Il “piccolo grande passo” dell’Ue dopo la pandemia

Per la prima volta si è accettata l’idea di avere una responsabilità comune nell’ambito del debito, un passo verso un'Europa più unita. InTerris.it ne ha parlato con politologo e presidente della fondazione Liberal Ferdinando Adornato

Costretta dalla crisi sanitaria dovuta alla pandemia da  Coronavirus e i suoi molteplici effetti in campo economico e sociale, l’Europa ha trovato una risposta, una via d’uscita, adottando una soluzione che fosse comune. La scelta di varare il fondo Next Generation Eu, 750 miliardi di euro di aiuti per sostenere i Paesi colpiti dal Covid, finanziandolo con l’emissione di debito comune, è un primo “piccolo grande passo”, dice a InTerris il politologo Ferdinando Adornato e presidente della fondazione Liberal. Di questo tema e di altri, come i prossimi passi da compiere per approdare a una più completa unione e i rapporti tra Usa e Ue alla luce della nuova amministrazione democratica guidata da Joe Biden, si è parlato nell’intervista che segue.

Come l’Unione europea uscirà dalla pandemia?

Ne esce più unita, per la prima volta si è accettata l’idea di avere una responsabilità comune nell’ambito del debito. Si tratta di un primo passo, nell’ottica di un gradualismo alla Jean Monnet, ma un piccolo grande passo. E’ stato troppo a lungo negato. Non ci dimentichiamo che gli Stati Uniti son diventati tali a partire dalle 13 colonie quando hanno accettato la mutualizzazione del debito.

Questo come andrà a incidere su quelle forze politiche più euroscettiche e/o su posizioni più “sovraniste”?

In Italia non vedo più forze euroscettiche, vedo semmai forze che cambiano idea. Poi ci sono altre forze, magari critiche su qualche punto ma che non per questo possono essere definitive euroscettiche. Quando l’Europa mostra la forza dell’unità è difficile che crescano gli scetticismi.

In che modo si raggiunge questa unità?

Servono una visione comune dal punto di vista economico-finanziario. Ma non solo, per stare nel mondo da protagonista bisogna anche avere un esercito comune, un’unica difesa e parlare con una sola voce in politica estera.

Quali sono i principali pericoli di un’Europa disunita?

L’abbiamo vista nel Novecento, se è divisa nascono problemi che possono arrivare a coinvolgere tutto il mondo. L’unità dell’Europa è stata sempre considerata dai padri fondatori l’unico antidoto contro i nazionalismi. Tra i rischi della scarsa unità c’è quello di non sapere rispondere alla crisi economica e sociale. La mutualizzazione del debito continua a essere un orizzonte necessario. Più in generale però l’Europa è in ritardo sull’innovazione e sulla progettazione del futuro e osservo inoltre che c’è una crisi del sapere nel Vecchio Continente, una crisi della qualità della cultura europea e del peso che le si assegna.

A cosa è dovuta questa crisi?

L’Europa non è ancora riuscita a trovare i segni della propria identità, non in tutta l’Europa si vive seguendo gli stessi valori. Ci vuole una Costituzione europea unitaria, forse anche l’elezione popolare degli organismi di governo. C’è però un equivoco di fondo sulle origini dell’identità europea, anche se è un tema attualmente estraneo al dibattito europei. Chi si rifà alla tradizione illuminista, ritiene che tutto sia nato dalle idee dell’Illuminismo, mentre ad esempio i Popolari ritengono che l’origine dell’identità europea risiede nelle radici giudaico-cristiane. I laicisti dimenticano che il primo a teorizzare una separazione tra Stato e Chiesa è stato  proprio Gesù, con “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”, mentre spesso i cristiani ignorano l’importanza del Secolo del Lumi per lo sviluppo economico e industriale. Ma i nostri valori comuni si fondano nello stesso tempo su elementi cristiani ed elementi laici. Dovremo fare appello a tutta la grande storia del nostro Continente, che è stato il continente di Michelangelo, di Beethoven, di Schiller, di Voltaire, di Miguel de Unamuno. Tutte le nazione europee sono ricche di cose che hanno arricchito l’umanità.

Da sei mesi alla Casa bianca c’è un nuovo inquilino, il presidente democratico Joe Biden. Cambieranno le relazioni tra Ue ed Usa, dopo la presidenza Trump?

L’incontro di Biden con i leader europei è stato caloroso perché con Trump non c’era dialogo, per ora comunque il cambiamento è formale.  Nella loro storia e nei rapporti internazionali gli americani alternano periodi in cui danno importanza ai valori ad in cui prevalgono elementi convenienza, ma qualche volta riescono a trovare equilibrio. All’inizio del suo mandato, per dire, Obama non vedeva l’Europa esattamente con gli occhi dell’innamorato, poi però siamo tornati a essere un partner rilevante.

C’è già stato un primo segnale di questo cambiamento?

Lanciare un’alleanza tra le democrazie è un obiettivo di portata mondiale, è fondamentale aver individuato e indicato come oggetto di attenzione stati autoritari come Russia e Cina. Con Trump si stava perdendo di vista la divisione tra democrazie e autoritarismo . Poi certo bisogna vedere quali sono i vincoli e le effettive strategie.