Infanzia sfollata: allarme per i 610mila baby profughi di Gaza

"La maggior parte dei 610.000 bambini sfollati sono ora intrappolati a Rafah in un’area inferiore a un quinto della superficie totale della Striscia, mentre l’esercito israeliano intensifica gli attacchi", avverte di Save the Children

Gaza
Bambini a Gaza. Foto: Unicef
Gaza, infanzia in fuga dalle bombe. Sos di Save the Children. La maggior parte della popolazione sfollata di Gaza – più di 1,3 milioni di persone tra cui più di 610.000 bambini – è intrappolata a Rafah. In un’area pari a meno di un quinto della superficie totale dell’enclave. Senza alcuna possibilità di fuga. Mentre gli attacchi israeliani si intensificano. A lanciare l’allarme è l’organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro. Si è aggiunto l’avvertimento dell’Onu che il bombardamento indiscriminato di aree densamente popolate potrebbe costituire un crimine di guerra. Nel corso degli oltre quattro mesi trascorsi dall’inizio dell’escalation militare israeliana a Gaza in seguito agli attacchi del 7 ottobre contro Israele, più della metà della popolazione di Gaza è fuggita a Rafah. Scappando dalle operazioni nel nord e nel centro di Gaza. E seguendo gli “ordini di evacuazione” emessi da Israele.

Queste famiglie sono ora stipate in un’area di appena 62 kmq. Meno di un quinto della superficie totale di Gaza di 365 kmq, già una delle aree più densamente popolate al mondo. La maggioranza dorme in tende improvvisate o all’aria aperta perché i rifugi esistenti non sono sufficienti. “Le famiglie sono alla ricerca sempre più disperata di cibo, acqua e cure mediche”, denuncia Save the Children.

Gaza
Foto di Emad El Byed su Unsplash

Sos Gaza

L’organizzazione benefica riferisce che l’espansione delle operazioni militari israeliane a Rafah – il principale punto di ingresso degli aiuti a Gaza – rischia ora di far deragliare ulteriormente la fornitura di aiuti nell’enclave assediata. Poiché sarà impossibile per gli operatori umanitari fornire aiuti in modo sicuro ed efficace. Negli ultimi giorni almeno un convoglio umanitario che trasportava cibo a Gaza è stato colpito da colpi di arma da fuoco della marina israeliana. E, secondo quanto riportato dalle Nazioni Unite, diversi operatori umanitari sono stati uccisi mentre erano in servizio. Tutto questo è accaduto nonostante le organizzazioni umanitarie abbiano fornito le posizioni alle autorità israeliane attraverso un apposito sistema di notifica. L’escalation dei rischi nella zona di Rafah e per la consegna degli aiuti arriva poche settimane dopo la decisione di alcuni governi donatori di sospendere i finanziamenti all’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (UNRWA). Ossia al più grande fornitore di aiuti a Gaza.GazaFoto di Mohammed Ibrahim su Unsplash

Sotto le bombe

Jason Lee è il direttore di Save the Children per i Territori palestinesi occupati. “È difficile immaginare che le cose possano peggiorare ulteriormente per la popolazione di Gaza rispetto agli ultimi quattro mesi- riferisce Jason Lee-. Ma se le forze israeliane dovessero rafforzare il loro intervento a Rafah, ciò che accadrà andrà oltre i nostri peggiori incubi. Dopo che le autorità israeliane hanno detto alla gente di Gaza che Rafah è un luogo sicuro in cui fuggire, l’80% della popolazione – di cui metà sono bambini – è ora stipata in quest’area, molti senza muri o tetti che possano ripararli e proteggerli. Il nostro personale e le altre organizzazioni umanitarie non possono distribuire aiuti sotto il fuoco degli incessanti bombardamenti. E gli sforzi per garantire protezione al personale e alle operazioni umanitarie continuano a essere vani”. Aggiunge Jason Lee: “Gran parte della comunità internazionale finora ha fallito nel tentativo di proteggere i minori. Siamo di fronte ad una grande prova. Rispetteranno il diritto internazionale e il diritto alla vita dei bambini? O rimarranno a guardare mentre le vite e il futuro dei più piccoli vengono decimati?”.

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Foto di Levi Meir Clancy su Unsplash

Cessate il fuoco

Save the Children chiede, quindi, un cessate il fuoco immediato e definitivo per salvare e proteggere la vita dei bambini a Gaza. Inoltre, chiede a tutti gli Stati di fermare immediatamente il trasferimento di armi, componenti e munizioni a gruppi armati israeliani e palestinesi. Poiché esiste il rischio che vengano utilizzate per commettere o facilitare gravi violazioni del diritto internazionale umanitario o dei diritti umani. L’organizzazione esorta inoltre tutti i governi donatori e il resto della comunità internazionale a riprendere e aumentare i finanziamenti per l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (UNRWA) il più rapidamente possibile. Save the Children fornisce servizi essenziali e sostegno ai bambini palestinesi dal 1953. Il team dell’Organizzazione nei Territori palestinesi occupati lavora 24 ore su 24. Predisponendo aiuti vitali. Per sostenere le persone bisognose. E per trovare un modo per far arrivare assistenza a Gaza. Si tratta della più grande organizzazione internazionale indipendente che dal 1919 lotta per migliorare la vita dei bambini, operando in 120 paesi.

Foto di Emad El Byed su Unsplash

Attacchi

intanto la Turchia condanna senza mezzi termini i bombardamenti israeliani nella città di Rafah, definiti “parte di un piano di pulizia etnica” che danneggia “gli sforzi per un cessate il fuoco“. “I continui attacchi di Israele non fanno che aumentare le dimensioni della tragedia in atto danneggiare gli sforzi mirati a raggiungere un cessate il fuoco“. Parole dure, giunte dopo gli intensi bombardamenti che nelle ultime ore hanno ucciso decine di civili in fuga da Gaza verso il confine con l’Egitto. “Esprimiamo la nostra più profonda preoccupazione per i massacri e la distruzione causati dall’attacco israeliano. Consideriamo questa operazione come parte di un piano per eliminare dal proprio territorio il popolo di Gaza“, evidenzia il governo turco. Con lo stesso comunicato Ankara chiede al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e alla comunità internazionale di “compiere i passi necessari per fermare Israele“.

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Foto: @Unrwa

Raid

Il successo del raid militare israeliano che ha permesso il rilascio di due ostaggi israelo-argentini a Gaza è “un punto di svolta” nella guerra che dimostra che Hamas è “vulnerabile”, ha detto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant. “Si tratta di una svolta decisiva nella campagna militare” di risposta agli attacchi di Hamas in Israele il 7 ottobre, ha dichiarato l’esponente del governo durante un incontro con i membri del commando che ha liberato Luis Marman e Luis Har. Questo raid “ha creato un capovolgimento nel nostro modo di pensare come in quello di Hamas” perché “all’improvviso Hamas è vulnerabile, possiamo raggiungerlo ovunque”, ha aggiunto. Dopo questa operazione, “la popolazione sa che può fidarsi di noi“, ha aggiunto il ministro, il cui governo è sottoposto a forti pressioni da parte di numerose famiglie di ostaggi, che chiedono un accordo che consenta il rilascio dei loro cari. “Ci saranno altre operazioni“, ha assicurato Gallant, mentre dei 130 ostaggi ancora nella Striscia di Gaza si stima che 29 siano morti. Secondo il ministro, Israele non ha altra alternativa che l’azione militare. Perché lo Stato ebraico deve impedire a gruppi armati come il movimento islamista libanese Hezbollah, alleato di Hamas e sostenuto dall’Iran, di lanciare attacchi simili a quello del 7 ottobre. “La nostra esistenza qui si basa sulla deterrenza”, ha detto. Aggiungendo che i gruppi armati ci penserebbero due volte prima di attaccare “se c’è un prezzo molto alto” da pagare. In questo senso, la distruzione di Gaza è “un simbolo“, ha affermato.