Cresce il valore sociale del terzo settore. Vittadini: “Sussidiarietà sempre più necessaria”

Ecco perché la partecipazione ad attività collettive contribuisce a migliorare la qualità della vita, facilita la ricerca di un lavoro e riduce il rischio di povertà

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La sussidiarietà come valore individuale e comunitario. La partecipazione ad attività collettive contribuisce a migliorare la qualità della vita. Facilita la ricerca di un lavoro. E riduce il rischio di povertà. Il Rapporto sulla sussidiarietà 2022 documenta lo sviluppo sociale della Fondazione per la Sussidiarietà. In collaborazione con Istat. Lo studio mostra una forte correlazione fra l’impegno sussidiario e l’occupazione. Risulta importante, in particolare, la partecipazione a programmi di formazione continua. Ciò, infatti, favorisce l’inserimento nel mondo del lavoro. A tutte le età. +0,7 su una scala da 0 a 1. Un analogo impatto positivo verso la capacità di trovare lavoro deriva da altri fattori. E cioè la partecipazione ad attività culturali fuori casa (+0,89). La partecipazione sociale (+0,88). E la partecipazione ad organizzazioni non profit (+0,7).
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Focus sulla sussidiarietà

Questa ricerca è la prima del genere in Italia. E dimostra la rilevanza della presenza di un privato sociale attivo e dinamico. Ciò, infatti, contribuisce ad attenuare le condizioni di disagio. E favorisce l’occupazione. Giorgio Vittadini presiede la Fondazione per la Sussidiarietà. “Il terzo settore gioca un ruolo chiave per lo sviluppo sociale. E va, quindi, valorizzato e sostenuto“. afferma Vittadini. Il volontariato, dunque, come pilastro del welfare. Il terzo settore in Italia conta 375.000 istituzioni. Tra associazioni, fondazioni e cooperative sociali. Un dato in aumento del 25% rispetto a 10 anni fa. Il valore della produzione del terzo settore in Italia è stimato in 80 miliardi di euro. E sfiora il 5% del prodotto interno lordo. Gli addetti sono oltre 900 mila. Di cui il 70% donne. Ai quali si aggiungono quattro milioni di volontari. sussidiarietàPost-pandemia
Si intitola “Il terzo settore in Italia dopo la pandemia”. Ed è il rapporto realizzato da Banca Etica. “La galassia del non profit italiano è stata resiliente– osserva Banca Etica-. Per crescere ora serve un migliore accesso agli strumenti finanziari“. Il rapporto fotografa il Terzo Settore italiano alla fine del 2021. E ne descrive dinamiche quantitative e qualitative. Attraverso una ricognizione organica dei dati ufficiali dell’Istat, di Banca d’Italia e di altri enti di ricerca. Inoltre interpella con questionari e interviste i protagonisti del non profit italiano. L’indagine accende un faro sulle opportunità di crescita che lo scenario odierno offre al non profit. Il Pnrr è percepito dal mondo del volontariato come un’occasione da non perdere. Di fronte ai bandi le differenze di competenza e risorse tra i soggetti possono produrre disuguaglianze. Nell’accesso ai fondi. E nello sviluppo di iniziative. I soggetti interessati sono pubbliche amministrazioni ed enti privati. Se dotati di un’expertise maggiore avranno un vantaggio. Con la conseguenza di rafforzare aree ed ambiti già di per sé “forti”. A scapito di chi avrebbe magari buone pratiche e radicamento territoriale. Ma non possiede infrastrutture progettuali adeguate.

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Resilienza

Il terzo settore, durante la crisi pandemica, ha creato lavoro. E ha organizzato le risorse del volontariato. Ha erogato servizi essenziali. Sviluppando reti e relazioni chiave tra società e pubblica amministrazione. Pur tra mille difficoltà ha saputo trasformarsi. E  ha retto il colpo. Oltre un terzo dei dipendenti delle grandi organizzazioni non profit sono finiti in cassa integrazione. E gli enti hanno avuto mediamente un 20% di perdite di bilancio nel 2020. E un iscritto su cinque si è allontanato. In particolare le organizzazioni di promozione sportiva hanno visto calare del 40% i loro tesserati. Eppure il terzo settore ha resistito agli stravolgimenti della crisi Covid meglio del settore profit. Per esempio il volontariato ha minori difficoltà nel pagamento delle rate dei prestiti ricevuti. Ossia mostra tassi di deterioramento del credito minori rispetto alle imprese profit. I dati a fine 2021 mostravano infatti un tasso di crediti deteriorati dell’1,2% per il terzo settore. A fronte dell’1,8% delle società profit non operanti nell’ambito finanziario.