“Io Abito”, l’esperienza di vita indipendente di Anffas Crema

L'intervista di Interris.it a Paolo Marchesi e Barbara Bergamaschi in merito al progetto "Io Abito" di Anffas Crema

L'edificio dove si realizza il progetto "Io Abito (© Anffas Crema)

L’attuazione del Progetto di Vita indipendente è fondamentale per garantire alle persone con disabilità e alle loro famiglie un adeguato percorso di vita che garantisca l’inclusione e l’espressione delle specifiche attitudini e inclinazioni di ognuno, anche quando i genitori verranno a mancare. Nell’ambito della vita indipendente e del “Dopo di Noi”, l’Anffas di Crema e la fondazione Alba Crema Onlus, hanno dato vita ad un progetto denominato “Io Abito”, ossia un luogo in cui, delle persone con disabilità e fragilità, dove imparano a dare forma ad una vita indipendente, con l’aiuto degli educatori e del gruppo. Interris.it, in merito a questa esperienza, ha intervistato il presidente di fondazione Alba, Paolo Marchesi e la referente del progetto, Barbara Bergamaschi.

Barbara Bergamaschi e Paolo Marchesi (© Anffas Crema)

L’intervista

Come è nato e che obiettivi ha il progetto “Io Abito”?

“Il progetto “Io Abito” è nato su due differenti canali, da un lato, le normative che, negli anni sono state pubblicate sul cosiddetto “Dopo di Noi” alle quali, l’Anffas di Crema ha aderito subito con entusiasmo. Dall’altra, l’occasione per l‘avvio della progettualità, è stata una struttura abitativa ubicata di fianco ad un’altra già nostra, che abbiamo acquistato e ristrutturato pensando all’obiettivo che ci eravamo posti. Grazie ad un finanziamento della Fondazione Cariplo e ai tanti aiuti dei privati, nel 2021, la struttura è stata realizzata e, a partire da quel momento, ci sono stati gli inserimenti delle persone. In particolare, il progetto si fonda sull’idea che, le persone con disabilità, hanno diritto a una qualità della vita come quella di tutti gli altri e quindi all’autodeterminazione, ossia a decidere dove e con chi andare a vivere.

Quale valore rivestono per voi il “Durante Noi” e il “Dopo di Noi” in riguardo all’esperienza che state portando avanti?

“Questa non è la sola esperienza che stiamo portando avanti in merito, ma è già la seconda. Ciò, per noi, dovrebbe essere il futuro. Personalmente sono il fratello di una persona con disabilità e, mia madre, è stata la fondatrice di questa sezione Anffass. Ricordo benissimo le preoccupazioni dei genitori per il momento in cui loro fossero venuti a mancare e per il come, i loro figli, avessero potuto continuare a fare una vita autonoma. Tale è il futuro che ci si augura per questi ragazzi quando le loro famiglie non ci saranno più. Nel nostro caso, le famiglie ci sono ancora e i figli hanno già una vita autonoma. Il “Dopo di Noi” rappresenta una grande risorsa ma è un di cui. Noi partiamo da un Progetto di Vita individuale che condividiamo in primis con le persone con disabilità, le loro famiglie, i servizi sociali, ASST e, nel nostro caso, Comunità Sociale Cremasca che è il consorzio dei 48 comuni della zona di Crema. Viene quindi condiviso il Progetto di Vita che può prevedere anche l’evolversi dalla famiglia. In particolare, il Dopo di Noi, è un contributo regionale a cui accediamo, ma è solo l’inizio, ci permette di fare il training iniziale. In seguito, però, c’è un lavoro decisamente corposo da fare con il territorio e le amministrazioni comunali. Questo argomento ha anche una valenza culturale e non può essere a discrezione della sensibilità del singolo comune, amministratore o assistente sociale. Infatti, stiamo operando anche per far si che, all’interno del regolamento del nostro distretto, la nostra offerta, che non è tra quelle già normate, diventi di default una possibilità per le persone e, di conseguenza, le stesse, possano assicurarsi un aiuto da parte del proprio comune di residenza.”

Quali sono i vostri desideri per lo sviluppo del progetto? In che modo, chi lo desidera, può aiutarvi?

volontari

“Il nostro auspicio è di essere sempre più presenti e diffusi sul territorio. Il nostro lavoro si divide nella parte individuale svolta con i ragazzi rispetto alle loro autonomie, per rinforzare le competenze che già hanno rispetto alla vita indipendente. In seguito, c’è un lavoro sul quartiere, in quanto, non vogliamo creare un’isola felice ma auspichiamo di realizzare un ponte dal quale si può andare nello stesso, collaborare e ospitare eventi. Qualche tempo fa, ad esempio, abbiamo partecipato ad una color run, ossia una corsa nel quartiere con i colori, in cui, i nostri ragazzi, hanno scelto di far parte del comitato organizzatore ed hanno scelto il colore fucsia, lambendo con tale tinta i partecipanti. Alla fine della competizione abbiamo preso parte ad un aperitivo con gli altri organizzatori. Ci sono molte occasioni di partecipazione e, il nostro territorio, è molto ricco in tal senso. La nostra idea per il futuro è andare nel quartiere e fare ciò che ci viene proposto, a misura nostra. L’auspicio in merito è di continuare a tessere queste relazioni e mantenere sempre più vivo il rapporto con le persone a noi vicine, ad esempio il nostro tavolo di quartiere, si tiene nell’ appartamento di “Io Abito”. Attualmente ospitiamo nell’appartamento di “Io Abito” tre persone a tempo pieno, sette giorni su sette, mentre altre tre nella “Palestra” si fermano una o due notti la settimana, l’idea è di continuare e ampliare la nostra esperienza. Stiamo ricevendo, anche da genitori molto giovani, delle sollecitazioni per replicare il progetto. Ciò al livello culturale è molto importante, perché significa che il genitore non aspetta di diventare anziano per pensare a determinati temi, ma riflette sul significato di adultità. Ognuno ha la sua storia ma è importante che ci sia questa opportunità per tutti. Si può sostenere il progetto in maniera variegata, il sostegno economico è sempre ben accetto. Nella struttura c’è la copertura di un assistente famigliare 24 ore su 24, per supervisionare le esigenze della casa e viene pagata dalle famiglie attraverso l’amministratore di sostegno. L’ente non copre tutte le spese ed è necessaria un’attenzione nei confronti delle famiglie che non hanno disponibilità economica, in questo caso, i contributi spontanei, verrebbero utilizzati in tal senso. Un altro aiuto che potrebbe essere dato, per incrementare la nostra esperienza, è quello di altri edifici che, se fossero messi a disposizione, amplierebbero la possibilità di ospitare altre persone.”