Prof. Cappuccitti: “La rigenerazione urbana per progettare città sostenibili”

Nella Giornata mondiale delle città, Interris.it ha sentito il professore di progettazione e di tecnica urbanistica della "Sapienza" di Roma Antonio Cappuccitti

Foto di Jude Joshua da Pixabay

Nell’ultimo giorno di ottobre cade la Giornata mondiale delle città, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni unite per sensibilizzare la comunità internazionale sulle sfide dell’urbanizzazione e della sostenibilità, tra loro strettamente interconnesse. La sostenibilità, in un contesto urbano, è sia ambientale, ovvero la riduzione delle emissioni, le aree verdi, una migliore qualità dell’aria, rispetto della biodiversità, il ciclo dei rifiuti, che sociale, la mobilità e trasporti, i servizi, la sicurezza e il risparmio energetico, e riguarda tutti, da chi risiede in centro fino a chi abita nelle periferie.

Città (in)sostenibili

Le città italiane non se la passano tanto bene, in quanto a sostenibilità. Le metropoli del Belpaese, nonostante alcuni progressi, registrano ancora ritardi per quanto riguarda lo smog, il traffico, i rifiuti, il trasporto pubblico locale, il consumo di suolo, lo spreco idrico e la scarsa diffusione dell’utilizzo di fonti “verdi” di energia come solare e fotovoltaico. E’ quanto emerge da “Ecosistema urbano”, il report di Legambiente realizzato in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 ORE, sulle performance ambientali di 105 Comuni capoluogo. Nei trent’anni di rilevazioni – la prima edizione dello studio risale al 1994 – ci sono stati dei miglioramenti come l’aumento della percentuale di raccolta differenziata (dal 4,4% in media del ‘94 al 62,7% nel 2022 ma solo in alcuni capoluoghi) e della diffusione della ciclabilità, ma il tasso medio di motorizzazione resta a livelli tra i più alti d’Europa – oltre 66 auto ogni 100 abitanti -, col trasporto pubblico ancora lontano dalle medie europee e in diminuzione, ed è cresciuta la produzione complessiva di rifiuti, salita da 455 chilogrammi a testa all’anno nel 1994 a 516 kg/anno nel 2022. In aggiunta, il consumo del suolo continua la sua corsa. Secondo l’edizione 2023 del rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra)“Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, nel 2022 le nuove coperture artificiali hanno interessato oltre 21 ettari al giorno, segnando un +10,2% rispetto al 2021. Negli ultimi undici anni non si erano mai superati i 20 ettari.

L’intervista

L’intervista di Interris.it al professore di progettazione e di tecnica urbanistica Antonio Cappuccitti, docente dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

Le città, tra un centro “vetrina” commerciale e per eventi, posti per l’aggregazione, gentrificazione, stanno andando in direzione di centri abitati fatti a “zone”? E queste comunicano tra loro?

“È vero, talvolta le nostre città sembrano divise in zone profondamente differenti, che riflettono qualità e identità molto diverse, e i cittadini in esse spesso vivono male e si muovono con difficoltà. Una risposta positiva a questa situazione viene offerta, negli ultimi anni, dal progressivo affermarsi nella società civile di quella che potremmo chiamare ‘cultura della rigenerazione urbana’, che va delineandosi coma un’autentica e progressiva assunzione di coscienza collettiva. Rigenerazione urbana vuol dire costruzione di nuove positive qualità della città sulla base di una visione strategica di futuro che sappia coniugare sinergicamente aspetti ecologico-ambientali, sociali ed economici, urbanistico-architettonici. In questa direzione hanno compiuto passi concreti, tra l’altro, alcune leggi ed esperienze regionali significative, ed una serie di disegni di legge nazionali attualmente in discussione, ma molta è la strada da percorrere, in particolare nel coordinamento e operatività delle diverse istituzioni interessate. I centri delle città devono vedere rivalutati e valorizzati i propri caratteri identitari e sociali e la qualità dei propri spazi collettivi, ma nel contempo la questione delle periferie richiede che nuove qualità e funzioni ‘centrali’ possano rigenerare efficacemente i luoghi dove più si avvertono i problemi della marginalità urbana, con interventi che sappiano rigenerare lo spazio della città generando nel contempo efficaci ricadute socioeconomiche”.

Cresce l’urbanizzazione, dovuta anche al fatto che sempre più persone lasciano i borghi e si trasferiscono nei grandi centri, insieme al consumo del suolo. Come rendere allora una città sostenibile, dal punto di vista ambientale e sociale?

“In realtà molte importanti città italiane non crescono ormai più da diversi anni, almeno sotto il profilo demografico, e una di queste è proprio Roma. Eppure il fenomeno del consumo di suolo continua ad assumere dimensioni imponenti in molte aree del Paese, verificandosi sulla base di motivazioni e processi differenti. Il concetto di rigenerazione urbana è inscindibilmente legato alla mitigazione del consumo di suolo, e proprio in quanto consistente in una strategia complessiva richiede azioni che si articolino in campi differenti e complementari: dalla qualità dello spazio pubblico alla valorizzazione dell’ambiente e del verde urbano, dal progetto sociale alla costruzione di nuove identità, da una efficiente politica del trasporto collettivo al contrasto nei confronti degli inquinamenti. In sostanza: una strategia di rigenerazione urbana per essere efficace e vincente ha bisogno di articolarsi in molteplici azioni interrelate e complementari tra di loro, riguardanti complessivamente tutti i diversi e complessi aspetti della sostenibilità ambientale e della qualità urbana”.

Roma, che da un lato è 89esima nell’ultimo rapporto di Legambiente sulle performance ambientali, dall’altro sperimenterà un ecoquartiere, “Città Verde Smart District”. Può essere un tipo di soluzione da adottare a larga scala o è meglio capire come rendere sostenibili le sue diverse parti in base alle caratteristiche di ciascuna?

“Il riferimento a ‘buone pratiche’, e il perseguimento alla scala locale di modelli progettuali virtuosi, è senz’altro importante e determinante. Ma nel particolare caso di Roma va rimarcato, anche, che questa città gode di una qualità molto peculiare e in certo senso ‘genetica’: il suo essere dotata di una rete ecologico-ambientale che presenta eccezionali caratteri di continuità e di qualità, benché talvolta poco conosciuta dagli stessi cittadini romani. Con le sue vocazioni a costituire un sistema di aree di elevata qualità ambientale coeso e ramificato, questa rete possiede le potenzialità a diventare progressivamente una vera e propria struttura verde in grado di caratterizzare vigorosamente la futura immagine della città e di costituirne il principale e centrale riferimento di valorizzazione ecologica: un sistema coeso di parchi, aree per l’agricoltura urbana, aree verdi pregiate di diverso rango e natura, zone fluviali, aree verdi attrezzate e non, zone di valore storico-testimoniale, centralità locali verdi”.

Nelle città c’è il problema delle isole urbane di calore dovute al maggior assorbimento di energia solare da parte del cemento delle costruzioni e delle superfici asfaltate. Come le città possono affrontare gli effetti del cambiamento climatico?

“Una serie di semplici princìpi può essere ben documentante di un atteggiamento progettuale virtuoso: recuperare funzioni e suoli dismessi, adottare conformazioni dello spazio urbano che contrastino l’isola di calore e assecondino il flusso dei venti dominanti, tendere al bilancio nullo del consumo di suolo effettivo, riutilizzare e rigenerare il patrimonio insediativo, tendere al tessuto insediativo compatto e alla conformazione strutturante e centrale dello spazio pubblico, adottare densità insediative tese all’‘effetto città’ e al risparmio di suolo, valorizzare i margini dell’edificato rispetto al territorio naturale contermine, conferire rilevanza primaria, strutturazione e continuità alle reti verdi, valorizzare al massimo la ‘mobilità dolce’ ciclopedonale e il trasporto collettivo, ottimizzazione e cicli virtuosi delle risorse, invarianza di permeabilità e idraulica dei suoli, accessibilità e prossimità degli spazi pubblici urbani e periurbani, coperture a verde naturale seminaturale e agricolo”.

Come si può rendere sostenibile l’esistente e il nuovo, quando non se ne può fare a meno?

“Un atteggiamento progettuale veramente sostenibile nella rigenerazione urbana si dispiega in azioni diverse e articolate, in quanto la qualità urbana richiede attenzione verso aspetti molteplici. Ma soprattutto, se parliamo di rapporto tra l’esistente e il nuovo, una delle chiavi risolutive è la rigenerazione dell’estesissimo patrimonio di aree dismesse che contraddistingue il paesaggio delle nostre città: costruire sul costruito, recuperando e riutilizzando l’esistente, conferendo nuovi significati urbani e funzioni al suolo dismesso, minimizzando nel contempo il consumo di nuovo suolo”.