Tre collassi a bordo della Alan Kurdi sembrano aver convinto Malta a mettere da parte il divieto e consentire alla nave l'accesso in porto: il governo di La Valletta ha infatti autorizzato lo sbarco delle 65 persone imbarcate a bordo della nave di Sea Eye, precisando che verranno poi ridistribuiti in altri Paesi. Finisce quindi l'attesa dei migranti a bordo, soccorsi cinque giorni fa al largo della Libia e, in un primo momento, in viaggio verso Lampedusa, dalla quale la nave si era poi allontanata facendo rotta verso l'altra isola, incontrando anche qui lo stop (lo stesso arrivato dal governo italiano) all'ingresso nelle acque territoriali e allo sbarco. La situazione è improvvisamente precipitata poche ore fa, quando tre delle 65 persone sulla Alan Kurdi hanno patito gravi malori dovuti al caldo, finendo per essere sottoposti a cure mediche acute: “Abbiamo urgentemente bisogno di assistenza medica – era stato l'allarme lanciato dall'equipaggio – e di un porto sicuro per tutti quelli a bordo in modo da prevenire il peggio”.
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Il via libera arrivato poco dopo, accantonando il divieto che prevedeva l'intervento delle Forze armate con “azioni appropriate se la nave dovesse entrare entro le 12 miglia dall'arcipelago”. Il tutto mentre in Italia si consuma lo scontro fra il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, e l'ong Mediterranea, che gestisce la barca a vela Alex (al momento sotto sequestro da parte della Guardia di Finanza): “Si sono dette un sacco di cose non vere sulla vicenda di Malta – ha spiegato il capo missione Erasmo Palazzotto -. Abbiamo sempre chiesto un trasbordo esplicitando come per un'imbarcazione omologata per 18 persone, fosse impossibile pensare di raggiungere in sicurezza Malta. In realtà Salvini voleva il nostro scalpo”. Al momento, proprio il parlamentare di Sinistra italiana e il comandante del veliero, Tommaso Stella, sono le persone iscritte nel registro degli indagati, per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e per gli articoli 1099 e 1100 del codice della navigazione, rispettivamente rifiuto di obbedienza a nave da guerra e resistenza o violenza contro nave da guerra.
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