Che fine hanno fatto i “valori non negoziabili”?

“Il male vince quando i buoni cessano di combattere”, scriveva un filosofo inglese di fine ‘700. Accade certamente anche oggi ed il popolo del Family Day l’ha capito a tal punto che si è mobilitato, si è dato una struttura dando vita al Comitato Difendiamo i Nostri Figli ed ha scelto una strategia politica nella prospettiva delle prossime elezioni.

Voglio ribadire quanto ho già affermato in numerose occasioni, in ogni angolo d’Italia: siamo assolutamente convinti che la salvezza non viene dalla politica e che il Vangelo non è un partito politico. Il compito che oggi ci attende, tenendo gli occhi rivolti al Cielo ed i piedi ben piantati per terra, è quello di fecondare, contaminare, influenzare, indirizzare il mondo della politica e i partiti di cui sono gli strumenti concreti, al fine che si promuovano, tutelino e difendano i valori della vita, della famiglia e della libertà educativa. Fino a poco tempo fa si parlava di valori “non negoziabili”, ma sembra proprio che questa definizione – peraltro molto semplice, chiara e efficace – sia caduta in disgrazia.

Dunque, parliamo di valori che sono indicatori dello stato di civiltà di un popolo. Perché la vera civiltà non si misura né con il Pil né con il tormentone della “green economy”, ma piuttosto con rispetto della vita e della sua dignità, dall’aurora al tramonto, evitando accelerazioni mortifere. Ogniqualvolta il diritto positivo scavalca e mortifica il diritto naturale (vedi aborto, eutanasia, utero in affitto) e l’astrazione ideologica diventa imposizione educativa (vedi gender, unioni civili, legalizzazione delle droghe) chi ne fa le spese è l’uomo, l’umanità, la società degli esseri viventi. Basta dare uno sguardo, anche rapido, ai fatti che ci circondano: in tutti i Paesi, paradiso dei “nuovi diritti” assicurati, il tasso di suicidi è spaventoso, la dipendenza da alcool e sostanze alle stelle, la solitudine esistenziale dilaga e per avere una persona che segua un funerale bisogna assumere una ditta di prezzolati. Ecco l’inferno: la solitudine, l’abbandono, l’anomia identitaria, la confusione. Non più pellegrini verso una meta, ma vagabondi verso l’abisso.

Con questi principi e valori vogliamo contaminare i partiti che ci stanno, assolutamente certi che nessuno di essi ci rappresenta fino in fondo. Personalmente, data la contingenza attuale, vedo questa strategia come il “bene maggiore” possibile; altri possono legittimamente pensare che sia il ”male minore”: ciò che conta è che possiamo portare le nostre idee dentro l’agenda politica di questi partiti, con donne ed uomini “candidati” che, eletti, siano garanti di azioni concrete nella direzione descritta. Oggi, non solo è utopico, ma addirittura dannoso pensare ad un “partito di valori cattolici”.

Utopico, perché richiede un lavoro delicato, difficilissimo, che non si improvvisa a tavolino in una sera ed esige uno spirito di servizio gratuito che non cerca poltrone “hic et nunc”. Dannoso, perché oggi si possono disperdere voti (non è proprio il momento del cosiddetto “voto di testimonianza”) necessari all’affermazione di forze che tutto sommato ci stanno dando ascolto.

Solo la Divina Provvidenza sa che cosa accadrà domani; oggi ci tocca operare con lucidità, concretezza e virtuoso pragmatismo perché la porta stretta del voto ci consenta di portare in Parlamento chi ha già combattuto al nostro fianco e chi si candida a farlo. Il “dopo elezioni” è una pagina bianca, che vogliamo e dobbiamo scrivere insieme, con coraggio, lucidità e umiltà.