Prigionieri del silenzio

Striscioni, manifesti appesi ai palazzi delle Istituzioni, facebook invaso di “santini” grondanti di retorica. I nostri prigionieri all’estero vivono – o forse è meglio dire sopravvivono – nel cuore della gente italiana attraverso questi deboli segnali, quasi impercettibili nel mare della comunicazione globale che parla di tutto ma non di loro. I nostri connazionali, sia quelli nelle mani dei governi stranieri sia quelli catturati da banditi di matrice integralista, sembrano sparire rapidamente dalle cronache dei giornali e dalle dichiarazioni delle Istituzioni.

La motivazione ufficiale è che per ottenere il loro rilascio è opportuno tacere. Sarà, ma così facendo un risultato lo si ottiene da subito, e non è un bel risultato: lasciarli soli con le loro famiglie. Lo sfogo via social della figlia di uno dei due marò prigionieri in India ormai da oltre due anni, Giulia La Torre (“Voi Italia di m**** fateli restare lì un altro po’”; e ancora: “Non vi preoccupate dei vostri fratelli che combattono per voi, e alcuni perdono la vita. Complimenti Italia, ci state portando alla morte per tante cose”) scopre il velo di un’ipocrisia diffusa. D’altra parte il rientro per quattro mesi del fuciliere di marina è stato possibile solo grazie – e si fa per dire – a un’improvvisa malattia. Una circostanza che non può essere considerata un successo diplomatico.

Patria e famiglia sono valori sbandierati da tutte le formazioni parlamentari, salvo poi concentrarsi su altri fronti di dibattito interno che inevitabilmente non hanno la questione degli “altri italiani”, quelli prigionieri all’estero, nel primo foglio dell’agenda politica. E qui mostriamo tutto il nostro provincialismo. E’ la dimostrazione della perdita interesse per ciò che accade appena al di là della frontiera, e che alla fine l’unica compagna di viaggio di questi nostri connazionali di serie B è l’indifferenza.

E se dei marò comunque si parla perché c’è un processo in corso, di padre Dall’Oglio – il gesuita romano 59enne sparito nel 2013 mentre tentava la mediazione tra gruppi curdi e jihadisti arabi – se ne sono perse le tracce. Silenzio tombale, in attesa del ritrovamento di una ennesima vittima o di una liberazione che sollevi le coscienze. Stessa storia per Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le ultime persone sequestrate in ordine di tempo: due giovani volontarie prelevate in Siria, ad Aleppo, dove si erano recate per portare avanti un progetto umanitario aiutando soprattutto i bambini. Anche per loro vale la regola del silenzio. Ma siamo proprio sicuri che non parlarne sia il metodo giusto per alimentare la coscienza di un popolo?!