Bruxelles e Roma: la doppia sfida di Conte

La doppia sfida di Giuseppe Conte. Una a Bruxelles e un’altra a Roma. Il Coronavirus sta rivelando il carattere battagliero del presidente del Consiglio come (quasi) mai avevamo visto. Sarà per la tremenda responsabilità crollata sulle spalle di questo ex non-politico, diventato presidente del Consiglio per via dei veti reciproci tra Salvini e Di Maio, ma sta di fatto che Giuseppe Conte la barca la sta manovrando senza timidezze: a Bruxelles, appunto, e a Roma.

A Bruxelles ha fatto quello che tanti chiedono da anni ai ministri italiani: ha sbattuto i pugni sul tavolo. O troviamo un accordo su come limitare i danni del virus o facciamo da soli, ha detto. E a chi gli proponeva un prestito (Mes) a condizioni da strozzo tipo Grecia ha risposto: “Tenetevelo”. Ora, non si sa se questi toni così poco felpati in un uomo altrimenti felpatissimo, porteranno ad un risultato come lo vogliamo noi, cioè ai famosi Eurobond che piacciono niente ai tedeschi e ai loro famigli olandesi e finlandesi: sicuramente si troverà un compromesso, e si dovrà stabilire quali sono in esso le percentuali di vittoria e di sconfitta. Per questo la trattativa è durissima, al punto che Conte ha avviato una personale campagna-simpatia sui media tedeschi e olandesi cercando di smuovere chi non condivide la linea della Merkel o di Rutte. In effetti, i socialdemocratici tedeschi e i laburisti olandesi ma anche giornali, centri studi e persino banchieri hanno criticato anche vivacemente l’ostinata durezza dei loro governi. Forse qualcosa maturerà anche lassù (ma dipenderà anche dall’estensione del contagio e dalla percezione del pericolo sulle strade di Berlino o di Amsterdam).

Altro fronte, Roma. Di fronte ad un’emergenza storica, un governo nato debole tra partiti avversari (PD e M5S) uniti per necessità, non può rifiutare il confronto con l’opposizione. Che in effetti ormai si è avviato, soprattutto dopo molte proteste di Salvini e Meloni per come Conte stava governando attraverso i decreti del presidente del Consiglio. Vari round di colloqui hanno dato l’impressione di non essere solo l’occasione per una passerella utile a rassicurare l’elettorato. C’è anche qualcosa di più: quanto, lo capiremo quando uscirà il decreto “Aprile” che è in gestazione e che dovrebbe portare un carico di miliardi superiore a quello del “Cura Italia”. Vedremo se conterrà le proposte dell’opposizione. Certo, c’è del tatticismo in queste occasioni, anche molto accentuato, però non è detto che non ne esca qualcosa di buono per l’Italia, che se lo meriterebbe.

Conclusione: a Bruxelles e a Roma in realtà si gioca un’unica partita perché solo un’Italia non lacerata dalle polemiche interne può avere la forza di ottenere quel che va cercando.