Un fiume di giovani per dire stop alle armi

Un fiume in piena ha percorso il centro di Washington per la “Marcia per le nostre vite” organizzata dagli studenti sopravvissuti alla strage di San Valentino a Parkland, in Florida. “Noi siamo la generazione del cambiamento”, dice Ann, che viene dalla Pennsylvania, ha 18 anni e sottolinea con orgoglio: “Sono già registrata per votare. E sono qui perché da qui parte il cambiamento”. L'imponente corteo è transitato lungo Pennsylvania Avenue fino ad arrivare ai piedi del Campidoglio, la sede del congresso. “Ci ascolteranno? Noi stiamo facendo tutto il possibile, non possono fare altro che ascoltarci” dicono i ragazzi.

Voglia di cambiamento

Una convinzione diffusa, anche se la sensazione è che non tutto avverrà rapidamente. “Questa è la volta buona. Questa volta le cose possono cambiare. Questi sono i ragazzi che voteranno presto” dichiara Martha Saccocio, mamma di studenti delle superiori che alla marcia contro le armi nella capitale americana è arrivata piena di speranze, confermate dalla folla e dall'entusiasmo che la circonda mentre una marea umana affluisce su Pennsylvania Avenue dalle strade adiacenti, si ferma davanti al maxischermo all'altezza degli archivio nazionali, per continuare a fluire fino al palco, ai piedi del Campidoglio. Sono centinaia di migliaia – cifre ufficiali non sono ancora disponibili, si parla di mezzo milione di studenti – ma è un fiume in piena. E su una pedana tre ragazze distribuiscono adesivi: 2018, 2020, 2026… Esortano i coetanei ad appuntarseli al petto ad indicare la data a partire dalla quale ciascuno sarà in grado di votare. Jaen Faggetti-Phaen insegna da decenni, è arrivata a Washington dal Missouri, ma lei di proteste così ne ha viste tante: “Dovevo esserci, perché quando hai una classe di prima elementare e li devi portare periodicamente a fare un'esercitazione di sicurezza, davvero non va bene”. Ma sul cambiamento, immediato almeno, non è così convinta.

Politici rappresentateci o andate via!“. L'appello è senza mezzi termini e viene dagli studenti sopravvissuti alla strage di San Valentino a Parkland. Cameron Kesky è uno di loro, ed è il primo a salire sul palco della marcia di Washington. Parla con alle spalle l'immagine imponente del Campidoglio: “Questo è l'inizio”, dice sicuro, parlando alla folla a perdita d'occhio. “Questo è il giorno in cui comincia un nuovo lucente futuro per gli americani. E se credete che questo sia un buon giorno, aspettate di vedere cosa sarà domani!”. Cameron ricorda le vittime una per una e per un momento tornano a scendere le lacrime. Le stesse però che il fiume di giovani disceso su Washington ha trasformato in urlo di speranza. “Nicholas, siamo tutti qui per te. Buon compleanno“. Nicholas Dworet, una delle 17 vittime di Parkland, avrebbe compiuto 18 anni proprio oggi e i compagni sopravvissuti alla strage lo hanno voluto ricordare così. Tra la folla c'è anche Rylynn che non ha ancora compiuto 14 anni, viene dalla Virginia, accompagnata da compagni e genitori: “Cambierà. Questa volta siamo noi ragazzi a chiederlo. E cambierà”.

Cortei in altre città

Ma non c'è solo Washington. “Questo non è un momento, questo è un movimento” scandisce una studentessa a Boston prendendo parte ad uno dei cortei organizzati in tutti gli Stati Uniti per chiedere maggiori controlli sulle armi. E si pensa già al dopo, con alcuni attivisti che hanno indicato – stando a media Usa – quella del 20 aprile come la data della prossima possibile mobilitazione a livello nazionale in coincidenza con il 19° anniversario della strage di Columbine. E il movimento si estende al di fuori dei confini statunitensi: ci sono anche Roma, Milano e Firenze fra le città non americane dove state organizzate le marce contro armi. E ancora Parigi, Madrid, Tokyo, Londra, Sidney.

Il sostegno di Clooney

Un testimonial d'eccezione per dire stop alle armi è l'attore George Cloney: “Mi avete reso nuovamente orgoglioso del mio Paese” ha scritto George Clooney in una lettera agli studenti del liceo di Parkland pubblicata nell'edizione Usa del Guardian. Clooney, che ha donato 500 mila dollari agli organizzatori, aveva annunciato la sua partecipazione alla marcia con la moglie Amal. “Siamo al 100% con voi ma entrambi pensiamo fortemente che questa è la vostra marcia. Il vostro momento”, si legge nel testo. “I giovani lo stanno facendo capire agli adulti e questo è stato il vostro strumento più efficace. Il fatto che nessun adulto parlerà sul palco a Washington è un potente messaggio al mondo che se noi non facciamo qualcosa contro la violenza delle armi da fuoco allora lo farete voi” conclude.

Il plauso della Casa Bianca

E un incoraggiamento sembra arrivare anche dall'amministrazione, nonostante il presidente Trump sia stato sostenuto dalla potente lobby dei fabbricanti di armi. Commentando le marce, la Casa Bianca ha elogiato “i numerosi giovani americani coraggiosi che stanno esercitando oggi i diritti garantiti loro dal primo emendamento”. “Tenere al sicuro i nostri bambini è la massima priorità del presidente, cosa per cui ha sollecitato il Congresso ad approvare il rafforzamento dei controlli (su chi acquista le armi, ndr) e il provvedimento per fermare la violenza nelle scuole, promulgandoli come leggi”, ha riferito la portavoce Lindsay Walters.