Tra Isis e Ucraina: la lezione e il martirio di padre Paolo Dall’Oglio

Il racconto dl presidente dell'Associazione giornalisti amici di Padre Dall'Oglio: il segno del gesuita romano "innamorato dell'Islam, credente in Gesù"

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La testimonianza del gesuita padre Paolo Dall’Oglio rivive al Sacro Convento di Assisi in un incontro con chi trasmette ai giovani la sua lezione di condivisione oltre ogni barriera. E cioè il giornalista Riccardo Cristiano. La scrittrice siriana Asmae Dachan. Il custode del Sacro Convento di Assisi, padre Marco Moroni. e  Cecilia Dall’Oglio, sorella di padre Paolo. Un’occasione di confronto e approfondimento che sarà replicata a Roma con Francesca Dall’Oglio, anche lei sorella di padre Paolo, e padre Jacques Mourad, inseparabile amico di padre Paolo, anche lui sequestrato dall’Isis. “Oggi, provando a entrare nel modo di vedere di padre Paolo, sento che possiamo ancora capire e, volendo, cambiare strada. Seguendolo avremmo potuto capire cosa sia l’Ucraina, davvero, perché avremmo capito cos’è il Mediterraneo“, afferma Riccardo Cristiano nel suo ultimo libro “Una mano da sola non applaude. La storia di Paolo Dall’Oglio, letta nell’oggi“. Un testo con la prefazione di padre Antonio Spadaro, direttore de “La Civiltà Cattolica”, pubblicato da Àncora Editrice, a dieci anni dalla scomparsa del gesuita romano.paolo

La testimonianza di padre Paolo

Padre Paolo Dall’Oglio è stato rapito il 29 luglio del 2013 mentre si trovava a Raqqa, in Siria. In quel Paese arabo nel 1991 aveva fondato a Mar Musa la sua comunità monastica dedita all’amicizia islamo-cristiana. Qui 20 anni dopo esplosero proteste antigovernative presto soffocate dalla repressione e sfociate in un lungo e sanguinoso conflitto. Dal 29 luglio di dieci anni fa non si hanno più notizie di padre Paolo, il cui sequestro non è stato mai rivendicato. “Il suo Mediterraneo era una cerniera. E oggi vediamo che l’Ucraina di fatto è una piccola cerniera rispetto al Mediterraneo che è una grande cerniera tra tre continenti“, afferma Riccardo Cristiano, vaticanista, presidente dell’Associazione giornalisti amici di Padre Dall’Oglio. Amico di Padre Paolo, “innamorato dell’Islam, credente in Gesù“, diventato “ambasciatore della rivoluzione tradita da tutti, anche da molti rivoluzionari, e rifiutata dalle Chiese orientali”. E “simbolo della riconciliazione negata alle porte d’Europa“. Cristiano parla di un “discorso”, quello di Padre Paolo, che “si applica alla nuova realtà del mondo”, a “certe aree di contatto in particolare”. Paolo

Capacità di visione

“E’ come se fosse una prefigurazione di una lettura del mondo opposta a quella huntingtoniana dello scontro di civiltà“, osserva Cristiano, ragionando su una visione – “larga e non a parametri stretti” espressa da un “linguaggio che affascina” – con una “idea di incontro tra autodifesa e nonviolenza. Tra federalismo e unità statuale e individuazione del pantano”, quella “oscura cloaca”, che Padre Paolo “vede già allora”. Dove “servizi segreti, terrorismi, agitatori riescono a ordine qualsiasi complotto”. “Il tempo ci ha dimostrato che siamo in ritardo nel superamento di quegli schematismi ‘buoni/cattivi’ che impediscono di vedere il pantano di cui ci parlava un decennio fa padre Dall’Oglio”, scrive Spadaro nella prefazione del libro di Cristiano.  “Rileggere oggi” Padre Paolo, prosegue l’autore, “può aiutare a capire molto di noi adesso, in questo contesto, e non per un semplice parallelismo tra quello che è successo in Siria e quello che accade in Ucraina, ma per i parametri di ragionamento e per la capacità di visione che aveva padre Paolo”. Cristiano evidenzia quanto siano “impressionanti” quei “parametri riletti dopo un po’ di tempo” per “la contrapposizione tra diritto all’autodifesa e pacifismo” che il gesuita “affronta e fa capire che è deleteria“.
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La nonviolenza di padre Paolo

“L’opzione della nonviolenza – dice – non può prescindere dal riconoscimento del diritto all’autodifesa e il diritto all’autodifesa non può essere esercitato come tale se non c’è qualcosa di gandhiano che spinge a non cadere nella trappola della violenza mimetica“. L’altro punto su cui insiste Cristiano, ‘rileggendo’ oggi Padre Dall’Oglio, è “il federalismo“, l’ “opzione federale” per evitare che le “provocazioni” abbiano successo nel creare contrasti tra comunità. “Fa lo stesso discorso anche per l’Afghanistan, per l’Iraq – osserva l’autore – evidentemente ha maturato l’idea che i territori complessi e quindi soprattutto il Levante, luogo della complessità etnico-religiosa per eccellenza, ha bisogno di una fase federale per potersi ritrovare”. E se a Cristiano si chiede come si possa oggi “cambiare strada”, lui risponde insistendo sulla necessità di “passare mentalmente da un sistema contrappositivo a un sistema coniugativo”, parla di “globalismo” e “localismo” che “non possono essere contrapposti” perché entrambi hanno “positività e utilità, se usati bene”, parla di una “globalizzazione che non deve essere piatta, che rispetti le diversità, che sia una globalizzazione plurale” e di un “localismo che deve essere aperto“.

Oltre le divisioni

L’autore ragiona sull’ultimo libro di padre Paolo, ‘Collera e luce’, in cui vede “un po’ la risposta a ‘La rabbia e l’orgoglio'” di Oriana Fallaci, in cui legge la “collera” come “il rifiuto di un ordine ingiusto che deve trasformarsi in energia, e quindi la luce”. Nella prefazione Spadaro sottolinea come sia convincente la scelta di Cristiano “di concentrarsi non sull’esito (del sequestro di padre Paolo), dolorosamente non ancora appurato, ma sulle motivazioni, su cosa lo indusse a recarsi al quartiere generale dell’Isis“. Non ci sono certezze. “Ma una testimonianza importante, quella di chi lo accompagnò quel giorno”, secondo i quale “padre Paolo non volle sottrarsi alla speranza di potersi offrire, quale latore di un messaggio dei curdi iracheni, nella piena consapevolezza del rischio, al tentativo di evitare l’esplosione dello scontro tra Isis e curdi“. E Cristiano nel suo libro scrive: “Mi sembra insomma che il vero mistero del suo sequestro sia questo, non chi lo avrebbe ucciso, ma perché sia andato”. “Padre Paolo – conclude l’autore – è l’uomo che mi ha cambiato, che mi ha fatto capire in maniera compatibile con la mia formazione culturale, con la mia storia, con il mio sentire” che è necessario “il riconoscimento del pluralismo come cardine del disegno di Dio e quindi, che si creda o meno, come cardine interpretativo della realtà del mondo”. E bisogna “fare i conti con l’incompletezza del nostro pensiero“.