Brasile, Ciccarese (ISPRA): “Tutelare la biodiversità dell’Amazzonia per il bene di tutti”

Interris.it ha intervistato Lorenzo Ciccarese, esperto ISPRA in biodiversità, in merito alle ripercussioni ambientali e antropiche della nuova legge brasiliana sulle delimitazione delle terre indigene in Amazzonia

Amazzonia

La plenaria della Camera dei deputati del Brasile ha detto ieri sì al disegno di legge che modifica il sistema di delimitazione delle terre indigene nel Paese, il cosiddetto “Marco temporal“. La norma, che limita la demarcazione dei terreni a quelli che erano già occupati dai popoli nativi prima dell’entrata in vigore della Costituzione del 1988, rischia di impedire alle popolazioni indigene il diritto ad ottenere titoli di proprietà fondiaria, e va nell’interesse dell’agrobusiness. Secondo la ministra per i Popoli nativi, Sonia Guajajara, la legge rappresenta un “genocidio legislativo”; mentre, per la responsabile dell’Ambiente Marina Silva, si tratta di “un’ingiustizia inaccettabile” e di un “grave danno per l’ecosistema della foresta amazzonica e per il Pianeta”.

Per comprendere la portata e le ricadute sull’ambiente e sui diritti delle popolazioni locali della nuova legge brasiliana, Interris.it ha intervistato Lorenzo Ciccarese, esperto ISPRA in biodiversità. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) è un ente pubblico di ricerca italiano, istituito con la legge n. 133/2008 e sottoposto alla vigilanza del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, che si occupa di protezione ambientale, anche marina, delle emergenze ambientali e di ricerca.

Lorenzo Ciccarese, esperto ISPRA in biodiversità. Foto: Ispra

 

L’intervista a Lorenzo Ciccarese, esperto ISPRA in biodiversità

Cosa si intende per biodiversità ?

“La biodiversità è la ‘biblioteca della vita’. Vale a dire che essa rappresenta tutte le forme di varietà di vita presenti sulla Terra. Il termine inglese ‘biodiversity‘ (abbreviazione di ‘biological diversity‘) è stato coniato nel 1988 dall’entomologo americano Edward O. Wilson. La biodiversità si organizza su tre livelli diversi. Il primo indica la diversità dei geni, vale a dire la differenza che esiste all’interno di una stessa specie, compresi gli esseri umani. Per esempio, le differenze tra gli italiani e i nativi dell’Amazzonia. Il secondo livello è la diversità tra le varie specie. Sulla Terra esistono circa 7,2 milioni di specie viventi diverse, suddivise in distinti gruppi tassonomici: batteri, funghi, mammiferi etc. Il terzo livello è quello ambientale e indica la varietà degli ecosistemi: dagli abissi oceanici, allo stagno, alla foresta amazzonica, al deserto del Sahara etc. Insomma, la biodiversità è Vita, in tutte le sue forme e specificità”.

Quali sono le specifiche della biodiversità della foresta amazzonica?

“La grande foresta Amazzonica, il polmone del mondo, ha un ruolo cruciale per l’umanità. Un aspetto importante è la ricchezza incredibile di forme di vita che racchiude. Si tratta infatti di un territorio enorme che si estende su una superficie di sei milioni di chilometri quadrati suddivisi in nove Paesi; la maggioranza della foresta (circa il 60%) si trova in Brasile; un altro 13% si trova in Perù, il 10% in Colombia e parti più piccole in Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Suriname e Guyana francese. Si comprende dunque come al suo interno esista una grande varietà di habitat e una grandissima varietà di specie, sia vegetali, sia animali. Tantissime specie, compresi dei mammiferi (oltre a insetti, uccelli, aracnidi e anfibi) non sono stati mai investigati o studiati perché ci sono vaste aree amazzoniche praticamente incontaminate”.

Cosa differenzia l’Amazzonia da altri ecosistemi?

“L’Amazzonia è una Regione Mega Diversa: un hot spot (cioè un ‘concentrato’) di diversità che, a differenza degli hot spot mediterranei, copre un’area estesissima. Sono necessari dunque delle politiche di tutela che non riguardino solo il Brasile o le Nazioni coinvolte direttamente, ma anche le scelte che facciamo noi quotidianamente da questa parte del mondo. Le nostre scelte infatti possono influenzare negativamente l’ambiente. Per esempio, l’importazione in Europa della carne dall’Argentina o dal Brasile, o del cuoio o dell’olio di palma…incrementa la deforestazione di vaste aree di quei Paesi per adibirle a pascolo o coltura”.

Quali pericoli per l’ambiente dalla deforestazione per nuove coltivazioni?

“Il primo problema è l’accumulo di gas serra nell’atmosfera. La distruzione tramite incendi di un ettaro di foresta amazonica o tropicale, libera nell’atmosfera centinaia di tonnellate di anidride carbonica. Circa 13 milioni di ettari l’anno (una superficie grande quasi la metà dell’Italia) viene distrutta ogni anno. Provocando il 15% del livello di immissioni globali di anidride carbonica in atmosfera, circa 1,5 miliardi di tonnellate l’anno. Se le Nazioni adottassero delle politiche per azzerare il fenomeno della deforestazione dell’Amazzonia sin da subito, darebbero un contributo sostanziale al raggiungimento del target dell’Accordo di Parigi: emissioni pari a zero entro il 2030. Il Brasile sulla questione è stato altalenante. Con Lula speriamo si riesca a fermare questa catastrofe ambientale”.

Quali altri problemi dalla deforestazione?

“Ce ne sono altri due. Il primo è la perdita di biodiversità. All’interno della foresta amazzonica esistono specie vegetali e animali poco note o totalmente sconosciute. Andando in fumo 13 milioni di ettari ogni anno, si provoca la riduzione delle specie viventi già note e una possibile riduzione o estinzione di decine di specie di piane e animali a noi sconosciuti. Che, se studiati, grazie alle loro sostanze avrebbero potuto apportare progressi anche importanti nella medicina e nell’industria farmaceutica. Come accadde per il chinino, un alcaloide naturale che si ricava dalla corteccia della pianta andina Cinchona oggi sfruttato per le sue naturali proprietà antipiretiche, antimalariche e analgesiche. Purtroppo, piante e animali sono molto sensibili ai cambiamenti climatici e all’innalzamento delle temperature. A causa di queste variazioni, a cui la deforestazione dell’Amazzonia contribuisce fattivamente, è già in atto un’importante perdita di biodiversità: sono scomparse decine di specie diverse a causa dell’effetto serra. Che ora non potremmo più conoscere e usare”.

Qual è l’ultimo problema?

“L’ultimo problema è di equità sociale: i diritti delle popolazioni indigene sui territori in cui vivono non sono messi nero su bianco né sono vincolanti per il Governo. Che, dunque, può espropriare le loro terre ancestrali a favore delle colture. Ma così i locali perdono la possibilità di vivere in quelle zone”.

Quale possibile soluzione a tutela dei popoli indigeni dell’Amazzonia?

“Durante la COP15 sulla biodiversità che si è svolta a Montréal del dicembre del 2022, è stato pensato di lasciare ai nativi delle vaste aree protette. Questa sarebbe un’utile norma al fine di tutelare il loro habitat e dunque le loro radici e la loro sopravvivenza. L’Amazzonia non può essere depredata perché è un bene necessario e fondamentale non solo per la sopravvivenza delle popolazioni locali, ma – poiché gli ecosistemi sono tutti interconnessi – per tutti gli esseri viventi. Uomo compreso”.