Nicoletti (Nessuno è Escluso): “Serve un cambio di paradigma per l’inclusione piena delle persone con disabilità”

L'intervista di Interris.it a Fortunato Nicoletti, vicepresidente dell'associazione "Nessuno è Escluso" e padre di Roberta, una bambina affetta da grave disabilità

L’inclusione delle persone con disabilità e delle relative famiglie rappresenta uno degli indici del progresso umano e civile di una nazione negli ambiti più disparati. La stessa ha un valore ancora più importante quando viene portata avanti in prima persona dalle famiglie che, attraverso la forza gentile dell’amore, creano nuovi spazi di espressione, socialità, discussione e confronto, non solo per il proprio congiunto con disabilità, ma per tutti gli altri.

L’esperienza di “Nessuno è Escluso”

In Lombardia, nella città di Milano, Fortunato e Maria, genitori di Roberta, una bambina affetta da una patologia rara, hanno saputo trasformare questa situazione di difficoltà in una spinta positiva e hanno fondato l’associazione denominata “Nessuno è Escluso” con l’intento di supportare le famiglie che si trovano ad affrontare ogni giorno la disabilità. Interris.it, ha intervistato in merito a questa esperienza Fortunato Nicoletti, fondatore dell’associazione e vicepresidente della stessa.

L’intervista

Come nasce e che obiettivi si pone “Nessuno è Escluso”?

“Nessuno è Escluso” nasce da una esperienza di disabilità nell’ambito familiare. Roberta è nata nel 2016 con una malattia rara che abbiamo scoperto dopo qualche mese. Nel momento in cui la stessa era tra la vita e la morte, con la mamma ci eravamo ripromessi di fare qualcosa che non fosse una associazione che nasceva per la morte di un figlio, come spesso capita. In seguito, ci sono stati due anni complicati e, nel 2020, dopo essere tornati a casa, abbiamo fondato l’associazione, con lo spirito di portare l’esperienza che avevamo vissuto a sostegno e supporto non solo dei bambini come Roberta, ma soprattutto delle famiglie, perché pensiamo che, le stesse, siano il punto cruciale di questo sistema”.

Quali sono le azioni che ponete in essere in favore delle persone con disabilità?

“La nostra mission è composta da due percorsi paralleli che, molto spesso, si intrecciano. Uno è rappresentato dall’interlocuzione con le istituzioni a vari livelli, quindi territorio, comune, altre associazioni, regione ed anche a livello ministeriale con il supporto di altre associazioni con cui facciamo rete in ambito nazionale. L’altro aspetto è rappresentato dal battersi per i diritti delle persone con disabilità, per l’inclusione, che comunque è una parola che va molto di moda e di cui spesso ci si riempie un po’ la bocca, ma sulla quale pensiamo ci sia ancora molto da lavorare. Oltre a ciò, mettiamo in atto un percorso più concreto, rappresentato da alcuni progetti. In questo momento ne abbiamo tre, uno ad esempio si chiama “Un respiro in più”, con il quale noi sosteniamo le famiglie, attraverso l’invio a domicilio, a titolo gratuito, di diverse figure professionali che vanno dall’infermiere, al logopedista e al terapista, per ogni tipo di disabilità. Il progetto è stato finanziato da Fondazione Cariplo e ha questo nome perché diamo la possibilità, ai caregiver e alle famiglie, di andare anche solo a prendersi un caffè. È nato come progetto di sollievo serale, si è diffuso molto in tutta la Lombardia ed anche fuori e ora ci sono molte figure che supportano questa attività. L’altro progetto invece si chiama “Viaggio anch’io”. Nel mese di settembre dello scorso anno siamo riusciti a comprare un camper, completamente accessibile a tutti i tipi di disabilità, che noleggiamo gratuitamente, eccettuate le spese di viaggio, alle famiglie delle persone con disabilità. Le stesse ce lo chiedono prioritariamente per consulti ospedalieri e ricoveri fuori regione, ma anche per le famiglie, il cui famigliare con disabilità non può viaggiare sul sedile della macchina, e lo portano al mare, al lago oppure in montagna, con l’obiettivo di far stare insieme la famiglia e, nel contempo, far scoprire cose nuove a questi ragazzi che, spesso, purtroppo non possono uscire di casa. L’ultimo progetto che in questo momento abbiamo è denominato “In camper si respira di più” in cui, gli infermieri che lavorano con noi, prendono per una giornata gli stessi, senza la loro famiglia e li accompagnano in diversi parchi divertimenti o cascine. L’obiettivo è quello di far divertire e stare in sicurezza bambini e ragazzi e, nel contempo, far respirare le famiglie. Questo è ciò che facciamo, sono appunto due elementi in parallelo che spesso si incontrano perché, se ci si batte per i diritti ma poi non si offre concretamente supporto, si fa un servizio relativo e non si svolge appieno il proprio ruolo.

misericordie

Quali sono i vostri auspici per il futuro per quanto riguarda l’inclusione delle persone con disabilità? In che modo, chi lo desidera, può aiutare la vostra azione?

“Noi possiamo essere supportati sostenendo l’associazione, a volte semplicemente informandosi in merito ai progetti, piuttosto che fare delle donazioni sospese. Ci autofinanziamo completamente e quindi, le donazioni che serviranno, anche per le famiglie che verranno, sono molto importanti, ad esempio anche acquistando il libro che io ho scritto intitolato “Nessuno è Escluso” nel quale, partendo dalla storia di Roberta, lancio una serie di messaggi in merito al significato che riveste per me l’inclusione. Il mio auspicio per il futuro è che si cominci a parlare di disabilità tutti i giorni, non solo quando c’è un’emergenza, di fronte a un caso di cronaca particolarmente grave o a un diritto negato. Bisogna capire che, tali casi, non sono eccezioni ma, purtroppo, spesso sono la regola. Il nostro obiettivo è che si parli di disabilità a tutti i livelli, senza paura, non nascondendosi e facendo capire che, la stessa, è una condizione di vita. È qualcosa che, purtroppo, dall’oggi al domani, può capitare a tutti. Noi lo sappiamo per esperienza personale, dopo due figli è arrivata Roberta con una malattia rara e, di conseguenza, la disabilità. Bisogna far capire che, con la disabilità, si può convivere e vivere, anche bene. L’ambiente circostante deve però creare le giuste condizioni. Quando parlo di ambiente non parlo solo delle istituzioni, ma anche della società civile che, spesso, ha paura, si vergogna e teme la disabilità e quindi si gira un po’ dall’altra parte. Invece è importante che la società civile ci supporti, quando si va a scuola, in mezzo alla gente e ogni giorno. La persona con disabilità è una persona normale, ha semplicemente delle potenzialità diverse rispetto agli altri. L’auspicio è di cominciare a guardare le stesse non dal loro potenziale negativo, ma da ciò che possono riuscire a fare, nonostante le loro difficoltà. Serve una visione positiva e un cambio di paradigma che è fondamentale per arrivare ad avere una inclusione piena. L’inclusione non è dare il centro estivo dove ci sono tutte le persone con disabilità. L’inclusione si verifica quando le stesse stanno insieme agli altri e non soffrono del fatto che gli altri hanno diverse abilità, ma devono essere messe in condizioni di fare tutto quanto è possibile rispetto alle loro potenzialità e abilità”.