Becchetti: “Transizione ecologica, dobbiamo essere ottimisti”

L’intervista al professore ordinario di economia politica all’università di Roma Tor Vergata Leonardo Becchetti sulle fonti di energia rinnovabile

Nell'immagine: a destra Foto di succo da Pixabay, a sinistra il professore Leonardo Becchetti (per gentile concessione)

Una buona notizia. L’Italia guadagna una posizione nella classifica dei primi 40 Paesi al mondo attrattivi per gli investimenti nelle rinnovabili stilata nella sessantaduesima edizione del report Ey Renewable Energy Country Attractiveness Index, piazzandosi 14esima. La cattiva notizia è che, nonostante nei primi nove mesi del 2023 la nuova potenza installata da fonti di energia rinnovabili sia aumentata del 57% rispetto al 2022, ciò probabilmente non basterà a raggiungere l’obiettivo annuale di 10 gigawatt previsto da Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec). “Siamo indietro rispetto alla soglia stabilita per l’anno appena passato, ma lo sviluppo tecnologico e la capacità imprenditoriale del privato sono fattori che ci devono far essere ottimisti”, dice a Interris.it l’economista e docente universitario Leonardo Becchetti, “in tutto il mondo assistiamo a una crescita esponenziale delle rinnovabili”.

Prospettive globali

L’ultimo rapporto “Prospettive energetiche mondiali 2023” dell’Agenzia internazionale dell’energia scorge i “segnali di un cambio di direzione”, osservando un certo dinamismo nel settore delle rinnovabili e la diminuzione dell’apporto di impianti alimentati a carbone o a gas naturale per la produzione di elettricità.  Per il 2023 c’era l’obiettivo di aggiungere oltre 500 gw di capacità di generazione di energie rinnovabili. Perché la sola riduzione della spesa per petrolio e gas, continua il documento, non sarebbe sufficiente per raggiungere l’azzeramento delle emissioni climalteranti entro il 2050 – anche perché nonostante tutto oggi gli investimenti in queste risorse sono quasi il doppio rispetto al livello richiesto nello scenario Net zero emissions (Nze) nel 2030 – e occorre quindi finanziare la transizione verde per assicurare sostenibilità ambientale e sicurezza energetica. Intanto, secondo gli esperti, scrive il quotidiano britannico Guardian, lo scorso anno potrebbe essere quello in cui si è registrato il picco delle emissioni di gas climalteranti, a cui dovrebbe seguire la diminuzione. Ma sono decisive anche le tempistiche del calo, perché se lo scenario rimanesse invariato con le politiche vigenti, si rischierebbe l’aumento della temperatura media mondiale a circa 2,4 gradi nel 2100 rispetto ai livelli preindustriali.

I dati

Tra gennaio e settembre dell’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle, in Italia sono stati installati in 3,1 gw di nuova potenza rinnovabile, +57% rispetto allo stesso periodo del 2022, riporta l’Osservatorio Fonti di energia rinnovabile realizzato da Anie Rinnovabili, l’associazione delle imprese delle rinnovabili che aderisce a Confindustria, sulla base dei dati Gaudì di Terna. Riferendosi ai dati relativi al terzo trimestre 2023, queste risorse segnano +1%. Ma sottolinea pure che “il tasso delle nuove installazioni nel 2023 non raggiungerà la fatidica soglia dei 10 gw”. “Dovremmo arrivare intorno ai 5-6 giga complessivi”, calcola Becchetti, “un risultato ancora insufficiente non per mancanza di progetti, ma per i tempi delle autorizzazioni e della politica”. A conferma di questa considerazione, sempre l’Osservatorio infatti scrive che sono stati finalizzati 13 provvedimenti attuativi su 39, e dei restanti 26 diversi hanno accumulato un ritardo oltre di un anno.

L’energia in Italia

Al 30 settembre le fonti green nel nostro paese coprono il 37% del fabbisogno energetico nazionale producendo 63,8 gw. Guardando fuori dall’Italia, la Spagna l’anno scorso ha prodotto la metà della sua elettricità con impianti green. “Oggi si possono trovare tante soluzioni per nuove installazioni, anche compatibili con il paesaggio, scrivendo buone norme per evitare uno sviluppo selvaggio e fuori controllo”, continua l’economista, facendo poi l’esempio dei pannelli solari sulle barriere antirumore lungo le autostrade e ricordando che un impulso importante può arrivare dall’eolico offshore, ovvero parchi di turbine in mare aperto. “L’unico settore che mi desta qualche preoccupazione è quello dell’edilizia: l’efficientamento energetico degli edifici è fondamentale per la transizione ma l’incentivo di mercato non è sufficiente, serve anche quello pubblico”, aggiunge.

 Ottimismo

Il docente di Tor Vergata si professa ottimista: “Lo sono perché prima di Cop28 c’erano molti ‘negazionisti’ del cambiamento climatico, poi nel corso della conferenza anche i Paesi che hanno maggiori interessi petroliferi si sono detti concordi sugli obiettivi ambientali. Ciò significa che non ci sono più alibi per nessuno e che tutte le forze politiche devono lavorare nella stessa direzione”. Quella verso cui sta già andando il mercato – prosegue Becchetti – “infatti si comincia a intravedere un futuro in cui anche gli italiani potranno risparmiare sui costi della bolletta grazie alle rinnovabili in casa e alle macchine elettriche”. La transizione dalle fonti fossili alle rinnovabili prodotte nel nostro Paese può ridurre l’esposizione al rischio inflazione. “La storia insegna che le due grandi ondate inflattive subìte negli ultimi decenni, quella di cinquant’anni fa e quella in corso, sono dovute a variazioni abnormi dei prezzi dell’energia”, spiega l’economista. E conclude: “Se la tecnologia ci consentirà di accelerare la transizione ecologica non dovremo guardare il processo in termini lineari ma esponenziali, con molti benefici anche dal punto di vista sociale”.