Sono trascorsi 53 anni da uno storico evento ecclesiale. La seconda Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano. Si tenne a Medellín, in Colombia nel 1968. Jorge Mario Bergoglio non partecipò alla Conferenza di Medellín. E nei suoi scritti non c’è nessun esplicito riferimento ad essa. Ma dall’insieme dei suoi scritti e soprattutto dai suoi atteggiamenti e comportamenti pastorali posteriori, si può cogliere quanto ne abbia assimilato lo spirito. Tra i suoi scritti ne è un esempio emblematico la descrizione da lui fatta nel volume “Solo l’amore ci può salvare“, nel capitolo intitolato “Il coraggio di annunciare il Vangelo” (2006), della figura di monsignor Enrique Angelelli. Il vescovo di La Rioja che aveva incarnato pienamente lo spirito di Medellín fino a venire violentemente eliminato dal regime militare, nel 1976, per il suo impegno in difesa dei più poveri. E che è stato, come asserì Jorge Mario Bergoglio nel suo scritto, “testimone della fede versando il proprio sangue“.
nella sua prassi pastorale posteriore come vescovo, quanto egli abbia fatto suo il binomio-chiave “comunione e partecipazione“. Filo conduttore della Terza Conferenza nelle sue opzioni per una nuova evangelizzazione. Jorge Mario Bergoglio era invece vescovo da pochi mesi quando partecipò alla conferenza di Santo Domingo. Qualche anno dopo, il 30 settembre 2009, parlando, già da cardinale, in un convegno organizzato dall’ Università gesuita del Salvador a Buenos Aires, fece un riferimento al documento della Conferenza nel punto in cui esso afferma che la povertà estrema e le strutture economiche ingiuste che causano grandi disuguaglianze sono violazioni dei diritti umani. Ma fu soprattutto ad Aparecida che la sua partecipazione e il suo ruolo spiccarono in maniera rilevante.
Il lungo cammino ecclesiale latinoamericano, percorso sotto l’ispirazione e la guida degli orientamenti del Concilio Vaticano II, segna indubbiamente l’idea di Chiesa di Jorge Mario Bergoglio. Una delle innovazioni più rilevanti del Concilio Vaticano II nella sua prima fase di rinnovamento ecclesiale fu quella di riprendere la categoria “Popolo di Dio”, di sapore prettamente biblico. Nella Costituzione “Lumen Gentium“, il secondo capitolo porta come titolo “Il Popolo di Dio“. Una prospettiva che permise al Concilio di superare la visione piramidale e clericale propria del modello di Chiesa-istituzione sopra menzionato. Dei membri di questo Popolo disse, appunto, che “i battezzati vengono consacrati per formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo”, che partecipano pure “dell’ufficio profetico di Cristo“. E che “la totalità dei fedeli, avendo l’unzione che viene dal Santo, non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo“.
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