Ecco perché papa Luciani sarà beato, la testimonianza di Loris Serafini

L'intervista di Interris.it al direttore della Fondazione papa Luciani di Canale d'Agordo e curatore scientifico del Museo Albino Luciani

Papa

La recentissima decisione di Papa Francesco di elevare agli onori degli altari Papa Luciani ha acceso i riflettori sulla figura di questo papa che nel 1978 ha regnato sulla Chiesa soltanto per 33 giorni. Albino Luciani, che prese il nome di Giovanni Paolo I, nacque a Canale d’Agordo, una piccolissima località delle Dolomiti bellunesi. Per ricordare la sua figura abbiamo incontrato Loris Serafini, direttore della Fondazione papa Luciani di Canale d’Agordo e curatore scientifico del Museo Albino Luciani che ha sede nel paese natale del Papa che sarà presto beatificato.

Dottor Serafini, perché a distanza di oltre 40 anni dalla sua morte papa Luciani è sempre così presente nella memoria dei cristiani di tutto il mondo? Eppure il suo pontificato è durato solo 33 giorni…

“Io credo innanzitutto che il suo messaggio, il suo modo di essere, il suo modo di trasmettere il Vangelo e la sua grande umanità abbiano colpito in così poco tempo tutto il mondo. In quel periodo c’erano già dei mezzi di comunicazioni importanti, come la televisione o la radio, e questo ha certamente aiutato a mantenere vivo il ricordo di Papa Luciani, anche dopo la sua morte. Credo che le nuove generazioni possano conoscere la sua figura attraverso i documenti video e i documenti audio, questo accade soprattutto nei Paesi cosiddetti in via di sviluppo, in particolare nelle Filippine, in Africa e nel Sudamerica, dove ci sono molti giovani che amano e che vogliono conoscere e approfondire la figura di Papa Luciani. Il suo modo di fare umile, diretto e con una comunicazione fresca ha fatto sì che il papato abbia compiuto una grande svolta, da un linguaggio ormai arcaico ed anacronistico, si è passati a una comunicazione fresca e diretta, soprattutto nella lingua quotidiana. Quindi la comunicazione, il linguaggio, la grande umanità hanno aiutato il ricordo e a tenere viva e fresca la memoria di Papa Luciani”.

Che eredità ha lasciato ai giovani di oggi, cosa rende attuale il suo pensiero?

“Il messaggio che Albino Luciani lascia in eredità ai giovani è questo: il ruolo sociale, il compito, le nomine le grandi esposizioni che ciascuno di noi può ricoprire nella società, non sono un prestigio un esercizio di potere o un autoritarismo, sono una forma di grande servizio è una grande responsabilità verso il prossimo. Questa è l’umiltà: non quella di sentirsi inferiori ma piuttosto di riconoscere le proprie capacità e le proprie doti ma saperle rendere un servizio nei confronti degli altri. L’eredità che ha lasciato sono la semplicità, l’umiltà e il senso del servizio che gli è stato sempre naturale, anche se con un grande sforzo nell’esercizio e nella crescita di questa virtù. Oggi sarebbe tanto necessario vivere e comunicare questo messaggio”.

Qual è a suo avviso la frase più potente del pontificato di papa Luciani?

“È quella dell’Angelus nel quale lui ha detto ‘Dio è papà e ancora di più è madre’. In questa sua affermazione si può riassumere tutta la sua fede e tutta la sua carica umana e cristiana, in quanto lui ha voluto dire che per essere cristiani, per essere anche santi e pieni di vita, come dice il termine delle sue etimologie, è necessaria la fede, la speranza e l’amore. Chi è che ha un amore più grande di una madre verso il figlio? Questo è quanto Dio ha dato a ciascuno di noi: un amore totale assoluto e incondizionato, ciascuno di noi vale per Dio come un figlio per ogni madre. Questi sono i sentimenti che ha il cuore di Dio nei confronti di ciascuno di noi, basta soltanto avere fiducia in lui e questo amore che ha lui, come quello di una madre verso il proprio figlio ci sarà sempre d’aiuto per tutta la vita. Io credo che la sua frase più potente sia stata questa”.

Perché un giovane di oggi dovrebbe conoscere Albino Luciani? 

“Perché ha molto da dire alla società di oggi. Intanto lui sapeva valorizzare i talenti dei ragazzi dei giovani e stimolava le persone soprattutto i ragazzi a crescere ad andare avanti a realizzarsi nella vita con la convinzione che qualsiasi cosa sarebbero diventati un giorno sarebbe essenziale viverla con un servizio per gli altri. Usava questa immagine: noi tutti siamo nel castello di Dio e non è importante che cosa siamo: se siamo il cuoco, se siamo colui che si occupa dei cavalli o siamo la sarta che prepara i vestiti. Se poi il signore vorrà anche portarci al cospetto del principe per farci sedere nel suo consiglio faremo anche questo volentieri. Non è importante quale ruolo del castello abbiamo ma che tutti lavoriamo per lo stesso castellano: ecco quindi essere pienamente realizzati ma vivendo la propria posizione sociale come un servizio credo che per un giovane oggi sia molto importante visto che in questo momento c’è una tipo di società soprattutto nei paesi occidentali che non ha cura delle persone ma che per poter raggiungere determinati posti crea situazioni davvero spiacevoli quindi io credo che il messaggio più importante è che ci lascia e questa grandissima fiducia in Dio e il servizio che possiamo rendere ciascuno verso gli altri”.

Lei ha dedicato parte della sua vita professionale, a Giovanni Paolo I, che cosa l’ha colpita dell’uomo: Albino Luciani?

“La parte che mi ha colpito di più dell’insegnamento della vita di Papa Luciani è questo suo nascondersi e lavorare sulla sommità. Non gli era naturale il fatto di essere umile. Lo ricordava il fratello, nel senso che Luciani sapeva di avere delle doti ma cercava in tutti i modi di lavorare su sè stesso per essere semplice. Era molto colto, aveva un grande cultura ma al tempo stesso voleva essere un pastore d’anime e si sforzava di rendere questa sua cultura un servizio al popolo. Tanto è vero che come catechista, lui amava tanto il catechismo, ha scritto una specie di manuale del catechismo dal titolo ‘Catechetica in briciole’. Le grandi verità della fede dovevano essere sbriciolate e date in maniera semplice, in modo che tutti quanti potessero capirle. Per questo l’aspetto che più mi ha colpito di lui è questo impegno, questo sforzo costante di essere umile”.

Si sente legato a lui?

“Certamente sì. Ho motivi molto personali per esserlo perché ho sentito in maniera molto forte nella mia vita il suo intervento e la sua intercessione. Ecco, i miracoli li compie sempre e solo Dio, ma la il suo sostengo e la sua presenza li ho sentiti molto vicino fin da piccolo, anche frequentando la famiglia del fratello e la cognata di papa Luciani con i quali ero molto legato. Questo legame dura da tanti anni e mi spinge a valorizzare la sua figura che merita di essere conosciuta in tutto il mondo”.