Il glifosato fa male? Scienziati divisi

Il glifosato, noto erbicida molto diffuso in tutto il mondo, continua a far discutere. Provoca o no danni alla salute? A questa domanda, nel mondo scientifico, non è stata (ancora) data una risposta unanime. Ed è per questo che Paesi come l'Italia applicano il principio di precauzione e ne vietano l'uso. L'ultimo botta e risposta indiretto ha visto protagonisti l'Efsa, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, e l'Istituto Ramazzini di Bologna, centro per la ricerca indipendente e la prevenzione del cancro e delle malattie di origine ambientale.

“Non pone rischi alla salute dell'uomo”

L'Efsa nei giorni scorsi ha fatto sapere che ai correnti livelli di esposizione da glifosato “non si ravvisa un rischio per la salute dell'uomo''. L'Autorità europea è giunta a questa conclusione basandosi sui dati relativi ai residui della sostanza negli alimenti trasmessi da tutti gli Stati membri dell'Unione europea. L'Efsa precisa di aver messo a confronto dati sulla dieta di adulti e bambini dell'Ue con i valori di sicurezza per l'assunzione raccommandati dalla stessa autorità nel 2015. Sono stati presi in esame anche i dati sulla presenza di glifosato nei mangimi, compresi quelli importati. E secondo l'Autorità europea ''non si ravvisano effetti nocivi del glifosato sulla salute di bovini, pecore, maiali, cavalli e polli''. A novembre 2017 l'Unione europea ha autorizzato l'uso del glifosato fino al 2022. Tra i voti contrari quello dell'Italia, il cui ministro uscente delle Politiche agricole, Maurizio Martina, aveva lanciato la proposta di portare l'Italia a utilizzo zero del glifosato entro il 2020.

“Altera alcuni parametri biologici importanti”

E proprio dall'Italia, dal prestigioso Istituto Ramazzini, giunge un parere negativo nei confronti dell'erbicida. Uno studio pilota condotto dal 2016 e diffuso in questi giorni dimostrerebbe che, anche a dosi basse e per un periodo breve, essere esposti al glifosato fa male all'organismo e altera alcuni importanti parametri biologici. Lo studio è stato fatto sui topi i quali, a partire dalla vita prenatale fino a 13 settimane dopo lo svezzamento, sono stati esposti ogni giorno a una dose di glifosato nell'acqua potabile pari a 1,75 mg / kg corrispondente al livello di esposizione giornaliero ritenuto accettabile secondo l’Epa, l'Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti. Ne è emerso invece che l'esposizione anche breve all'erbicida in questione è in grado di alterare determinati parametri biologici importanti, principalmente i marcatori relativi alla sessualità, genotossicità e alterazione del microbioma intestinale

Oltre un milione di cittadini europei contro il glifosato

“Dopo lo scandalo dei Monsanto Papers, la ricerca italiana ha dimostrato di poter creativamente trovare le strade per garantire una ricerca indipendente e libera dai condizionamenti dell’industria agrochimica in evidente conflitto di interesse”, afferma Maria Grazia Mammuccini, responsabile del progetto Cambia la terra. “Gli studi presentati dal Ramazzini dimostrano quanto fossero fondate le preoccupazioni di oltre un milione di cittadini europei che avevano chiesto #stopglifosato subito e stupisce – afferma la responsabile del progetto – come l’Efsa si sia precipitata immediatamente a rassicurare sull’assenza di rischi per l’uomo piuttosto che acquisire tali studi con l’obiettivo prioritario di tutelare la salute dei cittadini”. Ora l'Istituto Ramazzini vuole effettuare uno studio a lungo termine e più completo sul glifosato, ma servono circa 5milioni di euro, per questo ha lanciato una campagna di crowdfunding che sta già ricevendo supporto da pubblico, politici e ONG in tutto il mondo.