Il contributo dei cattolici che elaborarono il Codice di Camaldoli

Occorre riflettere sul fatto che papa Francesco, in vista del cambiamento della politica e della rifondazione della democrazia a livello mondiale, pare contare di più sulla missione storica di movimenti popolari che non sugli attuali partiti. Nel novembre 2016 incontrando i movimenti popolari, li ha incoraggiati a rafforzarsi, vincendo il rischio sia di farsi incasellare dall’attuale sistema socio-economico, sia di lasciarsi corrompere. Ed è utile a questo proposito riflettere sul Codice di Camaldoli.

Il titolo originale del documento è “Per la comunità cristiana”. Dal 18 al 24 luglio 1943 un gruppo di intellettuali (laici e religiosi) cattolici si riunì, presso il monastero benedettino di Camaldoli, sotto la guida di monsignor Adriano Bernareggi, assistente ecclesiastico dei laureati dell’Azione Cattolica, con l’intento di confrontarsi e riflettere sul magistero sociale della Chiesa sui problemi della società, sui rapporti tra individuo e stato, tra bene comune e libertà individuale. Il progetto era quello di elaborare un testo di cultura sociale che aggiornasse il Codice di Malines, primo tentativo di dottrina sociale cattolica fatto dall’Unione internazionale di studi sociali di Malines, in Belgio, a partire appunto dai contributi emersi nella settimana del seminario, al quale partecipò attivamente anche Giorgio La Pira.

Il contributo dei cattolici che elaborarono il Codice di Camaldoli fu determinante anche in sede di Assemblea Costituente. In questa Assemblea i rappresentanti delle grandi correnti di pensiero riuscirono, pur nella differenza delle idee, a costruire un tessuto comune di valori condivisi su cui nei decenni successivi si è sviluppata la convivenza civile del nostro paese. Mi pare, questo, un significativo esempio del ruolo che hanno svolto i cattolici nella politica del nostro paese e che occorrerebbe riscoprire e rivitalizzare.

Urge, a tal fine, una nuova cultura politica, rispetto alla quale è fondamentale il riferimento alla Dottrina o Insegnamento sociale della Chiesa, che deve essere conosciuto e sperimentato specie dalle nuove generazioni, contribuendo così, fra l’altro, al suo aggiornamento. Solo una nuova cultura politica consentirà di instaurare un progetto di trasformazione della società e di ravvivare i mondi vitali. Sarà possibile stare in politica da cristiani, se si sarà sorretti da un nuovo movimento sociale e culturale, da una spiritualità, che maturerà coltivando una formazione non solo delle coscienze in sé, ma delle coscienze incarnate, situate storicamente, impegnate in un’azione costruttrice della società. Il che potrà avvenire, promuovendo un discernimento incessante nelle aggregazioni, nelle associazioni e nei movimenti cattolici o ad ispirazione cristiana.

Il 25 luglio e i successivi avvenimenti modificarono il piano di lavoro degli autori del Codice di Camaldoli, che prevedeva una ampia partecipazione. La stesura fu affidata a Sergio Paronetto, Pasquale Saraceno, Ezio Vanoni, Giuseppe Capograssi, che la completarono nel 1944; l’opera fu pubblicata nel 1944. Una delle caratteristiche essenziali del “Codice” consiste nel porre la giustizia sociale tra i fini primari dello Stato, così come la salvaguardia della libertà. E’ evidente appunto l’influenza che questa elaborazione ha avuto tra gli intellettuali cattolici dell’ala “sociale” della Democrazia Cristiana e nella stessa stesura della Carta Costituzionale.