“Overeducation”: il fenomeno subito dalle donne italiane: ecco di cosa si tratta

L'intervista di Interris.it a Liliana Ocmin, componente del Consiglio di Amministrazione OIL - Organizzazione Internazionale del Lavoro

In Italia il gentil sesso detiene molti primati. Oltre ad essere più numerose degli uomini, le donne raggiungono risultati scolastici eccellenti e lo fanno in tempi ultraveloci. Purtroppo però, non tutto ciò che luccica è davvero oro. Una volta terminati gli studi, faticano a trovare un posto di lavoro e spesso subiscono il fenomeno conosciuto come “overeducation”, ovvero svolgono mansioni per le quali basterebbe un titolo di studio meno qualificato di quello in loro possesso.

Il nostro Paese è particolarmente colpito da questo fenomeno e Interris.it ne ha parlato con Liliana Ocmin, componente del Consiglio di Amministrazione OIL – Organizzazione Internazionale del Lavoro. 

Dottoressa Ocmin, ottimi voti a scuola, si laureano prima degli uomini, ma poi c’è qualcosa che le arresta. Che cosa manca alle donne per competere con l’uomo?

“Assolutamente nulla, ma una giovane donna che si affaccia nel mondo del lavoro fa i conti con un tessuto sociale pieno di pregiudizi. Purtroppo ancora oggi, la donna in età fertile viene considerata inaffidabile e per questo rappresenta un problema di cui una azienda vuole fare a meno. Ecco che, molto spesso a parità di meriti, l’uomo viene preferito alla donna”.

Ci sta dicendo che non esiste meritocrazia?

“Mi dispiace ammetterlo, ma è proprio così. L’Italia, rispetto alla maggior parte degli altri Paesi europei, è una nazione bigotta. Si pensi che in alcuni Paesi per candidarsi ad una posizione, nel curriculum non viene richiesta la foto e non serve indicare la propria identità. La selezione quindi avviene in modo imparziale e per merito. La nostra chiusura mentale ci penalizza e ci fa vivere in una società rappresentata da una classe dirigente datata, incline all’autoconservazione. In questo scenario è davvero difficile pensare che una donna possa ricoprire allo stesso tempo i ruoli di moglie, madre e lavoratrice”.

Uomo e donna ricoprono gli stessi ambiti? 

“Assolutamente no, perché la nostra visione culturale arretrata crea una netta distinzione di genere. A tutt’oggi si ha la convinzione che una ragazza sia più predisposta per le materie umanistiche, mentre i ragazzi per quelle scientifiche. Questa certezza spiega per esempio il numero maggiore di insegnanti e di medici donne, ma anche in questo caso la musica non cambia. E’ riscontrato infatti che ai vertici, i dirigenti delle scuole e i primari dei reparti sono in numero maggiore uomini”.

Se è vero quanto lei afferma, le donne in pochi anni potrebbero aver problemi ad inserirsi in uno scenario lavorativo dove l’intelligenza artificiale si sta facendo spazio…

“Purtroppo questa è una brutale realtà e il cambiamento deve arrivare dalla stessa famiglia che ha il compito di spingere i figli a scegliere liberamente il proprio indirizzo scolastico. Le donne possono occuparsi di ingegneria e di robotica tanto quanto un uomo. Se così non fosse, le conseguenze sarebbero drammatiche perché dove non c’è lavoro non esiste la possibilità di fare dei progetti stabili. Di conseguenza sono molte le donne che in mancanza di concretezza economica e professionale decidono di rinunciare alla maternità, condannandoci a rimanere un Paese con un basso tasso di natalità”.

Recentemente in Italia è stato eletto il primo presidente del Consiglio donna della storia italiana. Siamo all’alba di un cambiamento?

“In realtà per centrare questo importante obiettivo, la Premier Giorgia Meloni ha dovuto creare un suo partito politico. Lo ha fatto con pazienza, coraggio e determinazione e mi auguro che possa essere un esempio concreto per tutte le donne. Penso alla figlia, la piccola Ginevra che crescerà con il modello di una madre che con la sua tenacia può affermare ‘ce l’ho fatta’”.