Il Natale che non ti aspetti

In questi giorni è difficile augurarsi buon Natale. Sembra che il buon Dio si sia stancato di noi. Lo abbiamo offeso, abbiamo ucciso i suoi figli ancor prima di farli nascere, abbiamo negato le briciole di pane a quei poveri che si avvicinavano alla nostra mensa, ci siamo sentiti noi stessi poveri pur avendo tanto di più dei tanti che dormono sulle scale delle chiese, siamo passati davanti a quel povero che ci chiedeva una monetina facendo finta di cercarla per perdere tempo e non dargliela. Siamo entrati nelle chiese belle, riscaldate, con i segni del “qui non sedersi” e “qui si”, abbiamo fatto la Santa Comunione vedendo il sacerdote lavarsi le mani non più simbolicamente in segno di pulizia morale, pronunciando “Lavabo inter innocentes manus meas, et circuibo altare tuum, Domine”.

Ma per prevenire il virus e lo abbiamo accolto tra le nostre mani, anch’esse profumate di disinfettante, come se il lebbroso fosse Lui, il Signore, e non noi. Ci siamo anche chiesti, smarriti, più volte: “Dove sei, Signore? Perché ci hai abbandonato?”. Eppure il Signore è accanto a noi, nascosto in quel pane che ha spezzato prima di abbracciare la Croce. Ha pregato il Cristo in quell’orto degli ulivi e sudato sangue. Aveva paura anche Lui, fatto Uomo per noi, della sofferenza ma ha abbracciato la Sua croce, inerpicandosi per la salita dove sarebbe stato compiuto l’ultimo atto. “Dove sei, Signore? Dove posso vederti, dove posso trovarti?”. In tutte le case cristiane oltre all’albero gioioso e pieno di luci c’è un presepe. Alcuni lo ricreano nel mare o sui monti. Tutti vorremmo che il nostro presepe sia il più simile a quello di Betlemme di Giudea, ma anche il più vicino a noi. Ma come doveva essere il primo presepe? Dove Gesù ha scelto di nascere?

Gesù è nato tra i pastori, tra gli ultimi degli ultimi. In quel periodo storico c’erano i pastori con le pecore bianche, quelle ritenute pure che venivano ammesse nel villaggio, poi gli altri con le pecore pezzate che avevano anch’essi il loro ovile ma poiché non pure nei pressi del villaggio.

Poi c’erano loro, i pastori delle pecore nere, gli impuri, quelli che non potevano entrare in paese e che dovevano svernare in campagna, nelle grotte, per riparare sé stessi e gli animali dal freddo, lontano dai puri.

Gesù ha deciso di nascere tra di loro, tra gli impuri, tra gli ultimi. Ieri, anche io, come tanti di noi ho cercato un po’ di pace e serenità, cercando il Signore Gesù. Non l’ho cercato nei salotti e nei palazzi eleganti. Non l’ho cercato tra uomini dai vestiti costosi e dalle macchine belle e costose. L’ho cercato negli ospizi e nelle case di cura. L’ho cercato nella Casa tra le nuvole di don Aldo. E ho visto il Volto del Signore. L’ho visto nel volto di una nonnina che mi tendeva sorridente la mano, di un anziano che mi diceva grazie per quelle poche cose che altri, “i puri” forse mi avrebbero tirato addosso, l’ho visto nel sorriso delle ragazze strappate dalla strada da don Aldo. Il Signore io l’ho visto nelle pecore nere, in quel prete ed in quei ragazzi che lo aiutavano al freddo sorridenti.

In quel prete, a cui ieri, nel mattino al telefono dicevo: “Ma hai la voce spezzata dal sonno! Ancora dormi?”. E dal quale mi sentivo rispondere felice: “Sono rientrato alle 5,00 stanotte, Italo! Ho portato via dalla strada una giovanissima ragazza”. E mi sono commosso mentre parlava ripensando alle tante notti passate con lui e con don Oreste. Alla gioia che provavo nel salvare una pecorella caduta nel crepaccio e che avevo aiutato a riportare nell’ovile. Se vogliamo vedere il Volto di Cristo, spezzare quel pane come Lui ha fatto e mangiare il Suo cibo dobbiamo seguire le pecore nere, quelle che nessuno vuole, che sembrano le più brutte ma che sono le più belle e che solo per una carezza si avvicineranno a noi con amore.

Se vogliamo che Gesù nasca di nuovo in questa nostra società, afflitta dai peggiori virus, tra cui l’egoismo, dobbiamo cercarlo tra gli ultimi. Perché Gesù non nascerà mai nella casa di un ricco ma solo nel cuore di un povero. E solo se riusciremo ad abbracciare quel povero, ad asciugare una sua lacrima, riusciremo ad abbracciare Lui, il Maestro che è la vera medicina per ogni nostro male.