Il Crocifisso non è un simbolo che divide ma unisce

La Croce per noi cristiani non è più simbolo di morte, di sconfitta, di sofferenza, di maledizione, ma  simbolo di vita, di vittoria, di gioia, di benedizione. Il Crocifisso simbolo di una sofferenza affrontata per amore non è un simbolo che divide ma che unisce l’umanità attorno ai valori della dignità di ogni persona, della pace, della fratellanza, dell’amore verso il prossimo, del perdono della solidarietà, condivisibili, per il loro carattere universale, anche da chi crede di non credere.

La Croce è la celebrazione dell’amore totale di Dio per ciascuno di noi. Dio ci ama. Non dubitiamo mai del suo amore, qualunque cosa ci accada nella vita siamo infinitamente e gratuitamente amati. Gesù Cristo, per amore, ha dato sé stesso fino alla fine. Le sue braccia aperte sulla croce sono il segno più prezioso di un amico capace di arrivare fino all’estremo: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine”, dice san Giovanni. (Gv 13,1). Cristo Crocifisso è morto per amore. Per amore di tutti, di ciascuno, per me, per te. Abbiamo ascoltato nel vangelo di san Giovanni: “Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).

Dio ha inviato suo Figlio per morire in croce per noi e con la sua risurrezione ha annientato la morte. Ogni volta che noi guardiamo il Crocifisso-Risorto, troviamo questo amore. Il crocifisso è il grande libro dell’amore di Dio. Non è uno dei tanti oggetti di devozione da ammirare per la sua antichità e la sua arte, ma l’espressione massima dell’amore di Dio. L’amore del Signore è più grande di tutte le nostre contraddizioni, di tutte le nostre fragilità e di tutte le nostre meschinità. Ma è precisamente attraverso le nostre contraddizioni, fragilità e meschinità che Gesù Cristo vuole scrivere questa storia d’amore, che raggiunge il suo culmine sulla Croce.

Nella croce alzata sul Golgota si manifesta il cuore misericordioso del Padre, giacché in Gesù il Padre, “ha amato noi e ha mandato il suo figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati”. Il Figlio di Dio regna dalla Croce con il suo amore. La Croce non può essere un annunzio triste di sofferenza e di morte; è, al contrario, un messaggio trionfale di vita. Per questo possiamo proclamare: “Salve, o Croce, unica nostra speranza”. Papa Francesco ha detto in Slovacchia: ”Non riduciamo la croce a un oggetto di devozione, tanto meno a un simbolo politico, a un segno di rilevanza religiosa e sociale. Non si contano i crocifissi: al collo, in casa, in macchina, in tasca. Ma non serve se non ci fermiamo a guardare il Crocifisso e non gli apriamo il cuore, se non ci lasciamo stupire dalle sue piaghe aperte per noi, se il cuore non si gonfia di commozione e non piangiamo davanti al Dio ferito d’amore per noi”.

Noi siamo invitati a guardare a Cristo Crocifisso con uno sguardo di fede e di amore per sperimentare il perdono dei nostri peccati e la salvezza. Come il popolo di Israele – stanco per il suo viaggio fu invitato ad alzare lo sguardo verso il serpente di bronzo issato sul bastone da Mosè – così noi veniamo invitati ad alzare lo sguardo verso Gesù Crocifisso. Gesù dice nel vangelo di Giovanni “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che io sono” (Gv 8,28). Gesù sarà innalzato, come il serpente, per dare la salvezza. Tutti coloro che guardano e seguono Cristo Crocifisso saranno sanati e avranno la salvezza. Essere devoti del Crocifisso è essere devoti dell’amore a tutti i costi, un amore che sorprende per la sua generosa radicalità e gratuità. Lasciamoci guardare dal Crocifisso e guardiamo il Crocifisso per far nostra quella sua compassione per noi stessi e per i nostri fratelli.

Nonostante la difficoltà di predicare oggi Gesù Cristo Crocifisso “scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani” a un mondo che è nemico della croce di Cristo, dobbiamo accogliere l’invito di san Paolo a portare “sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale” (2Cor 4,10). Ciò significa abbandonare i nostri modi umani di vedere e di giudicare per entrare nella logica di Dio: logica d’umiltà, di povertà, di rinuncia a tutte le violenze, logica di pace e logica di perdono, come ha fatto Gesù dalla Croce.  Significa essere con i fratelli e le sorelle bisognosi, al loro servizio. Noi contempliamo Gesù Crocifisso, per dare un senso profondo alle gioie e alle speranze, alle tristezze e alle angosce degli uomini e delle donne, soprattutto dei poveri e di coloro che soffrono, dei malati, degli immigrati che hanno trovato nel Mar Mediterraneo il loro cimitero, delle persone che a causa di questa pandemia sono ricoverate in ospedale senza poter incontrare i loro cari, o sono nel lutto per la perdita di una persona cara, o hanno perso il lavoro.

Chiediamo a Gesù Crocifisso di potere mantenere sempre un ricordo vivo del Suo volto sfigurato per non stancarci mai di chiedere perdono per i nostri peccati confidando nella sua divina misericordia. Chiediamo al Crocifisso che ci aiuti a promuovere un cambiamento personale e comunitario attraverso atteggiamenti caratterizzati dalla mitezza, dall’accoglienza, dalla fraternità, dalla speranza.