“L’inverno demografico buio e freddo” non finirà senza un cambiamento culturale di apertura alla vita

Ci si trova oggi di fronte ad un bivio generazionale dove le parole Diritto e Autodeterminazione hanno preso il sopravvento, per cui si è liberi di scegliere se vivere o  morire (DAT), di interrompere o meno una gravidanza o paradossalmente, al contrario, si può agitare il diritto ad avere un figlio ad ogni costo, poco importa poi se con più genitori tra biologici e adottivi o magari anche dello stesso sesso.

I dati ISTAT ribadiscono, che al 1° gennaio 2021 in Italia i residenti ammontano a 59 milioni 258mila; 384mila in meno su base annua e che l’età media risulta in ulteriore rialzo, 46 anni, con un minimo di nascite e un massimo di decessi “7 neonati e 13 decessi per mille abitanti”,  essendo sceso il tasso di fecondità dal 3.01 dell’immediato dopoguerra  al 1.24  dell’attuale.

Al raggiungimento di tale denatalità, hanno contribuito vari fattori, come l’aumento della sterilità di coppia (15%), la contraccezione e dal 1978, normata dalla  Legge 194, l’interruzione volontaria della gravidanza (IVG) incentivata inoltre da pillole abortive sempre più sofisticate, quali la RU486 e che hanno contribuito a rendere sempre più semplice e nascosto, banalizzandolo, l’aborto.

A più di quaranta anni dall’entrata in vigore della legge infatti, in Italia sono stati eseguiti ufficialmente circa sei milioni di aborti volontari. A questi vanno poi aggiunte le IVG “nascoste”, vale a dire quelle che si verificano in un 15% dei casi di assunzione dei così detti  contraccettivi d’emergenza “pillola del giorno e dei 5 giorni dopo”. Basti pensare infatti che nel solo 2018, ne sono state vendute 573.100 confezioni, a fronte delle 363.600 del 2012, con un incremento in sei anni di più del 58%.

Ovviamente, sul fronte delle nascite, si assiste parallelamente ad un’inesorabile  diminuzione annuale della natalità che mostra come, anche nel nel 2019, siano state 20.763 le nascite in meno rispetto alle 442.676 dell’anno precedente.  Il dato singolare inoltre è che, nell’ambito  globale della natalità, si sia assistito progressivamente ad un aumento dei nati con tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA). I numeri confermano infatti che nel 2019, a fronte di 421.913 nuovi nati, 12.800 sono state le gravidanze ottenute con la tecnica di PMA pari a circa 3,6%, al contrario di percentuali minori degli anni precedenti.

La PMA normata dalla legge n. 40 del 19 febbraio 2004 prevede che possano accedere a tali tecniche coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi. La fecondazione omologa, con  gameti appartenenti alla coppia,  rappresenta il 91,4% di tutti i cicli di trattamento con l’85,8% dei nati.

Nel 2014 la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 4, comma 3 della legge, laddove si stabiliva il divieto a ricorrere a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, con gameti esterni alla coppia,  riservando comunque  tale metodica solo alle coppie eterosessuali conviventi o sposate con diagnosi di infertilità.

L’utilizzo dell’eterologa nella PMA ha riproposto la liceità, non più giuridica ma etica,   dell’utilizzo di gameti esterni alla coppia, sollevando l’annoso problema sullo scontro tra due diritti, quello della coppia ad avere un figlio e quello del bambino di avere, naturalmente, due genitori biologici sposati o conviventi.

Questa condizione di diritto del “più debole” infatti, era normata nella legge originaria, proprio dall’art. 4, comma 3 e che non prevedeva, a tal fine, la fecondazione con gameti esterni alla coppia. Tale nuova norma giuridica, ha ovviamente aumentato negli anni il numero delle coppie che vi hanno fatto ricorso, rappresentando attualmente l’eterologa, l’8,6% dei cicli di trattamento con il 14,2% dei nati con PMA.

Si comprende bene però come senza un cambiamento culturale di apertura alla vita, “l’inverno demografico freddo e buio”, così come l’ha definito Papa Francesco, sia destinato ulteriormente a peggiorare.

Occorrerà allora agire su più ambiti, sostenendo concretamente il welfare familiare con incentivi economici mirati alla crescita demografica, indirizzando la ricerca scientifica a che operi con maggior impegno nella cura della sterilità di coppia, piuttosto che mirare alla produzione di nuovi farmaci abortivi, educando infine i giovani alla cultura della vita piuttosto che a quella della morte.