Boom di nuovi poveri in Argentina: sos esplosione sociale

Povertà ancora in crescita nel paese sudamericano, a marzo sarà al 60%. Le stime dell'Osservatorio sociale dell'Università Cattolica

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Argentina nelle spire della crisi economica. Già i dati sull’indice di povertà in Argentina relativi al mese di gennaio erano allarmanti. Ma quelli relativi ai mesi di febbraio e marzo saranno peggiori. Con il rischio di assistere a una vera e propria “esplosione sociale“. Ad affermarlo anche sulla base delle stime dell’inflazione arrivata al 254%, è il direttore dell’Osservatorio sociale dell’università Cattolica di Buenos Aires, Agustin Salvia. Secondo i ricercatori già all’inizio del 2024 il livello di povertà nel Paese ha oltrepassato il 57%. “La povertà a febbraio e marzo sarà superiore, con un picco attorno al 60%“, sostiene Salvia. In base ai rilevamenti dell’ateneo inoltre, “l’indigenza non è aumentata tanto come la povertà“. Un segno che “la crisi sta colpendo soprattutto la classe media”. Secondo Salvia, l’Argentina è in una situazione simile a quella successiva alla crisi del 2001-2002. Con un concreto pericolo di un’esplosione sociale se la situazione peggiorerà ulteriormente. In questo contesto le organizzazioni sociali sono tornate a manifestare per reclamare al governo la ripresa dell’assistenza alimentare alle mense comunitarie.

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Allarme Argentina

Intanto il governo ultraliberista argentino di Javier Milei porta avanti il suo drastico piano di tagli alla spesa e di risanamento dei conti pubblici. Concedendo un incremento di solo il 30% delle pensioni a fronte di un’inflazione che a gennaio ha toccato appunto il 254,2% annuo. Parallelamente ha fissato al 30% anche l’incremento del salario minimo. Sulla base del quale vengono determinate le somme dei principali sussidi come l’assegno unico e universale per figlio. L’annuncio, in attesa della pubblicazione dei relativi decreti ufficiali, era stato dato in un’intervista televisiva dal ministro dell’Economia, Luis Caputo. “Siamo stati per anni un paese con un’addizione al deficit e stiamo in riabilitazione”, ha detto Caputo. Il ministro non ha nascosto che “i prossimi mesi saranno durissimi”. Però ha pronosticato l’inizio di una ripresa a partire dall’ultimo trimestre del 2024. Nel frattempo infuria la protesta per la decisione del governo di deregolamentare la previdenza sociale dei sindacati di categoria in Argentina. Togliendo loro un’importante strumento di finanziamento. Ciò rischia di far riaccendere lo scontro con le principali confederazioni del lavoro. L’iniziativa dell’esecutivo è stata confermata dal portavoce della presidenza, Manuel Adorni. E consente ai lavoratori versare i contributi obbligatori per le prestazioni sanitarie a servizi privati di loro scelta. Piuttosto che agli istituti di previdenza dei sindacati di categoria, come avveniva automaticamente finora.

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Contestazione

In questo modo i sindacati rischiano di perdere la gestione diretta della loro principale cassa di contributi. Una prospettiva questa, respinta duramente dal segretario della Confederazione generale del lavoro (Cgt), Hector Daer. “Il governo sta generando le condizioni per un nuovo sciopero generale”, ha detto il leader della Cgt. “Non abbiamo ancora messo una data ma lo stiamo discutendo”, ha aggiunto Daer. Alla questione della previdenza sociale si aggiunge inoltre anche la discussione sull’aumento del salario minimo, fermo da settembre a 156.000 pesos (170 euro al cambio ufficiale e 120 a quello parallelo). Nonostante l’inflazione abbia raggiunto a gennaio il 254,2% annuo. A fronte del fallimento dei negoziati tra imprenditori e sindacati che chiedono un aumento dell’85%, le ultime indiscrezioni che vengono dal governo parlano di un aumento concesso per decreto dall’esecutivo non superiore al 30%. Una prospettiva che getterebbe ulteriore legna al fuoco a un contesto già estremamente teso. Le persone colpite dalla povertà in Argentina a gennaio ammontano a 27 milioni, pari al 57,4% della popolazione, secondo l’Osservatorio sociale dell’Università cattolica, secondo cui si tratta del tasso più alto dal 2004, quando fu pari al 54%. Il livello di povertà è stato pari al 44,7% nel terzo trimestre del 2023, salendo al 49,5% a dicembre fino a raggiungere il livello attuale il mese scorso.

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Previsioni

Lo studio prevede inoltre che il numero dei senzatetto, passato dal 9,6% nel terzo trimestre del 2023 al 14,2% di dicembre, sia salito al 15% (7 milioni di persone) a gennaio di quest’anno. Il presidente della Repubblica, Javier Milei ha attribuito l’indice di povertà attuale alla “vera eredità del modello della casta”. “Sei argentini su dieci sono poveri. La distruzione degli ultimi cento anni non ha eguali nella storia occidentale“, ha scritto sui social. “I politici devono capire che la gente ha votato per il cambiamento e che noi daremo la vita per portarlo avanti”, ha aggiunto Milei. Intanto l’Argentina ha registrato a gennaio un avanzo finanziario di 518.408 milioni di pesos argentini (576 milioni di euro). Si tratta del primo risultato finanziario positivo del Paese dall’agosto 2012 e per il mese di gennaio dal 2011, secondo i dati del ministero dell’Economia. Nel primo mese dell’anno, l’Argentina ha registrato un avanzo primario di 2.010 miliardi di pesos argentini (2.234 milioni di euro). Mentre le entrate totali hanno raggiunto i 6.100 miliardi (6.830 milioni di euro), con un incremento del 256,7% su base annua. Questi risultati – sostengono gli analisti – sono legati ai forti tagli alla spesa pubblica che il presidente ultraliberista Javier Milei ha attuato da quando è entrato in carica lo scorso 10 dicembre, con un piano fiscale “shock” che si è concretizzato nell’eliminazione per decreto dei fondi fiduciari pubblici. Il risultato fiscale di gennaio è stato celebrato sui social dal capo dello Stato con lo slogan “Deficit zero non si negozia”, che il ministro dell’Economia, Luis Caputo, aveva scritto sul suo account dopo aver annunciato il primo surplus finanziario del Paese in 12 anni.

Argentina (© Elias Butynski da Pixabay)

Impatto

In Argentina, i tagli e i ridimensionamenti promossi dal governo cominciano ad avere un forte impatto sul mondo del lavoro. E le aziende, soprattutto le Pmi, avvertono che hanno già cominciato con licenziamenti e sospensioni del personale, aspettandosi una forte recessione nel primo semestre dell’anno. L’impatto maggiore si riscontra nel settore dell’edilizia. Il presidente della Camera argentina delle costruzioni (Camarco), Gustavo Weiss, stima che da novembre ad oggi siano andati perduti circa 70 mila posti di lavoro. Soprattutto a causa del blocco dei lavori pubblici e del calo dell’attività delle imprese più legate al settore privato. Il presidente della Camera di commercio e servizi (Cac), Mario Grinman, ha invece annunciato che il suo settore prevede “una situazione economica delicata, almeno per un paio di mesi”. Da un sondaggio condotto dalla Iae Business School, su un campione di 268 Pmi, è emerso che l’11% ha dichiarato che a causa della crisi licenzierà i dipendenti. Mentre un altro 29% ha sottolineato che “forse” ricorrerà a questa soluzione. Il 59% inoltre si aspetta che la situazione del Paese non precipiti nel primo semestre. Il restante 41%, invece, teme un peggioramento.