Giovani e agricoltura, un binomio vincente

Interris.it ha intervistato - in merito all'apporto degli under 35 nel settore agricolo - il Dottor Angelo Gentili di Legambiente

In Italia sono presenti oltre 55 mila giovani under 35 alla guida di imprese agricole, questo ci pone in testa tra i paesi europei per quanto riguarda il numero di imprese condotte da giovani, anche grazie ai cambiamenti legati alla cosiddetta svolta green e al frangente storico connotato dalla pandemia da Covid – 19 che stiamo vivendo. Interris.it ha intervistato, in merito al ruolo dei giovani in agricoltura, il dottor Angelo Gentili responsabile nazionale agricoltura di Legambiente e coordinatore del centro nazionale per l’Agroecologia di Legambiente.

 

L’intervista

Qual è il ruolo dei giovani in agricoltura? Quale valore aggiunto possono dare a questo settore?

“I giovani hanno un ruolo molto significativo in agricoltura perché il rapporto degli stessi con il tema agricolo è molto spesso legato a due obiettivi significativi, da una parte la sostenibilità ambientale delle filiere – perché c’è un’ attenzione e una sensibilità in questo senso molto evidente nell’universo giovanile – e, in secondo luogo, tutto ciò che riguarda l’utilizzo delle tecnologie in ambito agricolo – quindi l’uso di innovazione tecnologica, quali droni e sperimentazioni avanzate, il rapporto con la ricerca e con il mondo universitario – anche a fronte di un rapporto diverso con la filiera del cibo, dal campo alla tavola, in un ottica che restituisce una maggiore tracciabilità al consumatore. Tutti questi aspetti sono seguiti dai giovani in maniera molto significativa. Oltre a ciò, molto spesso, contrariamente a quanto avveniva nel passato, il rapporto tra il percorso di studi da loro scelto – quindi diploma specialistico legato al settore agricolo o laurea sia triennale che magistrale in un ambito di questo tipo – che i giovani conseguono fa sì che loro acquisiscano una specifica competenza nell’ambito agricolo la quale consente un salto di qualità e l’innalzamento del livello nella gestione dell’azienda agricola stessa”.

In che modo si può arginare l’abbandono delle terre agricole? Che contributo possono dare i giovani a questo?

“Sappiamo che ci sono dei numeri i quali mettono in evidenza luci e ombre rispetto alla presenza dei giovani nell’ambito agricolo. In generale, in Europa, il 56% degli agricoltori ha più di 55 anni e solo il 6% ne ha meno di 35. Nello stesso tempo, all’interno del nostro paese, con la pandemia c’è stato un incremento – in particolare negli ultimi anni – dell’8% del numero di giovani agricoltori presenti nel panorama agricolo, in netta controtendenza rispetto all’andamento europeo. Quindi, in Italia, c’è una grande spinta data dai giovani in quest’ambito. Sono nate in media diciassette imprese gestite dagli stessi al giorno e in questo, il settore agricolo, costituisce un po’ l’apripista da questo versante, in un’ottica che spesso è molto utile, non solo per qualificare il settore, ma anche per andare a occupare delle aree cosiddette marginali, montane o collinari, meno dense di presenza antropica, dove spesso assistiamo invece al fenomeno dello spopolamento e dell’abbandono. Si pensi che ci sono circa cinque milioni di ettari di terreno che negli ultimi vent’anni abbiamo perso – una dimensione pari alla superfice del Piemonte, della Lombardia e della Liguria messe insieme – a tal proposito, la presenza giovanile può essere l’antidoto che unisce ricerca, innovazione, sostenibilità ambientale e recupero della tradizione agricola e rurale dei territori in un’ottica che appunto ripopola gli stessi in una chiave in cui l’agricoltura conserva un forte collante, dal punto di vista sociale ed anche rispetto a una funzione di presidio territoriale nei diversi luoghi proprio per evitare l’abbandono, l’inaridimento, la perdita di presenza antropica e di servizi di questo tipo”.

Qual è l’impegno di Legambiente su questo versante? Quali auspici ponete per il futuro?

“Siamo convinti che spingere da una parte sul fenomeno dell’abbandono delle terre e quindi cercare di incrementare la presenza agricola nell’ambito territoriale sia fondamentale e strategico e, dall’altra, pensiamo che l’universo giovanile possa essere elettivo come tipo di settore da dedicare in maniera strategica per elezione ad una rinascita dell’agricoltura. Il nostro auspicio è che, attraverso le politiche agricole comunitarie, le strategie europee, il necessario contrasto ai cambiamenti climatici, ai fenomeni di inquinamento e di presenza significativa di gas climalteranti al livello atmosferico, si possa rispondere anche con una presenza rinnovata in agricoltura. E’ importante che la stessa guardi al biologico, alla sostenibilità, all’innovazione tecnologica e alla partita della modernità come elementi cardine in cui il nesso tra la presenza nelle aree territoriali meno elettive, più marginali e la conseguente presenza giovanile diventi un legame importante e sinergico che ci consente di guardare a testa alta ad un agricoltura non del futuro ma del presente, la quale deve essere fortemente legata al Green Deal, al rispetto della biodiversità, al rapporto con la filiera corta e dove vi sia – dal campo alla tavola – salubrità, avendo il biologico e l’agroecologia come elementi principali. Questo ci sembra il modo migliore per affrontare qualcosa che riguarda la tradizione e il passato del nostro e di tanti paesi del Mediterraneo con un futuro che deve essere giovane e dei territori”.