La Terza repubblica della comunicazione

Più che la terza Repubblica diciamo che è iniziata una nuova storia. Anzi, una nuova narrazione dei fatti. Perché con l’avvento dei giallo-verdi al governo (ormai è questa la declinazione cromatica dell’esecutivo Lega-Movimento 5Stelle), quel che conta veramente è la forma più della sostanza. L’apparenza più della consistenza. Piccoli dettagli per grandi tracce. L’uso sapiente dei social, da Twitter a Instagram, con dirette continue e itineranti stanno diventando una vera e propria cifra stilistica. E poi conferenze stampa on the road. Un classico delle campagne elettorali permanenti. E dalla quale non siamo affatto usciti. E così, con l’arrivo nella “stanza dei bottoni” dei leader di M5S e Lega non cambia solo la comunicazione istituzionale ma si modifica profondamente anche la linea di dialogo con le gente. Tant’è che qualcuno l’ha già battezzata la Terza Repubblica della comunicazione, più che quella della politica.

E per comprendere meglio cosa sia la politica nuova, e non la nuova politica, basta ripercorrere mentalmente il film del giuramento al Quirinale. Se da un lato Matteo Salvini e Luigi Di Maio si sono attenuti al protocollo ufficiale, indossando impeccabili completi blu (unico “neo”, anzi vera e propria nota stonata, le calze a righe blu-verde del segretario di via Bellerio), dall’altro, si registra un vero e proprio cambio di rotta sul piano dell’immagine. Destinato a ripercuotersi anche nelle abitudini del circo Barnum che fa da corollario al complesso circense che si è sistemato dentro i palazzi del potere. In quasi 90 giorni di trattative, tra stop and go e veti incrociati, nugoli di cronisti si sono ritrovati a fare la sentinella ad ogni angolo dei palazzi per carpire qualche virgolettato. Una volta, soprattutto ai tempi dei governi Berlusconi, la frase rubata è cominciata a diventare materiale utile soprattutto per i cosiddetti retroscena. Oggi, nell’era del grillismo e del salvinismo, il “giornalismo on the road” rischia di diventare sempre di più “podismo giornalistico”, favorito dalla facilità con cui i big pentastellati e del Carroccio si fermano a parlare a beneficio di telecamera e video maker.

Da settimane è partita la corsa al leader, microfono o taccuino alla mano, in piazza, magari facendo lo slalom tra le fioriere e i turisti sorpresi da tanto caos. Il clou c’è stato ieri, dopo il giuramento al Colle, quando il neo vicepremier e ministro dell'Interno (non accompagnato da Elisa Isoardi) ha cercato un irrituale bagno di folla per un titolare del Viminale, lasciando il Quirinale per raggiungere a piedi palazzo Chigi dove si teneva il primo Cdm del nuovo esecutivo politico. Via del Corso all'altezza di Piazza Colonna, invasa dai turisti e romani alle prese con lo shopping, si è bloccata per 'l'assedio umano' scattato nei confronti di Salvini, con palpabile tensione della sua scorta. Tra richieste di selfie e strette di mano, il 'Capitano' si è fatto largo fino all'ingresso principale della presidenza del Consiglio, rilasciando dichiarazioni a intermittenza, che poi ha fatto pubblicare sottoforma di brevi video sul profilo Instagram. Stesso approccio con la stampa anche per Di Maio, che non è stato da meno e, seguito dai suoi ministri Alfonso Bonafede e Danilo Toninelli, si è concesso una breve passeggiata da Piazza Colonna a Montecitorio con saluto al volo di una scolaresca, provocando un 'mucchione' di telecamere e giornalisti, tra spintoni e imprecazioni. Dunque lo storytelling renziano appartiene già a un'altra epoca, e lo stile sobrio di Gentiloni sembra età della pietra. La nuova epoca è decisamente rock, a tratti pop, ma volta a disegnare nell’aria gli scenari. E questo non potrà non avere riflessi sulle scelte del governo. Al quale, in verità, verrà chiesto di lavorare pancia a terra. Tanto a fare scena ci pensano loro, i big, con l’obiettivo di portare a casa l’operazione simpatia…