La Camera approva con 321 “si”

Lo sguardo è ora spostato sul Senato dove la partita di domani è più difficile

321 si, 259 no e 27 astenuti. La camera approva il Governo Conte e da la sua fiducia. Ora si rimane in attesa del voto al Senato che avverà domani. Alla camera è stata superata quindi la maggioranza assoluta di 315 voti. Bastava comunque la maggioranza semplice con un voto in più di quelli richiesti.

Conte incassa una fiducia piena

Votano sì cinque deputati ex M5S, il dissidente sempre 5S Andrea Colletti e l’azzurra Renata Polverini. Lo sguardo è ora spostato sul Senato dove la partita è più difficile: raggiungere quota 161 è al momento considerato un miraggio. Italia Viva conferma la scelta di astenersi ma alla maggioranza basterà un voto in più delle opposizioni per vincere questo round, poi si volterà pagina e sarà tutta da scrivere. “Aiutateci a ripartire”, dice il premier Giuseppe Conte in Aula a Montecitorio lanciando un appello ai quei “volenterosi” che potrebbero salvare il governo dandogli la stabilità necessaria ad andare avanti, promettendo l’impegno per una nuova legge elettorale in senso proporzionale.

Ora la strada è tutta in salita

Sarà uno slalom nel corso del quale il capo del governo dovrà fare i conti con i malcelati timori nella maggioranza sul ritorno alle urne e con un rimpasto di governo al quale ormai è obbligato, che potrebbe includere anche l’opzione forse meno gradita a Palazzo Chigi: quella di salire al Colle da dimissionario per dar vita ad un Conte-ter. Con un dato, da tener presente: se il presidente del Consiglio salirà al Quirinale per rassegnare le sue dimissioni, chiedendo tempo e spazio per cercare una maggioranza, il capo dello Stato non potrebbe far altro che avviare le consultazioni e, verificata la disponibilità delle forze politiche, dargli quindi un incarico esplorativo. Il premier vive con prudenza le ore in cui si deciderà il suo destino. I numeri del Senato non possono non preoccuparlo e l’obiettivo di rendere irrilevante Italia Viva appare, per ora, poco meno di un’utopia. Nella strategia del premier, infatti, il traguardo massimo, a Palazzo Madama, sarebbe quello di incassare un gap tra il sì alla fiducia e i voti dell’opposizione superiore alle 18 unità, ovvero al numero di senatori di Italia Viva.