L'Italia ai vertici nell'Unione Europea per aziende condotte da giovani

Dal miele carioca Dop dell’ex infermiera brasiliana Jacqueline, al Chianti di Maria Cristine, moglie del celebre cantautore monegasco Lèo Ferrè, passando per l’ex bancaria, Sabrina, che oggi produce olio extravergine sulle colline umbre, fino alla ciuco-terapia, di Francesco, che in Maremma ha creato una vera e propria terra di asini, dove i piccoli possono passeggiare sulle loro selle, accudirli, portarli a spasso, giocare e stare a contatto della natura. Le imprese agricole italiane guidate da giovani si dimostrano vitali, con performance economiche doppie della media, e dotate di un approccio al mercato innovativo e tecnologico.  È questa la fotografia scattata dal Rapporto GreenItaly 2018 di Unioncamere e Fondazione Symbola secondo cui, allo scorso giugno, erano circa 55 mila le aziende agricole in Italia guidate da giovani con meno di 35 anni, con un incremento del + 6% rispetto all'anno precedente. Perché se un tempo si sosteneva che, per chi non era in grado di fare nulla, l'unica soluzione era quella di occuparsi dei campi, ora lo scenario è molto diverso. La necessità di tutelare l'ambiente, di avere prodotti di qualità sempre più elevata, di sviluppare processi 'sostenibili', richiede infatti competenze specifiche.

La ricerca

Oggi, chi tira avanti un'azienda, molto spesso ha una laurea oppure è aggiornatissimo sul settore. Ad incuriosire è il profilo di questi agricoltori del terzo millennio: 1 su 4 è laureato e conosce una o più lingue straniere, mentre 8 su 10 sono abituati a viaggiare e andare spesso all'estero. Un dato arricchito dalle modalità di gestione delle attività: i giovani agricoltori, tra le altre cose, sfruttano sempre di più il web e la tecnologia per promuovere i propri prodotti. Lo testimoniano i tanti casi di aziende agroalimentari che ormai hanno attivato un servizio di e-commerce. Le nuove generazioni, dunque, hanno interpretato in chiave innovativa le opportunità offerte dal mondo rurale. Offrendo tanta varietà di servizi: dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, dall'agricoltura sociale all'agribenessere. 

L'agricoltura delle pari opportunità

Un contributo fondamentale, in questa piccola rivoluzione, è stato sicuramente dato dalla componente femminile. Se andiamo a vedere i dati relativi alle nuove aziende (fondate dal 2010 a oggi), ben 4 su 10 sono guidate da donne, con una distribuzione omogenea su tutto il territorio, dalla pianura alla montagna. Potremmo quasi parlare di un “processo di femminilizzazione” dell'agricoltura italiana. Un'imprenditoria particolarmente multifunzionale, che conta ad esempio 1.371 fattorie didattiche, accogliendo le scuole e attivando un collegamento diretto tra città e campagna, per far conoscere l'ambiente agricolo, l'origine dei prodotti alimentari e la vita degli animali.

Il quadro europeo

A trainare la nostra economia è dunque il mondo agricolo, specie se confrontato col panorama europeo. Siamo, infatti, al primo posto nell'Unione Europea anche per il valore aggiunto prodotto: 31,5 miliardi di euro, pari al 18% della quota complessiva generata dall'UE a 28. Dati che ci pongono davanti a nazioni geograficamente ben più estese di noi, come Francia (28,8 miliardi), Spagna (26,4 miliardi), Germania (17,5 miliardi). Considerando, inoltre, sia agricoltura che silvicoltura e pesca, l'incidenza del valore aggiunto sul Pil è pari al 2,2% (36,2 miliardi euro), podio europeo subito dopo la Spagna (2,8%) ma davanti a Francia (1,7%) e Germania (inferiore all'1%)