I legali di Trump: “Non vada da Mueller”

Pubblicato il memo della discordia e, di fatto, aperto una contesa spinosa con l'Intelligence americana, il presidente degli Stati Uniti si trova ora di fronte a quello che può essere definito il bivio cruciale dell'intera indagine sul Russiagate: incontrare o meno gli investigatori per essere ascoltato nell'ambito dell'inchiesta. Una decisione che, da qualunque prospettiva la si guardi, rischia di compromettere non poco l'equilibrio dell'entourage presidenziale. Qualora Trump decidesse infatti di presentarsi da Mueller, mossa importante dopo il polverone sollevato con il memo per smontare l'intera impalcatura del Russiagate, incorrerebbe nel sospetto dei più che, realmente, sappia qualcosa in merito. Non presentarsi, del resto, implicherebbe la possibilità di un mandato di comparizione che il procuratore speciale potrebbe emettere, aprendo una strada legale che, dal grand jury, potrebbe arrivare anche alla Corte Suprema.

Il consiglio dei legali

Uno stallo non certo di poco conto, specie con le elezioni di medio termine all'orizzonte. E l'incertezza, almeno per il momento, sembra essersi trasferita anche sul piano legale, con diversi pareri arrivati dagli avvocati di Trump in merito alla possibilità di presentarsi o no da Mueller per chiarire la faccenda. Nelle scorse settimane, il presidente aveva manifestato l'intenzione di avere un dialogo con il procuratore, al fine di chiarire una volta per tutte la sua posizione e tentare di archiviare definitivamente il Russiagate o, quantomeno, provare la sua estraneità alle presunte collusioni coi russi durante la campagna elettorale del 2016. Nonostante questo, e con il rischio concreto di una battaglia legale che un eventuale rifiuto porterebbe, i legali John Dowd e Jay Sekulow, così come un più che discreto numero di consiglieri della West Wing, starebbero suggerendo di declinare la chiamata di Mueller, ponendo come motivazione la mancanza del necessario status giuridico che consenta al procuratore speciale di interrogare il presidente su alcuni aspetti della vicenda. A rivelarlo è il 'New York Times'.

Il pensiero di Cobb

Dal gruppo, a ogni modo, si è levata anche la voce dell'avvocato Ty Cobb (legale assunto a luglio appositamente per il Russiagate), l'unico a premere affinché il Tycoon (e la Casa Bianca in generale) collabori il più possibile con il procuratore e con l'inchiesta. Per il momento però, come spiegato da un comunicato dello staff legale del presidente, i colloqui con i vertici dell'indagine sulle modalità di svolgimento dell'eventuale scambio di informazioni “restano comprensibilmente riservati”.