“Accogliamo i naufraghi della storia che approdano sulle nostre coste”

Chiediamo oggi al Signore di aiutarci a vivere ogni prova sostenuti dall’energia della fede e ad essere sensibili ai tanti naufraghi della storia che approdano esausti sulle nostre coste, perché anche noi sappiamo accoglierli con quell’amore fraterno che viene dall’incontro con Gesù- afferma Jorge Mario Bergoglio-.  È questo che salva dal gelo dell’indifferenza e della disumanità“. L’udienza generale di questa mattina si è svolta a partire dalle 9 nell’Aula Paolo VI dove Francesco ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nel discorso in lingua italiana il Pontefice, riprendendo il ciclo di catechesi sugli Atti degli Apostoli, ha incentrato la sua meditazione sul tema: “Non ci sarà alcuna perdita di vite umane in mezzo a voi“. La prova del naufragio: tra la salvezza di Dio e l’ospitalità dei maltesi. “Vorrei chiedere a tutti di pregare il Signore perché aiuti il popolo in questo momento difficile, con quel rogo tanto forte. Sono vicino al popolo dell’Australia”, ha detto Francesco al termine dell’udienza generale, rivolgendosi a un gruppo di fedeli provenienti proprio dall’Australia.

Ai confini della terra

Il libro degli Atti degli Apostoli, nella parte finale, racconta che il Vangelo prosegue la sua corsa non solo per terra ma per mare, su una nave che conduce Paolo prigioniero da Cesarea verso Roma, nel cuore dell’Impero, perché si realizzi la parola del Risorto: “Di me sarete testimoni fino ai confini della terra“. La navigazione, evidenzia Francesco, incontra fin dall’inizio condizioni sfavorevoli. Il viaggio si fa pericoloso e si è costretti a sbarcare a Mira, salire su un’altra nave e costeggiare il lato meridionale dell’isola di Creta. Paolo consiglia di non proseguire la navigazione, ma il centurione non gli dà credito e si affida al pilota e all’armatore. Il viaggio prosegue e si scatena un vento così furioso che l’equipaggio perde il controllo e lascia andare la nave alla deriva. Quando la morte sembra ormai prossima e la disperazione pervade tutti, Paolo interviene. Egli, prosegue il Pontefice, è l’uomo della fede e sa che anche quel “pericolo di morte” non può separarlo dall’amore di Cristo e dall’incarico che ha ricevuto. Perciò rassicura i compagni dicendo: “Mi si è presentato questa notte un angelo di quel Dio al quale io appartengo e che servo, e mi ha detto: Non temere, Paolo; tu devi comparire davanti a Cesare, ed ecco, Dio ha voluto conservarti tutti i tuoi compagni di navigazione”.

Custode della vita

“Anche nella prova, Paolo non cessa di essere custode della vita degli altri e animatore della loro speranza– sottolinea Francesco-. Luca ci mostra così che il disegno che guida Paolo verso Roma mette in salvo non solo l’Apostolo, ma anche i suoi compagni di viaggio, e il naufragio, da situazione di disgrazia, si muta in opportunità provvidenziale: è un’immersione nelle acque che richiama l’esperienza battesimale di morte e risurrezione e che fa sperimentare la premura di Dio e la sua potente salvezza”. Al naufragio segue l’approdo sull’isola di Malta, i cui abitanti, evidenzia Jorge Mario Bergoglio, dimostrano una premurosa accoglienza. “Piove e fa freddo ed essi accendono un falò per assicurare ai naufraghi un po’ di calore e di sollievo- spiega il Pontefice-. Anche qui Paolo, da vero discepolo di Cristo, si mette a servizio per alimentare il fuoco con alcuni rami”. Durante queste operazioni viene morso da una vipera ma non subisce alcun danno e viene scambiato addirittura per una divinità. In realtà, quel beneficio viene dal Signore Risorto che lo assiste, secondo la promessa fatta prima di salire al cielo e rivolta ai credenti:”Prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno“.

Cuore aperto

Il soggiorno a Malta, puntualizza il Pontefice, diventa per Paolo l’occasione propizia per dare “carne” alla parola che annuncia ed esercitare così un ministero di compassione nella guarigione dei malati. Questa è una legge del Vangelo: quando un credente fa esperienza della salvezza non la trattiene per sé, ma la mette in circolo. “Il bene tende sempre a comunicarsi. Ogni esperienza di verità e di bellezza cerca per se stessa la sua espansione, e ogni persona che viva una profonda liberazione acquisisce maggiore sensibilità davanti alle necessità degli altri”. Un cristiano “provato”, precisa Francesco, può farsi di certo più vicino a chi soffre e rendere il suo cuore aperto e sensibile alla solidarietà verso gli altri. Paolo ci insegna a vivere le prove stringendoci a Cristo, per maturare la “convinzione che Dio può agire in qualsiasi circostanza, anche in mezzo ad apparenti fallimenti” e la “certezza che chi si offre e si dona a Dio per amore, sicuramente sarà fecondo”.