Vaccino “made in Italy”. Così la scienza diminuisce le disparità sociali

Ecco perché arrivare alla produzione di un vaccino italiano può aiutare l'equità sociale.. La testimonianza di uno scienziato in prima linea contro il Covid: "Vaccinarsi non può essere privilegio di pochi. Ma deve essere una possibilità offerta a tutti. Solo così terminerà la pandemia"

sacerdoti

“Per quanto riguarda il vaccino ‘Reithera’ prodotto in Italia si sta procedendo in modo celere. Si è conclusa la fase 1 ed è stata avviata in questi giorni la fase 2. Che porterà all’arruolamento di circa 900 volontari in una ventina di centri italiani e in un centro tedesco”, spiega a Interris.it l’infettivologo Roberto Cauda. Ordinario di Malattie Infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Direttore dell’Unità operativa complessa (Uoc) della Fondazione Policlinico Universitario “Agostino Gemelli Ircss”. Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico. “L’idea di produrre vaccini in Italia potrebbe risultare vincente. Nella logica di ampliare l’offerta vaccinale. E di proteggere nel tempo più breve possibile la maggioranza della popolazione- precisa il professor Cauda-. Raggiungendo il traguardo di 500.000 vaccinati al giorno. vaccino

Lotta al Covid e vaccino

Il ministro per gli Affari regionali Mariastella Gelmini ha nominato il professor Cauda componente del tavolo tecnico. Dovrà rivedere i parametri per la valutazione dl rischio epidemiologico. Come previsto dal Dpcm del 2 marzo. L’obiettivo del tavolo con le Regioni è quello di procedere alla revisione. O all’aggiornamento dei parametri del monitoraggio. Che attualmente sono 21. E che sono indicati nel decreto del ministro della Salute. Anche alla luce delle nuove varianti del Covid. Per la campagna vaccinale, lo scienziato indica all’Italia il modello israeliano.

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Il Presidente Mattarella e Papa Francesco. Fonte: Quirinale

La lezione di papa Francesco

“L’esempio positivo di Israele è molto significativo– sottolinea a Interris.it il direttore Uoc del Policlinico Gemelli di Roma-. E sotto certi aspetti è un modello  rassicurante per il futuro. Tutto questo naturalmente riguarda le nazioni. Italia compresa. Dove la vaccinazione si sta attuando. Dalla pandemia, però, si esce tutti insieme. E’ stato più volte autorevolmente ricordato da Papa Francesco che il vaccino non può essere privilegio di pochi. Ma deve essere offerto a tutti. Solo così terminerà la pandemia”.VaccinoProfessore, come sta procedendo la “via italiana” al vaccino. Quali vantaggi porterebbe all’Italia un “approvvigionamento nazionale” a conclusione della sperimentazione in corso all’Istituto di riferimento per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma?

“I risultati della fase 1, condotti su un numero limitato di soggetti, sono stati estremamente positivi ed incoraggianti. Bisognerà attendere gli esiti della fase 2 che, se saranno positivi, permetteranno il passaggio alla fase 3. In cui il numero di soggetti coinvolti sarà di qualche migliaio. Credo che i presupposti per ottenere risultati positivi da questa sperimentazione ci siano. E ciò potrebbe tradursi in un innegabile vantaggio per l’Italia. Perché aumenterebbe la disponibilità di dosi di vaccino”.CovidCon quali effetti? 

“Questo obiettivo è importante da conseguire. Non in una logica di nazionalismo vaccinale. Che non solo è impossibile da attuarsi, ma è anche anacronistico. Bensì perché la maggiore disponibilità di dosi vaccinali permetterà di aumentare l’offerta. E di raggiungere l’obiettivo di una significativa immunità nella popolazione generale. In tempi brevi”.Covid Italia arancioneCome avvenuto per la medicina di base erroneamente ritenuta sorpassata dai tempi, anche per le malattie infettive c’è stata una sottovalutazione del loro potenziale impatto sulla sanità pubblica?

“Certamente c’è stata una sottovalutazione a partire dagli anni ’70 ad oggi. Del potenziale impatto della patologia infettiva sulla sanità pubblica. Nonostante in questi ultimi anni si siano verificate avvisaglie di pericolo. Rappresentate dallo sviluppo dell’Aids nel mondo. Dalla mancata pandemia Sars del 2002-2003. E dalla pandemia di H1N1 nel 2009”.Come si spiega questa “disattenzione” verso le malattie infettive?

“Si può ricordare che dopo la seconda guerra mondiale ci sono stati importanti risultati. Quali l’introduzione nella pratica clinica della terapia antibiotica. E il conseguimento di rilevanti scoperte, Nel campo della prevenzione. Ciò ha indotto a ritenere che la patologia infettiva fosse in larga misura superata e controllata. Almeno nei paesi sviluppati. E che essa rappresentasse un problema soltanto nei paesi a risorse limitate”.vaccinoCosì ci ritroviamo in mezzo a una pandemia

“L’emergenza Covid, con il suo numero elevatissimo di contagi edecessi ha bruscamente fatto aprire a tutti gli occhi sull’importanza della patologia infettiva. Si tratta, infatti, di un rilevante ‘driver’ di sanità pubblica. Per questo motivo sarà necessario un ripensamento. Una volta che la pandemia verrà superata”.vaccinoIn che direzione?

“Occorre ripensare a come affrontare in maniera globale l’eventuale sviluppo di una nuova patologia infettiva in futuro. Per questo bisognerà in maniera prioritaria promuovere alcuni aspetti”.VaccinoQuali?

“Implementare i sistemi di sorveglianza a livello mondiale. Per riconoscere precocemente l’insorgenza di nuove malattie infettive. Con un particolare focus rivolto all’ambiente. Poi promuovere lo studio e la ricerca in questo campo. Inoltre disporre di strutture sanitarie agevolmente e rapidamente attivabili in caso di emergenza. Costruire un network tra ospedale e territorio. Formare professionisti capaci ed esperti”.Si può ipotizzare, come richiesto da alcune Regioni, un coinvolgimento dell’Istituto farmaceutico nazionale di Firenze per la produzione di vaccini e farmaci contro il Covid?

“In Italia c’è una lunga tradizione di produzione di vaccini. Riguarda non solo l’Istituto Farmaceutico nazionale di Firenze. Ma anche altre prestigiose realtà. Come l’azienda farmaceutica Sclavo di Siena. Parallelamente a questo si può procedere ad accordi di partecipazione con case farmaceutiche internazionali. Per la produzione in Italia dei vaccini. E ciò è già stato ipotizzato a livello governativo. In ogni caso sarà necessario procedere nel modo più rapido possibile. Così da poter incidere positivamente sull’andamento di questa pandemia”.VaccinoPer la sua lunga e prestigiosa esperienza clinica e di ricerca scientifica, quando si potrà tecnicamente conclusa l’emergenza-Sars-Cov-2?

“E’ molto difficile poter fare previsioni. Anche perché le caratteristiche del virus sono, nel corso di questa pandemia mutate. E con esse anche le caratteristiche epidemiologiche. Ad esempio, il virus ancestrale (cioè quello di Wuhan) era meno contagioso rispetto al virus mutato D614G. Che è stato sequenziato per la prima volta in Italia. E che è diventato prevalente in Europa e negli Stati Uniti durante la prima ondata. E che a sua volta è risultato essere meno trasmissibile delle varianti inglese, sudafricana e brasiliana. Ossia quelle che stanno attualmente emergendo”.VaccinoLungo quali direttrici?

“Si può ragionevolmente ipotizzare questo scenario. Pur con tutte le cautele del caso. Legate a possibili mutazioni del virus. Cioè a variante che possono incidere sulla trasmissibilità del Sars-Cov-2. La vaccinazione avrà sicuramente un impatto positivo sulla diffusione dei contagi. Tale effetto sarà tanto maggiore quanto più alto sarà il numero dei vaccinati. E quanto più breve sarà il tempo per completare questa operazione”.