La Mensa che illumina la strada degli ultimi di Palermo

L'intervista di Interris.it a Don Sergio Ciresi, vicedirettore della Caritas diocesana di Palermo, in merito alla Mensa San Carlo

Le rilevazioni Istat ci dicono che le famiglie in povertà assoluta in Italia sono il 7,5% per un numero di individui pari a circa 5,6 milioni. Per tale motivo, la solidarietà verso gli ultimi, acuita in questo frangente storico da pandemia, guerra e conseguente crisi sociale ed economica, è un dovere imprescindibile di tutta la società civile, soprattutto nel sopperire alle esigenze primarie, quali il cibo e la cura della persona. Ciò ha visto le Caritas diocesane di tutta Italia operare in prima linea per lenire le sofferenze.

La situazione a Palermo

Secondo gli ultimi dati disponibili, nella città di Palermo, ha subito un incremento l’indice di povertà assoluta tra gli occupati, il quale è passato dal 5,5 % al 7,3% e si è riscontrata una percentuale molto alta, tra il 30 e 40%, delle persone che hanno un reddito inferiore al 50 % della media nazionale. Le persone in cerca di occupazione a Palermo sono oltre 60 mila, il tasso di disoccupazione è superiore al 15%. In particolare, dalle rilevazioni effettuate dai Centri di distribuzione della Caritas di Palermo, nel 2021 risultano assistite circa 15 mila famiglie per un totale di 45.500 persone. Interris.it, ha intervistato in merito alle azioni svolte nei confronti delle persone in difficoltà presso la Mensa San Carlo – opera segno della Caritas diocesana di Palermo – Don Sergio Ciresi, vicedirettore della stessa nonché parroco di Maria Santissima Immacolata, in prima linea nel sostegno alle persone più fragili, in seguito alla scoperta della Vocazione che lo ha portato a diventare sacerdote nell’età adulta dopo aver prestato servizio presso l’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Palermo del Tribunale per i Minorenni del Ministero della Giustizia.

Don Sergio Ciresi (© Ufficio Stampa – Arcidiocesi di Palermo)

L’intervista

Come nasce e che obiettivi si pone la Mensa San Carlo della Caritas diocesana di Palermo?

“Nasce per dare, attraverso un pasto caldo, accoglienza e ospitalità. La Mensa diocesana apre nel 2004 e l’obiettivo è proprio di accogliere e far sentire a casa – con il pasto – le persone senza fissa dimora. Successivamente si sono aperti altri servizi, come ad esempio il servizio docce per uomini e donne e la lavanderia. Attraverso il gesto del pasto, la finalità è quella di ascoltare queste persone perché – all’interno della Mensa diocesana – c’è un centro di ascolto e quindi le stesse vengono accompagnate, ascoltate e sostenute mediante degli operatori professionali -. Nello specifico educatori, assistenti sociali e psicoterapeuti – per accompagnare le persone e poi io, in qualità di sacerdote, li accolgo anche per la dimensione spirituale oltre che per quella umana. Da un po’ di anni nello stesso luogo – che è appunto il convento San Carlo – c’è un polo diurno nel quale facciamo accoglienza verso quelle persone che vivono per strada e in particolare lì vengono accompagnate con un piano individualizzato, insieme ad altri Enti del Terzo Settore e soprattutto con il Comune di Palermo ed anche con la Croce Rossa Italiana – Comitato di Palermo. In particolare, le persone che vivono da noi – attraverso questo percorso che ovviamente non ha un tempo stabilito ma, in linea di massima, dura un anno o due anni – si ha l’obiettivo di renderle autonome attraverso dei corsi di formazione affinché loro possano imparare un mestiere o magari, se già ce l’hanno, di perfezionarlo e poi – tramite il Reddito di Cittadinanza – trovare un alloggio in un appartamento al fine di rendersi più autonomi”.

In che modo la pandemia ha mutato la vostra metodologia di azione?

“La pandemia ha mutato il nostro metodo di agire. È chiaro che, la sala da pranzo, è stata chiusa e quindi consegnavamo dei pasti da asporto. La cosa abbastanza interessante è stata proprio che – alla luce di un comunicato stampa che abbiamo pubblicato proprio nei primi giorni dell’isolamento – abbiamo chiesto, oltre ai nostri volontari stabili, delle persone che desideravano dare il loro contributo nei rispettivi spazi di tempo. Così abbiamo incontrato questi volontari e li abbiamo formati, soprattutto in riguardo alle indicazioni che dava il governo per l’emergenza Covid-19; così facendo – tutti i pasti che cucinavamo – venivano portati da queste persone a casa di chi si trovava in isolamento ed in difficoltà – in particolare i lavoratori irregolari, le colf, i badanti, gli istruttori delle palestre, i venditori ambulanti e tutte quelle persone che avevano dei lavori irregolari o scarsamente retribuiti e senza garanzie previdenziali quindi – attraverso i volontari – portavamo loro i pasti a casa”.

Quali sono i vostri auspici per il futuro? In che modo chi lo desidera può aiutare la vostra azione?

“Le nostre azioni possono essere aiutate attraverso il volontariato. Quindi – tutte le donne e gli uomini di buona volontà che desiderano dare il proprio contributo attraverso il loro tempo – possono contattarci e, dopo un colloquio conoscitivo e degli incontri di formazione rivolte alla figura del volontario, potranno fare dei servizi da noi. Il nostro auspicio è quello di cercare di andare sempre più vicino alle persone nel senso che – la mensa in genere – è una realtà importante nelle diverse Diocesi e nelle città. Però, a tal proposito, il nostro desiderio sarebbe di creare delle reti di collaborazione affinché delle persone possano, con il supporto della Caritas diocesana, cucinare per coloro che hanno bisogno, affinché gli stessi possano vivere l’ambiente familiare nei propri appartamenti oppure in dei luoghi che diventano comuni in modo che loro possano vivere come se si sentissero a casa propria”.