Suor Anna Monia Alfieri: “Il Sud riparte dalla scuola. Tuteliamo la libertà educativa”

Suor Alfieri: "Non salvare le 12mila scuole paritarie rimaste in Italia e i loro 800mila alunni significa far ricadere oltre 5 miliardi di spesa per l'istruzione sui cittadini italiani"

Suor Anna Monia Alfieri

“Il Sud riparte dalla scuola”. Così a Interris.it suor Anna Monia Alfieri, paladina delle scuole paritarie e Referente Scuola dell’USMI Nazionale, presentando il Convegno “La scuola, un cantiere sempre aperto sul futuro” promosso dall’Ufficio Scuola CISM e USMI Nazionale e dedicato al mondo dell’istruzione nel Mezzogiorno d’Italia che si volgerà il prossimo 26 maggio presso l’Auditorium della Legione Allievi della Guardia di Finanza di Bari.

“All’evento – spiega suor Anna Monia – interverrà anche il Ministro dell’Istruzione e del Merito Prof. Giuseppe Valditara che evidenzierà la co-essenzialità del servizio che la scuola pubblica statale rende insieme alla scuola pubblica paritaria, garantendo l’incontro e la condivisione dei percorsi formativi ed educativi proposti dagli Istituti presenti sul territorio del Mezzogiorno d’Italia, in una sorta di patto educativo essenziale per la ripartenza del Sud e dell’intero Paese”.

“Nel mio intervento, porrò l’attenzione sul divario tra il Nord e il Sud a livello scuola. Un divario che già prima del Covid-19 era pesante ma che poi si è acuito sempre di più. Un altro grave problema è l’alto tasso di dispersione scolastica pari al 21-23% del Meridione contro una media italiana del 12% e una media Europea del 9%. A ciò, si aggiungono i cosiddetti Neet, i giovani che non studiano e non lavorano: 1 milione in Italia.

Quali sono le cause?

“Queste tre grosse piaghe sono riconducibili ad un pluralismo educativo oramai quasi del tutto assente nel Sud Italia. Infatti, la presenza di scuole paritarie nel Nord Italia è pari al 50% sull’infanzia e a una media del 37% su tutti gli altri corsi. Al Sud è pari al 4%. Il Meridione è aggravato dunque dall’assenza di scuole paritarie, martellate negli anni da burocrazia, tasse elevatissime, rette troppo alte per le famiglie. Le scuole del Sud erano scuole di periferia per i poveri, non per i ricchi: ma gravate dai debiti hanno dovuto chiudere. Il Sud rischia dunque di venire condannato al monopolio educativo. Questo non rispetta la libertà educativa che qualsiasi genitore dovrebbe poter esercitare”.

Qual è la tua richiesta?

“La richiesta è la stessa che io rilancio da anni. Questo nuovo Governo se ne è preso carico, ma io faccio un appello alle opposizioni perché lavorino per la massima collaborazione con la maggioranza affinché ci sia un intervento consistente con la Legge di Bilancio del 2023. Come la Legge di Bilancio del 2022 è riuscita a stabilizzare il contributo per gli alunni disabili portandolo da soli 1.700 euro annui agli attuali 7.000, ora è necessario fare un intervento duraturo e consistente a favore di tutte le famiglie che scelgono la scuola paritaria, anche in assenza di figli con disabilità”.

“Vorrei rimarcare, tornando alla questione meridionale che, relativamente al livello di istruzione il Sud si classifica agli ultimi posti della OSCE Pisa al contrario del Nord che sta ai primi. Il Programma PISA (Programme for International Student Assessment) è un’indagine internazionale promossa dall’OCSE – Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico – che con periodicità triennale misura le competenze degli studenti quindicenni dei Paesi aderenti. Il divario Nord e Sud è dunque molto rilevante”.

“Senza un intervento straordinario del Governo attraverso la Legge di Bilancio 2023, condanniamo il Sud al monopolio educativo e condanniamo i poveri a non emanciparsi. L’ho scritto in una recente lettera anche alla segretaria del Pd, Elly Schlein: senza scuole paritarie danneggiamo proprio i più poveri che non potranno scegliere la scuola per i propri figli. Non danneggiamo i ricchi: questi avranno sempre abbastanza soldi per mandare i figli in scuole private costosissime, magari all’estero”.

“Questa invece è una battaglia per i poveri, per i immigrati, per i minori non accompagnati: per dare loro un futuro, strappando il Sud dalla mani della malavita organizzata. Per di più, in molte aree italiane, le scuole dell’infanzia paritarie sono le uniche presenti nel territorio, poiché mancano completamente quelle statali. Come farebbero le famiglie con bambini piccoli senza asili nido, materne e scuole elementari? Sarebbero obbligati a lunghi spostamenti, a trasferirsi o a lasciare il lavoro”.

“Inoltre: c’è un importante fattore economico. Non salvare le 12mila scuole paritarie rimaste in Italia e i loro 800mila alunni significa far ricadere la spesa dell’istruzione pubblica sui cittadini italiani. Questi alunni infatti sarebbero costretti a riversarsi nella scuola statale che non è in grado di accoglierli per mancanza di spazio e strutture idonee ed adeguate. Inoltre, ogni alunno costerebbe altri 7mila euro annui allo Stato. E infatti di 7mila euro il costo medio a studente che ogni anno il Ministero dell’Istruzione e del Merito definisce. Il passaggio alla scuola statale di 800mila alunni significherebbe chiedere allo Stato 5 miliardi e 600 milioni di euro, quindi di tasse per i cittadini, anche quelli che non hanno figli che vanno a scuola.

Da questo convegno si riparte: ce ne saranno poi altri, anche a Roma. Si parte dal Sud per poi risalire tutta la Penisola per chiedere un intervento sostanziale con la legge di bilancio per salvare le scuole paritarie e dunque la libertà di scelta educativa di tutte le famiglie, non solo quelle ricche”.