Italiana fermata in Iran: la Farnesina lavora per il rimpatrio di Alessia

Non sono ancora chiari i motivi del fermo di Alessia Pipiterno che solo domenica è riuscita a comunicare con i genitori

Alessia Piperno in due scatti del suo profilo Instagram

Alessia Piperno, la 30enne romana fermata dalla polizia iraniana il 28 settembre, potrebbe non essere detenuta in un vero e proprio carcere, ma in una stazione della polizia nel nord di Teheran. E per lei potrebbe aprirsi la strada dell’espulsione e non quella, ben più lunga e complicata, dell’arresto e di un processo. La Farnesina sta seguendo il caso con l’ambasciata italiana a Teheran.

E’ quanto sostiene il quotidiano “Il Messaggero“, sottolineando come la diplomazia italiana sia al lavoro per cercare di intraprendere la strada della sanzione amministrativa e non del procedimento penale.

L’ipotesi del fermo

Non sono ancora chiari i motivi del fermo della 30enne che solo domenica è riuscita a comunicare con i genitori e informarli di quanto le stava accadendo.

A dare la notizia erano stati infatti i genitori, che avevano riferito di aver ricevuto una telefonata della figlia in lacrime: “Vi prego aiutatemi, temo di non uscire più”. Il padre ha poi raccontato che l’arresto era avvenuto durante una festa.

Alessia potrebbe essere stata fermata perché ritenuta tra i partecipanti delle rivolte che si stanno susseguendo in Iran per la morte di Mahsa Amini, la giovane deceduta dopo essere stata arrestata perché non portava correttamente il velo.

Piperno, pur non avendo preso parte direttamente alle proteste, avrebbe però più volte parlato sui social del suo sostegno alla piazza.

Le proteste in Iran: 92 morti

Proseguono intanto le proteste di piazza in Iran. La Ong Iran Human Rights almeno 92 persone sarebbero state uccise durante la repressione delle proteste scatenate dalla morte della giovane Mahsa Amini. Venerdì 41 persone sarebbero state uccise dalle forze di sicurezza iraniane a Zahedan, scrive Ansa.

L’Ong ha accusato le forze di sicurezza dell’Iran di aver “represso in modo sanguinario” una protesta scoppiata venerdì dopo le preghiere a Zahedan, nella provincia sud-orientale del Sistan-Baluchistan, per le accuse a un capo della polizia della città portuale di Chabahar, sempre nella provincia del Sistan-Baluchistan, di aver violentato una ragazza di 15 anni appartenente alla minoranza sunnita dei Baluch. Almeno 41 persone sono state uccise.

L’Iran, da parte sua, afferma che cinque membri delle Guardie Rivoluzionarie sono stati uccisi a Zahedan in quello che i media ufficiali hanno descritto come un “incidente terroristico”.