Accadde oggi: la storia della prima donna laureata

Nonostante fosse stata osteggiata, Elena nel 1678 è stata l'emblema della forza di volontà che riesce a farti superare qualsiasi difficoltà

Elena
“Convocato il Sacro collegio per l’esame di filosofia dell’illustrissima Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, per la moltitudine di gente e per l’angustia del solito luogo fu necessario portarsi nella cattedrale e riconvocare il collegio nel sacello della beatissima Vergine Maria davanti agli illustrissimi ed eccellentissimi rettori della città, il podestà Girolamo Basadonna e il capitano Alvise Mocenigo, il reverendissimo vicario Alessandro Mantovano e al generosissimo vicesindaco, nel quale erano presenti …”. Con queste parole si aprì la seduta di laurea della prima donna laureata.
Furono tante ma proprio tante le persone che accorsero per seguire l’evento, grandi nomi della cultura pavantina e veneziana. Era il 25 giugno 1678, ed in un caldo sabato estivo, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia – in qualche documento indicata anche come Elena Lucrezia Corner – che da poco aveva compiuto 32 anni, scrisse una pagina di Storia, divenendo la prima donna laureata con una dissertazione accademia in filosofia, grazie alla quale fu accolta nel collegio dei medici e dei filosofi dell’università di Padova. Non fu facile raggiungere quel momento, perché Elena per raggiungere quel titolo dovette combattere duramente contro una società fortemente maschilista e un apparato universitario in mano alla Chiesa tanto che, figlia di un nobile della repubblica di Venezia, per proseguire gli studi, a 19 anni fu costretta a prendere i voti come oblata benedettina.

La sua vita

A soli 23 anni fu accolta da alcune delle principali accademie dell’epoca, ormai apprezzata e conosciuta dagli studiosi. Il padre chiese pertanto che potesse iscriversi alla facoltà di teologia all’università di Padova ma il cardinale della città, Gregorio Barbarigo, si oppose duramente affermando che era “uno sproposito che una donna potesse diventare dottore”. Del resto il rapporto della famiglia Cornaro con la Chiesa non era tra i più semplici. Elena fu la quinta dei sette figli di Giovan Battista e di Zanetta Boni. L’uomo era un patrizio e la donna aveva umili origini ma ebbero una solida relazione durante la quale nacquero tutti i figli, sempre legittimati alla nascita nonostante la cosa fosse osteggiata dalla chiesa.
Grazie alla grande disponibilità economica del padre, la ragazza, che pur osservando la regola dell’ordine benedettino, volle evitare la vita monastica, riuscì a studiare greco, latino, scienze, filosofia, ebraico, spagnolo e teologia.

Viene apprezzata anche all’estero

Con il passare degli anni la sua fama crebbe sempre più fino a varcare le Alpi. In quegli anni fu accolta nell’accademia dei Ricoverati di Padova e in seguito nelle accademie degli Infecondi di Roma, degli Intronati di Siena, degli Erranti di Brescia e in quelle dei Dodonei e dei Pacifici di Venezia ma fu anche consultata per risolvere problemi di geometria o per confrontarsi con eruditi di varie nazioni, che rimasero sempre ammirati dalla profonda cultura della donna.

L’impegno del padre per farla laureare

Fu così che il padre, forte dell’entusiasmo che generava sua figlia, chiese per lei la laurea in teologia, ma Barbarigo si oppose e la sua autorizzazione, in qualità di cancelliere dell’Università, era vincolante. Il vescovo di Padova non solo affermò ma scrisse anche che fosse “uno sproposito dottorar una donna, un renderci ridicoli a tutto il mondo”. Ancora una volta furono i buoni uffici del nobile padre di Elena – e probabilmente l’apertura del suo gonfio portafogli – a riuscire a raggiungere un compromesso, permettendole di laurearsi in filosofia, benché senza nessuna possibilità (essendo donna) di esercitare l’insegnamento.

La morte

Elena Cornaro proseguì per il resto della vita a studiare anche se il fisico, minato dalle prove ascetiche cui si sottoponeva e dall’impegno senza riposo sui testi, la abbandonò ben presto: morì il 26 luglio 1684 a 38 anni e fu sepolta nella basilica di Santa Giustina a Padova. I medici dichiararono che a ucciderla fu una cancrena (necrosi dei tessuti provocata dalla mancanza di sufficiente apporto sanguigno) che probabilmente fu provocata dal diabete o da una malattia occlusiva delle arterie. Per sua disposizione tutti i suoi manoscritti fossero distrutti: si trattava di discorsi di argomento morale e religioso e di alcune poesie che invece furono salvate e pubblicate postume. La laurea di Elena non ebbe alcun effetto nell’accelerare la parità del diritto allo studio per le donne, tanto che la seconda donna laureata in Italia risale e ben 50 anni più tardi della Cornaro, quando fu Laura Bassi a essere proclamata fisica a Bologna.

Il monumento per il ricordo di Elena

Il padre Giovanni Battista vuole che la memoria della figlia (e della famiglia) sia celebrata nei secoli e chiede di erigere un monumento sepolcrale. Me i benedettini di Santa Giustina, dove verrà sepolta Elena, glielo impediscono, così si rivolse ai padre conventuali del Santo che accordano il permesso di costruire un cenotafio in onore della defunta. Il figlio di Giovan Battista, però, ultimo della dinastia dei Corner Piscopia, cederà alle pressioni dei frati che vogliono eliminare il monumento perché limita la vista dell’altar maggiore; la cosa cadrà a fagiolo perché, sperperato il patrimonio familiare, il patrizio ha bisogno di soldi e in tal modo può vendersi le statue della sorella.