Venditori di fumo

Per parlare di dipendenze è onesto fare ricerche accurate e scientifiche sugli eventuali danni che provoca l’uso delle diverse sostanze sulle persone e soprattutto sui giovani. L’uso precoce della cannabis provoca il ramondadeclino neurologico. Lo dimostra una ricerca condotta su oltre mille individui nati tra il 1972 e 1973 in Nuova Zelanda seguiti fino all’età di 38 anni. Dallo studio pubblicato sulla rivista scientifica ”Pnas” della Duke University in North Carolina è emerso che il loro quoziente di intelligenza si era ridotto in modo irreversibile rispetto a quello dei coetanei che non avevano assunto cannabis. Prima dei 18 anni il cervello è più vulnerabile ai danni della droga.

La marijuana non è assolutamente innocua, soprattutto per gli adolescenti. Noi riteniamo che sia prioritario un intervento educativo basato sulla verità, sulla relazione significativa, sul non lasciare più i giovani alla mercè delle lobby potenti dei trafficanti di fumo a cui a volte gli stessi politici sottostanno. Dobbiamo ribellarci e non lasciare rubare ai nostri giovani il sogno di un futuro ricco di speranza, pieno di responsabilità, di possibilità di studiare, lavorare, rendersi utili per il bene comune e soprattutto per le fasce più deboli della società. Lo Stato non può essere connivente con i mercanti di morte e in nome di entrate economiche uccidere le nostre nuove generazioni.

Le droghe sono tutt’altro che leggere, distruggono intere famiglie. Il consumo di marijuana e alcool distrugge il cervello dei nostri ragazzi. I politici che vogliono legalizzare le droghe diano ai giovani l’opportunità di esperienze positive come il servizio civile, anziché sfoderare proposte vecchie e ideologiche. Di fronte alla mancanza di lavoro, alla precarietà e alla difficoltà di progettare il futuro, si diano ai ragazzi risorse intelligenti e concrete. Le organizzazioni criminali che trafficano droga si combattono applicando con severità le leggi di contrasto, attuando gli accordi internazionali, riconvertendo in colture che danno cibo a chi ha fame i terreni dove oggi si coltiva la droga.

I giovani che hanno concluso il percorso terapeutico nella Comunità papa Giovanni XXIII con impegno e sacrificio, riconquistando la libertà di vivere e di riprogettare una propria vita familiare, lavorativa e sociale, ci urlano un grande sì alla vita, e con altrettanta fermezza ci chiedono di dire no a proposte che alimentano una società necrofila che produce una cultura di morte. Troppi giovani sono stati distrutti dall’uso di sostanze, troppe sono le morti per incidenti causati da persone che erano sotto l’effetto di alcool e stupefacenti. Vogliamo cantare un inno alla vita, per costruire una società accogliente dove il bene comune venga prima di ogni individualismo.

Giovanni Ramonda
Responsabile generale Comunità Papa Giovanni XXIII