La legge sullo Stato Ebraico mette nei guai Netanyahu. Voto rinviato di una settimana

Dopo la proposta di Benjamin Netanyahu sul riconoscimento di Israele quale “Stato nazione del popolo ebraico” tira aria di crisi a Tel Aviv. L’area moderata della maggioranza, che fa capo al ministro delle Finanze Yair Lapid, contraria alla legge, ha minacciato di passare all’opposizione. Netanyahu ha chiesto l’appro come risposta a quei Paesi (in particolare europei) che si apprestano a riconoscere la Palestina. Il ragionamento del premier è seguente: se i palestinesi avranno un loro Stato allora occorre rafforzare l’identità di Israele.Ma in un governo retto da delicati equilibri una decisione di questo tipo può creare un terremoto.

Di fronte al rischio concreto di elezioni anticipate l’esecutivo ha deciso di rinviare di una settimana la deliberazione sul provvedimento. Secondo il ministro della Giustizia Tzipi Livni il progetto potrebbe distruggere “lo Stato d’Israele”. “Se verrà portata davanti al parlamento, la legge non passerà” ha detto la Livni a YnetTV. La ministra fa capo al piccolo movimento Hatnua, che conta sei deputati, ma cionostante potrebbe far cadere il governo. Anche perché ad essa si accoderebbero anche lo Yesh Atdi di Lapid, che ha 19 parlamentari. Durante il Consiglio dei ministri di ieri, quando il provvedimento ha avuto il via libera con 15 voti favorevoli e 6 contrari, lo scontro è stato totale, tanto che, raccontano i testimoni, le urla si sentivano fuori dalla porta.

Il ministro della Scienza, Yaakov Peri di Yesh Atid, ha paragonato la legge all’adozione della Sharia da parte dei Paesi Arabi. Lapid ha, invece, accusato Netanyahu di agire soltanto per vincere le primarie interne al suo partito (il Likud). Dure prese di posizione contro la legge sono giunte anche dal partito laburista all’opposizione e dai partiti degli arabo-israeliani, che rappresentano il 20% della popolazione.