Senza pietà

Francesco definisce la misericordia come “architrave della Chiesa” nella bolla Misericordiae Vultus. Giovanni XXIII in un discorso ai pellegrini, convenuti a Roma per la Cattedra di Pietro (28 ottobre 1959) scriveva: “Il mondo ancora e sempre si regge perché la voce e il sangue di Cristo gridano pietà e misericordia”. Nella quotidiana infodemia, l’ingente quantità di notizie rende talvolta difficile fermarci a riflettere.

La prematura scomparsa della presidente della Regione Calabria, Jole Santelli sollecita una riflessione carica di mestizia per una giovane vita recisa dalla malattia e di sgomento per l’assenza di misericordia. Sono appena di qualche giorno fa le “shitstorm” che sul web hanno riversato livore sui festeggiamenti della governatrice per l’elezione a sindaco di una sua compagna di partito. Nelle stesse ore dilagavano in Rete le immagini rubate al funerale del padre dell’ex calciatore della Roma e della nazionale, Francesco Totti.

La perdita di “pietas” verso la malattia e la morte è la lettera scarlatta che marchia in modo indelebile il tempo presente. Senza pietà una società smette di essere comunità e diventa giungla nella quale “homo homini lupus”. Pietà significa misericordia e l’intero pontificato di papa Francesco testimonia che la misericordia non è solo un atteggiamento pastorale ma è la sostanza stessa del Vangelo di Gesù. La nozione di misericordia fa parte della tradizione cristiana, come dimostra l’eredità spirituale della grande apostola della Divina Misericordia, santa Faustina Kowalska.

Nel ricevere l’ordinazione episcopale, l’allora vescovo ausiliare di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio scelse come motto sceglie “Miserando atque eligendo” (Guardò con misericordia e scelse) e nello stemma inserì il cristogramma IHS, simbolo della Compagnia di Gesù. La misericordia come attuazione della Scrittura. Il Santo Padre ci insegna a non rassegnarsi all’affievolirsi nella società contemporanea del messaggio di misericordia divina che invece pervade tutto l’Antico e il Nuovo Testamento.

Già sant’Agostino invitava i suoi sacerdoti a seminare misericordia nel territorio della sua diocesi. Agli errori siamo chiamati ad opporci con lo spirito di misericordia. Alla severità va preferita la medicina della misericordia. Il Vangelo della “pietas”, vissuto e comunicato. Da qui deriva l’abbandono nel senso di affidamento senza riserve alla divina Provvidenza, cioè la certezza della misericordia del Signore; la capacità di “mettersi nei panni” (nel senso di condividere) dell’uomo del loro tempo. Il prossimo come vero e proprio luogo teologico per eccellenza “lì c’è Dio!”.

La misericordia è la manifestazione del Dna della Chiesa, che “vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva” (Evangelii Gaudium 24). Al contrario la società globalizzata e sempre connessa rischia di calpestare la “pietas” e di non fermarsi neppure davanti alla malattia e alla morte.