L'ascesa di Riyad alla leadership mediorientale

Budget militare in aumento e spese ingenti e costanti, anche più del necessario: per l'Arabia Saudita, la sfida della leadership nel Medio Oriente passa da investimenti in difesa e forze di sicurezza, forse poco dettagliati dal punto di vista strettamente funzionale, perlomeno per ciò che concerne il rapporto spesa-valore dell'esercito (al 26esimo posto nella graduatoria Gmp), ma di più facile lettura sotto un'ottica geostrategica. Questo, in breve, il punto centrale del dossier sulle spese militari saudite del Centro studi Machiavelli, stilato da Annalisa Triggiano (Roma Tre) e presentato alla Camera dei deputati alla presenza dell'onorevole Guido Crosetto e del generale Giuseppe Morabito. Investimenti sui quali influiscono diversi fattori, non ultimo l'attuale punto di frizione fra Trump e il suo Senato, la guerra nello Yemen. A questa è necessario aggiungere l'instabilità politica del vicino Iraq, l'ambizione della Turchia di ergersi a leader dell'area mediorientale pur nella sua distanza geografica, l'obiettivo di arginare il controllo dell'Iran sganciandosi dal mercato del greggio per ampliare la produzione sul territorio (si parla del 50% entro il 2030, secondo i dati della Vision).

Budget fuori misura

Ingrediente sostanziale per un parziale contenimento delle spese, come fatto notare dalla dottoressa Triggiano, consisterebbe nella risoluzione di alcune di queste problematiche, prima fra tutte il dispendioso conflitto nel confinante Yemen: se perseguire la via dell'accordo pacifico può essere un obiettivo difficile, più attuabile potrebbe risultare “l'incremento della trasparenza, con la creazione di libri bianchi o altra documentazione che, al momento, non esiste”. A questo proposito, è necessario sottolineare che se le spese per difesa e sicurezza interna rappresentano un fattore trainante per l'economia saudita, è altrettanto vero che il budget di 77 miliardi impiegato per tali settori doppia quello impiegato in altri cruciali, come la sanità o il sistema educativo, e risulta sproporzionato anche in virtù della popolazione.

Interessi geostrategici

E il budget, fa notare il generale Morabito, “è in costante aumento, in parte per far fronte alle minacce del terrorismo ma anche e soprattutto per risoluzioni di tensioni interne, per l'incertezza politica in Iraq, in Siria e in Yemen, così come per accrescere la competitività con la Turchia, visto anche l'indebolimento geopolitico dell'Egitto e quello sul territorio di Regno Unito e Francia, che ha puntato sull'estrazione di gas in nordafrica”. Spese e fondi che, come evidenziato anche nel dossier, potrebbero incrementare anche nei prossimi anni, in nome di interessi geostrategici sull'area del Medio Oriente i quali, nonostante la parvenza di attriti diplomatici, nemmeno il caso Khashoggi dovrebbe indebolire. Un espansionismo militare che, se non nell'efficacia effettiva, risulta comunque un messaggio chiaro: “Stiamo armando una zona poco popolata – ha detto l'onorevole Crosetto – in cui cresce l'odio fra sunniti e sciiti e in cui l'elemento di pacificazione potrebbe essere il Pakistan”. La crescita di interesse sul Medio Oriente e lo sviluppo futuribile in campo tecnologico che, a detta di Crosetto, andrà negli anni a sostituire quello del greggio, richiede un intervento dell'Italia per la sua credibilità nell'area sul piano diplomatico, “anche considerando l'interesse di bin Salman a una cooperazione con il nostro Paese”.

Disparità evidenti

Un settore, quello dell'industria per lo sviluppo militare, che chiama a raccolta numerosi competitor europei e non, alimentando però al contempo la forbice con lo stanziamento di fondi per i sistemi di istruzione di Riyad, nonostante un programma, quello di Vision2030, stilato per incrementare l'autonomia saudita attraverso investimenti importanti nei settori sganciati dal mercato petrolifero. Come fatto notare nel dossier, “a dispetto delle enormi riforme culturali e sociali annunciate e da attuare con il programma, le spese di difesa e sicurezza erodono da sole una buona parte del budget totale”. Una disparità fin troppo evidente sul piano di una strategia che mira al miglioramento di una nazione.