Biden sceglie Blinken, Sullivan e Greenfield: i tre motivi

Biden sta cominciando a scegliere le pedine che andranno a formare il suo scacchiere. Man mano che si fanno più deboli i tentativi di Trump di rovesciare in tribunale l’esito delle elezioni presidenziali, si forma e si dà forza alla squadra di Biden. Questo è naturale perché il neo eletto presidente acquista sicurezza e comincia a pensare al futuro e guarda là dove Trump ha cominciato ad avvelenare i pozzi, cioè la politica estera, pensiamo al ritiro delle truppe in Afghanistan.

Lo fa con una serie di scopi: il primo rassicurare il Dipartimento di Stato che era stato umiliato negli ultimi quattro anni; il secondo rilanciare il multilateralismo; il terzo avere delle persone fidatissime al suo fianco. In fondo Biden vuole fare quello che fece Kennedy, cioè essere il ministro degli esteri di sé stesso.

Ha scelto per il Dipartimento di Stato Anthony Blinken che è un figlio di diplomatici che conosce l’Europa. Per la sicurezza nazionale ha scelto un esperto di questioni iraniane, JaKe Sullivan, che dovrebbe riaprire un canale con Teheran e rivedere i rapporti con Israele; terza scelta Linda Thomas-Greenfield che è una diplomatica di carriera che dovrebbe andare alle Nazioni Unite, si manda un diplomatico tra i diplomatici perché parla lo stesso linguaggio.

Quello che si nota è che Biden esalta l’idea del multilateralismo e rovescia per un attimo il pendolo della politica internazionale. Laddove si pensava – negli ultimi 15-20 anni – che l’epicentro delle azioni politiche degli Stati Uniti sarebbe stato il Pacifico, con Blinken si torna a guardare con interesse all’Europa. Questo perché la Russia ha riacquistato un potere tale in Europa, e non solo pensiamo anche al Medioriente, per cui bisogna tornare ad occuparsi di quello che era il “cortile di casa”, ignorato se non umiliato negli ultimi anni con Trump.

L’Europa torna centrale e questo è allo stesso tempo sia una buona sia una cattiva notizia. Cattiva perché in fondo in questi anni, ne avevamo approfittato per respirare: gli americani a volte sono un po’ ingombranti. Dall’altra parte è una buona notizia perché si rilancia il progetto dell’integrazione europea anche grazie alla mancata ostilità di Washington. Non è più il tempo della Brexit, si prenderanno un periodo di riflessione anche i sovranisti di molti Paesi. L’Europa alle prese con il Covid ha rilanciato già, almeno in parte, la solidarietà continentale, e questo ci permetterà (forse) di riprendere un percorso sostanzialmente positivo come quello della integrazione europea che negli ultimi dieci hanno è stata la spinta di un pessimo liberismo, mal digerito e assolutamente incapace di fronteggiare le sfide post crisi del 2008, che era stato imposto al vecchio continente.