzando rafforzeremo i principi di universalità, equità e uguaglianza su cui si fonda il Ssn“. Istituzioni nazionali e locali per rafforzare il Servizio sanitario nazionale. In varie realtà territoriali questo impegno si concretizza in nuove iniziative a sostegno dei pazienti. Come in Trentino “BussoLà”, un portale web dedicato ai malati oncologici e alle loro famiglie. L’iniziativa si propone di raccogliere in un’unica cornice servizi, aiuti e supporti forniti da diverse realtà, per renderli accessibili in modo facile e veloce nel caso in cui venga diagnosticato un tumore.

Sanità da ripensare

L’ideatrice del progetto, Michela Bonvecchio, spiega come il portale nasca in quanto il “passaparola è troppo lento”. E “chi si trova ad affrontare un periodo di grande fragilità” ha esigenze da soddisfare in breve tempo . Ossia dal sostegno psicologico ai trasporti, “fino alla riabilitazione e alle tutele dal punto di vista lavorativo”. I soci fondatori del nuovo portale sono sei, tra associazioni, organizzazioni, cooperative e fondazioni che offrono un aiuto concreto in affiancamento ai servizi sanitari. Si tratta degli enti Pronti Qua, Lilt Trento, Lotus, Fondazione Hospice Trento, Cooperativa HandiCrea, Le ali della coccinella. Queste realtà solidali si sono avvalsi del sostegno della Fondazione Cassa Rurale Alta Valsugana e della Provincia di Trento. “È bello osservare come il mondo del volontariato si sappia ancora una volta distinguere, unendo le forze e proponendo un servizio innovativo che guarda ai bisogni reali delle persone”, ha affermato l’assessore provinciale alla salute, politiche sociali e cooperazione, Mario Tonina, intervenuto nel corso della conferenza stampa di presentazione. “BussoLà” non si propone di dare risposte dirette ai malati, ma di mettere le persone in condizione di intercettare chi può dare supporto. Il portale (www.bussolatrentino.it) vuole essere anche uno stimolo per chi ha il desiderio di diventare volontario. 

Nuovo Welfare

Per prendersi cura di una popolazione sempre più anziana occorre ridefinire il welfare. “A fronte di una buona affermazione degli hospice oncologici, abbiamo una lacuna molto grave, molto importante, nella parte che riguarda l’assistenza domiciliare”, afferma Gino Gobber. Il presidente della Società italiana cure palliative (Sicp) è intervenuto all’Università Statale di Milano, di un documento di raccomandazioni, pubblicato dalla Sicp, che propone uno standard di personale medico e infermieristico per i servizi specialistici di cure palliative per gli adulti del nostro Paese. In Italia, per circa mezzo milione di persone che ogni anno ne avrebbero bisogno, sul fronte dell’assistenza domiciliare mancano circa la metà dei medici palliativisti e circa due terzi degli infermieri. “Queste terapie, previste per legge, quindi un diritto per il cittadino – precisa Gobber – consistono in una serie di interventi terapeutici e assistenziali finalizzati alla cura attiva e totale di persone la cui malattia di base non risponde più ai trattamenti specifici. L’obiettivo è la migliore qualità di vita possibile per malati e famiglie, per la vita che rimane da vivere”. Quindi “il palliativista non dovrebbe lavorare solo con l’oncologo, ma anche con il cardiologo, il nefrologo e il neurologo”.

Servizi territoriali

Sulle terapie territoriali, quindi anche sulle cure palliative, “il Pnrr dà un mandato chiaro – evidenzia il presidente Sicp – Non possiamo non rispettarlo”. Del resto, ricorda, “la Legge di Bilancio del 2022, la 197, pone l’obiettivo del 90% della presa in carico in cure palliative entro dicembre 2028. E’ un obiettivo ambiziosissimo”. Secondo l’esperto, sono tre gli elementi su cui lavorare per raggiungere la meta. Il primo riguarda la formazione. “L’università, tra i suoi obiettivi – rimarca Gobber – ha quello di fornire dei professionisti al Servizio sanitario nazionale. Si tratta di fare una programmazione corretta”. La seconda mossa compete “alle aziende sanitarie che dovrebbero bandire concorsi per palliativisti che, a differenza si quanto si registra per quelli dei pronto soccorso, non vanno mai deserti perché ci sono 10 specialità mediche equipollenti. Comprendono oncologi, anestesisti, geriatri, internisti” e “non possono passare alle palliative perché, oltre al blocco del turnover, non hanno i concorsi”, osserva il presidente della Sicp, che vede nel Terzo settore proprio l’ultimo asset strategico a cui affida il compito di “portare a casa quella parte della normativa che riguarda le tariffe”. Perché se non c’è un rimborso per la gestione del paziente, non si può erogare il servizio a casa.

Hospice

Infine, nella rete delle cure palliative, che “secondo la normativa è costituita dal domicilio, l’hospice, l’ospedale e le strutture residenziali per anziani”, Gobber vede “paradossalmente” un anello debole nella scarsa “presenza di palliativisti anche in ospedale”, centrali per intercettare, ad esempio, “le persone che ne hanno necessità e per attivare la presa in carico a domicilio”. L’obiettivo è ambizioso, ma “ci sono realtà in Italia, sia al Nord sia al Sud, che funzionano ad un altissimo livello. Quindi si può fare”, conclude l’esperto.

Giacomo Galeazzi

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