Tataranni (InConTra): “Ecco cosa serve per contrastare la povertà”

L'intervista di Interris.it a Michele Tataranni, presidente dell'associazione InConTra che, da quindici anni, aiuta i poveri di Bari

Nella città di Bari e nel suo hinterland, secondo gli ultimi dati disponibili, le persone al di sotto della soglia di povertà, ossia con reddito annuo lordo sotto i 10 mila euro, sono 125 mila, in altre parole il 20% dell’intera popolazione residente. Oltre a ciò, la crisi economica dovuta alla pandemia e il contestuale rialzo dei prezzi dovuto alla guerra in Ucraina, stanno facendo emergere nuove forme di povertà che stanno lambendo in maniera molto accentuata anche il capoluogo pugliese generando nuovi bisogni.

L’azione di InConTra

Da ormai quindici anni, grazie al fondamentale contributo dei volontari, nella città di Bari, è nata l’associazione InConTra, la quale si pone la finalità di stare vicino ai senza fissa dimora ed alle famiglie indigenti attraverso molteplici azioni di sostegno, come ad esempio la distribuzione di pasti caldi nonchè vestiario e un market solidale. L’obiettivo, realizzato anche durante i momenti più difficili della pandemia da Covid – 19, è quello di non lasciare indietro nessuno e, nel contempo, dare vita ad una società più inclusiva verso coloro che soffrono. Interris.it, in merito a questa esperienza, ha intervistato il presidente di InConTra, Michele Tataranni.

misericordie

L’intervista

Come nasce che obiettivi si pone l’associazione InConTra?

“L’associazione InConTra nasce nel dicembre 2007, anche se i volontari e fondatori  erano già attivi da qualche anno prima, quando hanno fondato il primo dormitorio laico della città di Bari, il Ferhotel. I principi che ne stanno alla base sono la lotta alla povertà nonché la lotta allo spreco, materiale e non. Raccogliamo tutto il cibo invenduto, dai piccoli negozianti, i prodotti brutti ma buoni dalle grandi catene commerciali e facciamo testimonianze nelle scuole, dall’asilo fino all’università, insegnando loro cos’è la lotta allo spreco e chiedendogli i quaderni completati a meta o delle penne che non utilizzano più, per poi donarle insieme al materiale nuovo. Incontro inizialmente è nata per dare assistenza ai senza fissa dimora: nei primi anni eravamo presenti all’interno della sala d’aspetto della stazione centrale di Bari. In seguito, la sala d’aspetto è stata chiusa e ci siamo collocati nella piazza antistante ed abbiamo distribuito, per anni, la cena a 400 persone senza fissa dimora”.

Fate assistenza solo ai senza fissa dimora?

“No, abbiamo cominciato ad aiutare anche delle famiglie. C’è stato un tempo nel quale venivano da noi in stazione centrale a richiedere le pietanze che noi distribuivamo e le consumavano a casa loro. Mi ricordo di un signore anziano che veniva in bicicletta da un paese vicino a Bari: abitava in una casa ma non aveva i soldi per pagare le utenze. Nella città c’era una situazione di grande povertà e davamo del cibo alle famiglie sia per la sera che per il pranzo del giorno dopo. Da lì è nata la necessità di scoprire le loro problematiche e, nel 2008/2009, abbiamo creato un piccolo centro di smistamento della spesa, arrivando a circa 70 nuclei familiari assistiti”.

Come si è evoluta l’associazione nel corso degli anni?

“Siamo cresciuti piano piano: dal 2010 è nata la nostra sede ufficiale; nel 2011 abbiamo fondato il primo market sociale della Regione Puglia nel quale i nuclei familiari possono fare la spesa in base ad un punteggio attribuito secondo il modello Isee e al numero dei componenti della famiglia; nel 2011/2012 siamo arrivati a 250 nuclei familiari assistiti. Nel corso del tempo ci siamo evoluti con l’obiettivo di dare più dignità e, nell’ambito dell’assistenza ai senza fissa dimora, ci siamo spostati in alcuni locali dove queste persone vengono da noi per la cena. Siamo molto vicino alla comunità rom di Bari. Rappresentiamo l’anello di congiunzione tra chi vive ai margini della nostra vita, nell’angolo più buio della città e non si avvicinano alle istituzioni, ma si avvicinano a noi. Siamo quella mano che tendiamo loro per riportarli gradualmente ad avere fiducia in sé stessi e in noi, per poi riuscire a metterli in contatto con le istituzioni e con chi lavora nel settore ed ha le competenze”.

La pandemia ha cambiato il vostro modo di operare?

“Prima dello scoppio della pandemia, nel marzo 2020, eravamo arrivati a circa 700 nuclei familiari assistiti. Durante il Covid–19, non ci siamo mai fermati e, in rete con altri soggetti, quali Assessorato al Welfare e Parrocchie, siamo arrivati a 1300 famiglie assistite. Attualmente assistiamo 1100 famiglie con altre 120 che vogliono entrare e stiamo capendo come fare perché reperire la merce necessaria per oltre 6000 persone è un lavoro gravoso”.

Come le comunità possono sostenervi? 

“La comunità cittadina può collaborare in diverse attività, quali ad esempio le scatole di Natale e, da quest’anno, dei quadrati di lana cuciti da coloro che non possono uscire di casa, come persone anziane o con disabilità, per poi cucire 100 coperte da donare ai senza fissa dimora. Le stesse, quest’anno, sono state in parte destinate ad un’associazione che opera in Ucraina e con cui collaboriamo. Nell’assistenza ai senza fissa dimora, ci siamo resi conto di una fascia temporale totalmente scoperta ed abbiamo quindi aperto un bar letterario: ci sono libri in tutte le lingue e viene offerta loro la colazione. Il nostro servizio si è ampliato grazie a Progetto Arca, che ci ha donato un food truck con cui possiamo lavorare in una maniera stupenda. Da quindici anni, abbiamo lanciato il progetto ‘Aperti per ferie’ perché, in estate e durante le feste, la solitudine aumenta. Con il foodtruck siamo presenti ogni giorno alla stazione centrale, dove distribuiamo acqua fresca, zuppe e ghiaccioli che il Progetto Arca ci fornisce. Da mezzanotte alle quattro del mattino i volontari vanno a dare una coperta a quelli che sono rimasti fuori dai dormitori”.

Quali sono i vostri auspici per il futuro? In che modo, chi lo desidera, può aiutare la vostra azione?

“Il desiderio per il futuro per una associazione di volontariato è di terminare la sua azione. Nel senso che se tutte le persone non hanno più bisogno di aiuto significa che l’associazione ha compiuto il suo dovere, ha smosso gli animi e tutto è andato bene. La povertà purtroppo non finirà mai e il nostro auspicio è quello di migliorare i nostri servizi, essere sempre più presenti nel territorio e avere nuovi volontari. Si può aiutare la nostra azione sia a livello materiale, presentandosi come volontari o facendo una donazione con la quale verranno acquistati generi e alimenti di prima necessità. A causa dello scoppio della guerra e del raddoppio dei prezzi, questo tipo di donazioni sono diminuite, producendo un effetto a cascata che si ripercuote anche sulle famiglie che assistiamo, che sono in continuo aumento. Il bisogno è a 360 gradi”.