Marta Telatin, vedere il mondo senza la vista

Marta è una ragazza non vedente che ha scoperto che i sensi sono più di cinque e propone ai bambini e agli adulti dei laboratori per valorizzare l'uso di questi sensi

Foto Elena Padovan

Fin dalla nascita l’essere umano inizia a percepire il mondo tramite i cinque sensi. Questa visione cambia se uno di questi viene meno, ma si tratta di una sensazione momentanea. E’ risaputo infatti che i sensi rimasti vengono intensificati e che se ne scoprono altri innati, ma che fino a quel giorno erano sconosciuti. Interris.it ha intervistato Marta Telatin, 40 di Padova, giovane donna che ha perso la vista durante l’adolescenza per una malattia genetica. Il buio le ha mostrato l’esistenza e la bellezza di questi altri sensi e per questo propone a tutte le fasce d’età, dai bambini agli adulti, dei laboratori per scoprirne il valore e come usarli.

Marta, tu sai come si vive senza vista. Quali sono state le prime sensazioni?

“Quando noi nasciamo ci abituiamo a conoscere il mondo tramite i sensi più comuni. Io credo che quello più usato sia proprio la vista, senso importantissimo perché permette di ammirare le meraviglie che ci circondano, ma è anche quello che ci confonde maggiormente perché l’immagine per esempio arriva prima di un suono o di un profumo. Non è facile abituarsi a vivere senza la vista, ma questa mancanza mi ha consentito di scoprire come ci siano altri sensi che permettono di cogliere l’essenza del mondo. Questo ha modificato la mia visione della vita e non potevo tenere per me questo dono”.

Tu dici che la conoscenza degli altri sensi può portare ad un maggiore benessere. Che cosa intendi?

“Nella vita di ogni giorno, lo sforzo più grande a cui siamo chiamati è quello di cambiare il nostro punto di vista. Scoprire che abbiamo altri sensi da sviluppare vuol dire ascoltare il nostro cuore e vivere meglio con noi stessi e con gli altri. La nostra vita scorre freneticamente e a volte manca la volontà o la possibilità di fermarci per conoscerci fino in fondo”.

Puoi dare un nome a questi sensi?

“A volte sento dire che le persone con un deficit visivo possiedono il sesto senso, in realtà non è così. Tutti lo abbiamo, questo è il senso del cuore, quello che ci fa vedere oltre le cose. Io lo definisco un fiume con vari affluenti che sono per esempio il senso dell’equilibrio, il senso del tempo, il senso della bellezza, il senso della felicità e il senso della creatività. Per fare emergere questi sensi è indispensabile far venire a galla la parte bambina che ognuno di noi ha, ovvero la parte creativa e sognante”.

Quali sono le attività che proponi?

“In questi anni ho creato dei laboratori per tutte le fasce di età, dai bambini dell’asilo agli adulti in carcere. Propongo attività da bendati perché è una condizione che io conosco molto bene. Quando manca la vista si riesce ad acquisire il bisogno di fidarci di noi stessi e degli altri. Questo processo è molto più facile con i bambini, perché loro conoscono lo stupore e la capacità di cogliere il bello delle cose e delle persone. Per noi adulti invece, è difficile ma non impossibile, e per farlo è necessario fermarci e cogliere i momenti belli che la vita ogni giorno ci dona, come per esempio la brezza che ti accarezza dolcemente il viso”.

Come sei arrivata a tutto questo?

“Dopo un grande lavoro di accettazione che non è stato per nulla facile. Io ho iniziato a perdere la vista piano piano e l’ho persa del tutto il giorno del mio compleanno. Io per anni non ho più festeggiato il mio compleanno perché per me era il giorno del dolore e per questo preferivo evadere viaggiando. Con tenacia sono riuscita a trasformare la mia disabilità in un punto di forza e ho deciso che dovevo aiutare gli altri ad essere felici come io lo sono. Vi assicuro che non c’è nulla di più bello di riuscire a donare agli altri quello che con tanta fatica si è raggiunto”.