Giulio II, l'estro guerriero del Papa mecenate e visionario

Le Stanze di Raffaello, o Stanze Vaticane, furono commissionate all’artista da Giulio II a inizio ‘500. Il Papa rinascimentale per antonomasia, mecenate e condottieroè stato senza dubbio Giuliano della Rovere (Albissola 1443 – Roma 1513), francescano, creato cardinale dallo zio Sisto IV nel 1471. Il futuro Giulio II, dopo aver assolto numerosi incarichi politici e diplomatici, divenne potentissimo con l'elezione di Innocenzo VIII, a lui legato da vincoli di gratitudine, come ricostruisce Treccani.it. Raffaello cominciò il lavoro nel 1508 e vi si dedicò fino alla morte, non riuscendo comunque a portare a termine il progetto. Le ultime due sale furono terminate dai suoi allievi e da Giulio Romano, grande artista collaboratore di Raffaello.

Dopo Leonardo, Raffaello

A beneficiare dell'estro del Papa mecenate, impegnato a guidare gli eserciti in battaglia ma anche a commissionare capolavori per la corte pontificia ai più grandi artisti, furono soprattutto i due principali geni pittorici del Rinascimento. Il 2020 è l’anno di Raffaello Sanzio. Dopo le celebrazioni per il 500enario della morte di Leonardo, l'identica ricorrenza toccherà quest'anno all’Urbinate, vero e proprio gigante della pittura italiana e mondiale. Per tutto l’anno una rosa rossa sarà posata dal ministero dei Beni culturali sulla tomba di Raffaello a cinquecento anni dalla sua morte, avvenuta a Roma il 6 aprile 1520, ad appena 37 anni. Le spoglie del celebre artista, ricorda Guidaviaggi.it,  sono conservate al Pantheon per sua stessa volontà. Nel 1520 il corpo venne sepolto nel monumento romano e sistemato nell’edicola della Madonna del Sasso, opera commissionata dallo stesso Raffaello ed eseguita da Lorenzo Lotti detto Lorenzetto. Dal 5 marzo al 2 giugno 2020, alle Scuderie del Quirinale a Roma, una grande mostra monografica rappresenterà l'evento di punta del programma approvato dal Comitato Nazionale istituito nel gennaio 2018 dal ministro per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo, Dario Franceschini e presieduto da Antonio Paolucci. L’esordio di Raffaello in Vaticano è rappresentato dal lavoro nella Stanza della Segnatura, che prendeva il nome dal tribunale della Santa Sede: la “Segnatura Gratiae et Iustitiae”. Originariamente la stanza fu adibita da Giulio II, Papa dal 1503 al 1513, a biblioteca e studio privato. Tre le categorie dello spirito umano rappresentate: il vero con la disputa del Santissimo Sacramento e la Scuola di Atene; il bene espresso nella raffigurazione delle virtù cardinali, teologali e della legge; il bello rappresentato nel Parnaso con Apollo e le Muse. Gli affreschi si legano alle scene sottostanti.

L'incarico di Giulio II

Sulla lapide di Raffaello sono impresse le parole dedicategli da Pietro Bembo che, esaltandone la forza creatrice, scrive: “Qui giace Raffaello dal quale, mentre era in vita, la Natura temette di essere vinta e, quando morì, temette di morire anch’essa”.Giulio II è celebre per essere stato un grande mecenate ma anche per avere un gran brutto carattere. Raffaello, infatti, fu chiamato ad affrescare quegli spazi per una sorta di capriccio del Papa. Poco dopo essere eletto Papa, Giulio II si rifiutò di stare nelle stanze dove aveva abitato il suo predecessore Alessandro Borgia, da lui profondamente odiato. Decise quindi di spostarsi in altri ambienti del palazzo e, da grande amante dell’arte, volle affrescare quelle sale che sarebbero state la sua nuova casa. Inizialmente affidò i lavori a diversi artisti, tra cui il Perugino, ma rimase quasi subito deluso e decise di chiamare Raffaello. Subito dopo la Stanza della Segnatura, Raffaello decorò quella di Eliodoro, destinata alle udienze private del Papa. Si documenta la protezione di Dio alla Chiesa minacciata nella fede nella Messa di Bolsena; nella persona del Pontefice nella Liberazione di San Pietro; nella sua sede con l’incontro tra Leone Magno e Attila e nel suo patrimonio con la Cacciata di Eliodoro. Sulla volta spettano a Raffaello i quattro episodi dell'Antico Testamento.

All'unanimità

Ostile ad Alessandro VI, alla morte di Pio III si accordò egualmente con Cesare Borgia e ottenne di essere eletto all'unanimità pontefice il 31 ott. 1503. Deciso a ricostituire la potenza dello Stato della Chiesa, si volse dapprima contro il Borgia, contro Gian Paolo Baglioni di Perugia, contro Giovanni Bentivoglio di Bologna. Compiuta felicemente la prima parte della sua opera (1507), Giulio II si rivolse contro Venezia, rivendicando Rimini e Faenza; dopo aver aderito alla Lega di Cambrai rendendosi conto che la potenza della Francia rappresentava il maggior pericolo, Giulio II, riferisce Treccani.it,  s'accordò con Venezia (1510) e mosse guerra, personalmente, al duca di Ferrara alleato della Francia. Occupata Modena e conquistata Mirandola, convocò un concilio ecumenico in San Giovanni in Laterano (25 luglio 1511) opponendolo al Concilio di Pisa, intimato da Luigi XII d'accordo con Massimiliano, e concluse con Venezia e con la Spagna la Lega santa, alla quale s'accostarono poi il re d'Inghilterra e lo stesso Massimiliano. Il concilio scismatico di Pisa, trasferito a Milano, dichiarò Giulio II deposto (21 aprile 1512). Quando J.-F. de La Palisse, succeduto a Gaston de Foix, morto nella battaglia pur vittoriosa di Ravenna, si fu ritirato in Lombardia ed ebbe poi ripassate le Alpi, la Lega santa poté riordinare l'Italia e celebrare quel Congresso di Mantova che segnò il sorgere della potenza spagnola in Italia. Fu munifico mecenate, protettore di artisti quali Michelangelo, Raffaello, Bramante. La sua natura energica e “terribile”, come la definirono i contemporanei, era di principe temporale; e tutto il suo pontificato fu un titanico sforzo di rinsaldare politicamente la potenza dello Stato della Chiesa.