Picchiata e data alle fiamme, questa la sorte di una donna di quarant’anni che rappresenta solo l’ultimo episodio di una lunga serie di violenze contro il popolo femminile in India. La tragica vicenda è avvenuta nello Stato di Madhiya Pradesh e la vittima prima di morire ha accusato due agenti di polizia della città di Barabanki che le avrebbero chiesto 100 mila rupìe (circa 1400 euro) in cambio del rilascio del marito arrestato.
Quando la donna si è rifiutata i due uomini della forze di sicurezza l’hanno malmenata per poi darle fuoco. L’indiana sarebbe morta all’ospedale di Lucknow proprio a causa delle ustioni riportate sull’80% del corpo. I due agenti negano il fatto dichiarando che la donna si sarebbe data fuoco da sola per protesta, intanto però sono stati sospesi dal servizio e sono sotto inchiesta.
Solo la settimana scorsa un altro caso di violenza ha visto protagonista una giornalista, Jagendra Singh, arsa viva per aver pubblicato un articolo in cui denunciava la corruzione di un politico locale che si sarebbe appropriato illegalmente di alcuni terreni.
In India, così come in molti altri Paesi, la condizione della donna, considerata inferiore all’uomo, è ancora oggi molto diffusa. Secondo l’antropologa italiana, Paola Tabet, la “concentrazione quasi assoluta delle ricchezze in mano maschile” e l’endemica “dipendenza economica femminile” fa sì che il Paese sia diviso in due grandi classi: quella degli uomini che sfruttano le donne.
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