Presidenza: Al Sisi punta al 2034

Abdel Fattah al-Sisi potrebbe restare presidente dell'Egitto sino al 2034. Oggi si è espressa in questo senso un'apposita commissione parlamentare, nella quale due terzi dei deputati hanno votato a favore di una modifica costituzionale che permettere all'attuale capo di Stato di esercitare anche un terzo e quarto mandato, ciascuno della durata di sei anni.

La riforma

La norma dovrà essere votata dal Parlamento al completo, e poi, se approvata, essere sottoposta a referendum. Una data per il voto parlamentare ancora non è stata fissata. Altri eventuali cambiamenti costituzionali riguardano il ruolo del vicepresidente nonché la reintroduzione del Senato. In più, il capo dello Stato avrà il diritto di nominare i giudici della Corte Suprema. Potrebbe rinascere anche il ministero dell'Informazione, abolito nel 2014. 

Dibattito

Non tutti i deputati sono, però, favorevoli alla riforma. Haitham al-Hariri, parlamentare di sinistra, alla Reuters ha definito la proposta di legge un “colpo di stato contro la costituzione egiziana”. Già nel 2017 l'allora deputato Ismail Nasreddine aveva lanciato una campagna per chiedere l'estensione del mandato presidenziale rimuovendo i limiti alla rielezione. Buona parte dei progetti di emendamento presentati vengono visti come l'eredità di quella battaglia politica, portata avanti prima che al-Sisi trionfasse nelle presidenziali del 2018. Secondo Ayman Abdel Hakim, considerato vicino al “Faraone”, l'attuale capo di Stato “sta portando avanti diversi progetti e, ciononostante, la gente lo sta osteggiando in ogni modo”. 

Faraone

Al Sisi è presidente dal 2014. L'anno precedente – sfruttando il generale clima di malcontento che aveva portato migliaia di egiziani a scendere in piazza – aveva condotto un golpe militare che aveva portato al rovesciamento di Mohammed Morsi, leader dei Fratelli Musulmani che era stato eletto democraticamente. Al suo posto venne provvisoriamente posto Adli Mansur, poi sostituito dallo stesso Al Sisi, eletto per la prima volta nel 2014. Nel 2018 la conferma, con una maggioranza quasi plebiscitaria (il 97% delle preferenze), raggiunta anche grazie al ritiro dei candidati più forti delle opposizioni