Bortolas (Coldiretti Donne Impresa): “Le imprenditrici agricole sono agenti di nuove attività”

In occasione della Giornata internazionale delle donne in agricoltura, l’intervista di Interris a Chiara Bortolas, responsabile nazionale di Coldiretti Donne Impresa

Con l’aumento dei costi delle materie prime e la crisi generata dal conflitto che va avanti da più di metà anno in Ucraina, nel corso della quale per mesi navi cariche di grano e di fertilizzanti sono rimaste bloccate nei porti sul Mar Nero, rischiando di condannare alla fame diversi Paesi africani e mediorientali, e gli eventi climatici estremi, come la siccità, che colpiscono il nostro Paese – ma non solo –, il mondo agricolo è tornato all’attenzione dell’opinione pubblica. Da diverso tempo in Italia, come anche altrove in Europa, assistiamo a un “ritorno alla terra” da parte di persone giovani, più istruite, più formate, più attente alla sostenibilità e al sociale che al solo profitto e capaci di coniugare i saperi tradizionali del mondo agricolo, le best practices dei nostri nonni e bisnonni, con un’innovazione rispettosa dell’intero ecosistema.  Ad oggi, nel mondo, secondo le Nazioni unite, le donne rappresentano in media più del 40% della forza lavoro agricola nei Paesi in via di sviluppo, con percentuali che vanno dal 20% in America Latina al 50% o più in alcune zone dell’Africa e dell’Asia. Se le donne avessero lo stesso accesso alle risorse degli uomini, sostiene la Fao, l’agenzia Onu specializzata in agricoltura e alimentazione, la produzione agricola dei paesi in via di sviluppo aumenterebbe tra il 2,5 e il 4% e il numero di persone sottonutrite nel mondo diminuirebbe di circa il 12-17%.

Il “profilo” delle imprenditrici agricole in Italia

E in Italia, quante sono le donne che lavorano nel settore agricolo, in quali attività, quali ruoli e funzioni ricoprono, qual è il loro know how? Il “profilo” delle imprenditrici agricole italiane, circa 200mila, quasi un terzo del settore, è quello di donne spesso laureate,  titolari, co-titolari o socie di imprese di dimensioni piccole e medio-piccole ma multifunzionali – dato che oltre la metà svolge più di un’attività connessa alla produzione primaria, per esempio la vendita diretta, l’agriturismo o la fattoria didattica. Si registrano inoltre una certa sensibilità verso la qualità e la sostenibilità, con il 60% delle aziende agricole femminili che dedica parte o la sua intera produzione al biologico e opera senza l’uso di pesticidi, e una sviluppata anima “sociale”. In base ai dati di Unioncamere, al 31 dicembre 2021 le imprese femminili sono 206.38, il 28,22% del totale delle imprese dei settori agricolo, di silvicoltura e pesca. Secondo lo studio “Le imprese agricole guidate da donne e le donne guidano imprese agricole”, realizzato dall’Istituto Ixè per Coldiretti Donne Impresa, il 90% delle imprenditrici agricole ricopre una funzione o un ruolo di rilievo e il 77% ha un’età compresa tra i 35 e i 64 anni, mentre il 15% è under35. In merito al tasso di istruzione, il 25% di loro sono laureate. Quando c’è da prendere una decisione, in quattro casi su dieci le imprenditrici scelgono da sole, mentre nel cinquanta per cento condividono la scelta alla pari. Il 18% delle intervistate ha dichiarato di prendere le decisioni per l’azienda in autonomia, il 22% si consulta con altri membri della famiglia e il 53% decide in modo collettivo assieme agli altri familiari. Un dato interessante che emerge è il seguente: l’autonomia decisionale delle donne sembra più diffusa al Sud e nelle isole e tra le laureate. Le imprenditrici agricole operano nell’85% dei casi in aziende piccole e medio-piccole, di queste il 60% ha scelto di dedicare tutta o parte della produzione al biologico, biodinamico e di operare senza pesticidi e il 45% pratica la vendita diretta, nelle sue diverse forme, come la vendita in azienda o in campo, allo spaccio aziendale, ai mercati rionali o in quelli di Campagna amica, attraverso i gruppi di acquisto solidale (gas).

L’intervista

In occasione della Giornata internazionale delle donne in agricoltura, l’intervista di Interris.it a Chiara Bortolas, responsabile nazionale di Coldiretti Donne Impresa.

Di cosa si occupa Coldiretti Donne impresa?

“Nasce nel 1953, quando a Emma Schwartz viene affidata la guida del Movimento femminile di Coldiretti, e si occupa dell’imprenditoria femminile, delle attività delle aziende agricole al femminile, cerca essere una guida per le donne più giovani e di trasmettere i valori dell’agricoltura italiana, ma anche dell’educazione alimentare e di quella ambientale. Ai mercati di Campagna amica spieghiamo come si coltiva e come si alleva, in modo che le persone che vengono a fare la spesa tornano a casa più consapevoli e riducono lo spreco alimentare. Anche ai bambini nelle scuole insegniamo a comprare il necessario e a prediligere i prodotti di stagione. Cerchiamo di piantare un piccolo seme: i bambini sono intelligenti e curiosi, pongono domande e si sentono anche responsabilizzati”.

Qual è il “profilo” dell’imprenditrice agricola in Italia?

“La maggior parte delle donne che diventano agricoltrici proviene da mondi molto diversi, la scelta di questa attività spesso arriva dopo una maternità, perché ci si rende conto della difficoltà di rientrare nel mondo del lavoro per com’è strutturato oggi. Essere donna e madre fa nascere nuove idee imprenditoriali, come gli agriasili e gli agrinidi, degli spazi dove i bambini sono a contatto con la natura, girano per l’orto e giocano all’interno della fattoria. Molte sono delle giovani, delle under40, spesso laureate, che operano in aziende di dimensioni in media più piccole di quelle degli imprenditori uomini ma con la caratteristica della multifunzionalità. Grazie alla legge sull’orientamento del 2001, chi opera in agricoltura oltre a coltivare il fondo può fare attività come la fattoria didattica o la fattoria sociale, aprire un agriturismo, fare la vendita diretta o trasformare i prodotti agricoli anche per aumentarne il periodo di commercializzazione”.

Come “valuta” i nostri numeri?

“Credo che la nostra situazione offra uno spaccato interessante, molte aziende guidate da imprenditrici si trovano nel Sud Italia e questo è un motivo d’orgoglio, dato  che spesso si parla di scarsa occupazione nel Meridione. Le differenze principali tra il nostro Paese e l’estero è che da noi le donne sono maggiormente disposte a svolgere diverse mansioni nel settore, mentre fuori dai nostri confini magari ci si dedica più esclusivamente a una singola attività”.

Negli ultimi anni si parla sempre di un più di un “ritorno alla terra”. Come vede questo fenomeno?

“Molte persone scelgono di venire in campagna sia perché grazie all’innovazione le aziende agricole sono più sostenibili anche dal punto di vista economico, pure se non sono di grandi dimensioni, sia come effetto dei due anni di pandemia. Ci sono tante imprese condotte da donne si orientano verso l’agricosmesi e iniziative come queste hanno sempre più appeal per le nuove generazioni. Le donne sono le prime agenti di nuove attività, tante aziende agricole riciclano quasi tutto per non sprecare e spesso sono proprie le donne a mettere in circolo il rispetto per l’ambiente che ci circonda, che recuperano varietà e specie più antiche, che preservano questi tipi di colture e di cultura”.

Come l’agricoltura coniuga oggi sostenibilità e innovazione?

“C’è voglia di aziende green ‘verdi’ in tutti i sensi. Molte aziende oggi sono strutturate in modo da essere autosufficienti in ambito energetico, mettendo i pannelli fotovoltaici sui tetti delle costruzioni – perché noi il terreno è sacro. Ci sono realtà di allevamento che con le deiezioni bovine producono biometano che viene utilizzato per il riscaldamento o viene venduto come fonte di energia. Inoltre, molte aziende ricorrono a packaging sostenibile e riciclabile. La sostenibilità, non dimentichiamolo, passa anche da scelte di stagionalità e località: per esempio, in un periodo come questo in cui abbiamo avuto poca acqua, c’è chi ha scelto di non coltivare prodotti che avrebbero avuto bisogno di molta acqua ed è passato alla coltura successiva. Anche le produzioni locali stanno cambiando per via dei cambiamenti climatici, ma dobbiamo salvaguardare per quanto possibile i nostri prodotti”.

Raggiungere la parità di genere è uno degli step per arrivare a uno sviluppo realmente sostenibile. Cosa manca ancora da fare?

“Spesso in agricoltura gli uomini e le donne si trovano spalla a spalla a fare gli stessi lavori, in ogni caso per progredire nella parità di genere è necessario un aiuto incondizionato a chi vuole aprire un’azienda agricola, soprattutto per quanto riguarda la burocrazia. Donne Impresa s’impegna a favore delle imprenditrici donne autonome e consapevoli delle proprie scelte nelle loro aziende”.