A mali estremi, estremi rimedi

Il decreto emanato dal Governo per la chiusura delle scuole di ogni grado e delle Università fino al 15 marzo, non ha alle spalle nessun precedente così clamoroso a cui riferirsi: non si chiusero tutte le  scuole e università d’Italia neanche durante la spaventosa Seconda guerra mondiale. Le scuole durante il conflitto rimasero aperte; si diede vita a innumerevoli modalità pur di non cessare le attività dell’apprendimento. Solo nelle città più sottoposte sistematicamente ai bombardamenti si decise di cambiare gli inizi delle lezioni e della loro conclusione, in orari più sicuri, per evitare di essere colpiti, dato che gli alleati sganciavano bombe generalmente dalle 10 del mattino alle 14. Ad esempio, nelle Città più esposte alle incursioni e per la mancanza di plessi scolastici, a quel punto quasi tutti distrutti, come nel caso di Torino; dalla fine di novembre 43 all’inizio di febbraio si sospesero le lezioni, salvo modalità di collegamento che non vennero mai meno tra insegnanti e studenti, per continuare le attività scolastiche in regime di totale emergenza.

E intanto il Governo ha voluto prendere la decisione più drastica, nella considerazione che il coronavirus non è conosciuto e non ha sistemi di contrasto ancora definiti e collaudati. È significativo che gli organismi costituiti da scienziati a cui si rifanno i governi non si sono pronunciati, ma in ultima analisi, in queste situazioni, è il potere politico che deve decidere il da farsi: tant’è che il Ministero della Sanità ha dato il suo parere favorevole. Ma è inutile nasconderci che probabilmente il 15 marzo, non fosse altro per non smentire la motivazione del decreto, ce ne sarà un’altro per proseguire l’operazione motivata dalla necessità di limitare ogni occasione per l’espansione del virus. Ora non si può sperare che si sia drastici almeno quanto lo si è stati con il decreto di cui si parla, e che dunque i Ministeri dell’Istruzione e della Università decidano soluzioni forti per incrementare in ogni modo l’apprendimento on line.

Sinora si annunciano periodicamente assunzioni di insegnanti ma mai investimenti per una didattica che sia sostenuta dalle tecnologie digitali. E dunque che in queste circostanze che si potrà essere rassicurati da una classe dirigente che sappia vivere e governare in questi tempi talvolta terribili, e tuttavia molto interessanti. Dotarsi subito di piattaforme sufficienti centrali del Miur, di tecnici digitali di prim’ordine, di attrezzature nel territorio adeguate e insegnanti in grado di svolgere questi nuovi compiti, è assai importante. Lo è per sostenere un insegnamento on line per questa straordinaria congiuntura, ma altresì per altri compiti che la scuola deve saper svolgere on line in rapporto con gli studenti e genitori, che possono e debbono svolgersi on line. Allora, ad estremi mali, estremi rimedi.