Libia, il ruolo italiano nel dopo-lockdown

Il peso italiano in Libia rallentato in vece di una sempre più marcata influenza di Ankara. In un contesto nazionale in direzione di un accordo di cessate il fuoco gestito da Russia e Turchia. Il punto del direttore di Analisi Difesa, Gianandrea Gaiani

L’impatto del coronavirus ha inevitabilmente influenzato gli scenari internazionali, esasperando alcuni contrasti e allentando la presa su altri fronti. Un caso, quest’ultimo, che si confà al ruolo italiano nello scenario libico che, dal forte coinvolgimento iniziale, ha visto via via scemare la sfera di influenza di Roma nello scacchiere nordafricano, dove agisce, al momento, in maniera decisiva la mano di Ankara a sostegno delle forze del governo riconosciuto di Serraj laddove, sul fronte opposto, continua a crescere l’influenza russa. Il punto del direttore di Analisi Difesa Gianandrea Gaiani:

“Tripoli si è resa protagonista di un’offensiva con 11 mila mercenari siriani pagati dai turchi e 1.500 militari turchi con blindati e droni. A fine aprile si sono ripresi tutta la costa fino alla Tunisia, poi Haftar, dal fronte sud di Tripoli, si è ritirato nei giorni scorsi, poiché si è reso conto di non poter reggere un’offensiva turca. I russi hanno mandato aeroplani in Libia in appoggio al generale ma sembra che per ora non li abbiano usati. Quello che pare si stia configurando è un’intesa politica fra Turchia e Russia, come già accaduto in Siria, in cui Ankara è, insieme al Qatar, lo sponsor di Tripoli che controlla la Tripolitania, la regione occidentale. Nel frattempo, Russia, Egitto ed Emirati Arabi fanno lo sponsor della Cirenaica, finché Haftar resterà lì. La linea si divide in due, su un accordo di cessate il fuoco che verrà gestito fra russi e turchi, esattamente come in Siria. Diciamo che l’Europa e soprattutto l’Italia, ormai hanno un ruolo molto marginale nello scenario libico”.

“L’Italia, soprattutto dopo l’insediamento del nuovo governo, ha completamente rallentato sul fronte della Libia, se si fa eccezione per qualche telefonata o altri contesti del tutto marginali. Pochi giorni fa Conte ha telefonato ad Haftar, forse colui al momento più al di fuori degli schemi nazionali. Da Tripoli non si fidano più di noi, perché noi non li abbiamo aiutati, hanno dovuto accettare i turchi e adesso è Ankara a dettare legge. Anche in termini di aziende, di imprese che lavorano e di compagnie petrolifere, la Tripolitania è sotto l’influenza turca come lo era prima dell’invasione italiana del 1911“.