Beato Giacomo da Bitetto, Laico frate minore Zara (Croazia), 1400 ca. – Bitetto (Bari), 1496 ca. Giacomo Varingez (chiamato anche “Illirico” perché nato in Dalmazia), all’età di 20 anni entra tra i Frati Minori a Bari come fratello laico.
• Nel 1438 si reca a Bitetto insieme al suo provinciale e ottiene il permesso di rimanere in quella provincia monastica. Dopo aver dimorato per dodici in vari conventi, è inviato di nuovo a Bitetto dove, a eccezione di brevi assenze, rimane fino alla morte.
• Eroica carità verso gli infetti durante l’epidemia di peste del 1482.
• Prima di morire, il beato Giacomo pianta in terra il suo bastone di legno di cipresso che diventa un albero maestoso.
• Nel 1619 donna Felice di San Severino, duchessa di Gravina, si fa aprire l’urna per baciare la mano del beato e in tale circostanza ne stacca con un morso un dito al fine di procurarsi una reliquia personale. Poiché scoppia un violento temporale che le impedisce di partire, la duchessa confessa la sua colpa e restituisce il dito del beato che ha sottratto, per la conservazione del quale poi dona un reliquiario d’argento. Questa reliquia del dito viene portata ancora oggi in processione.
Il dono della profezia e quello dei miracoli: riconsegna guarito un bambino morente a un padre disperato per aver perso vari figli a causa della stessa malattia.
Attraverso il suo incarico il questuante svolge un fecondo apostolato. Grande devozione alla Vergine: è visto spesso andare in estasi mentre prega davanti all’immagine della Madonna.
Il suo corpo è prostrato dagli anni e dalle aspre penitenze. Deve sopportare il doloroso incurvamento della schiena e la quasi completa sordità. La sua morte, come tutta la su vita, è circondata dal silenzio e dalla preghiera. I confratelli che gli sono vicini notano che il suo viso, nell’incontro con il Signore, risplende di una luce soffusa. Le sue spoglie incorrotte sonono venerate a Bitetto nel santuario a lui dedicato. E’ beatificato nel 1700.
Tratto dal libro “I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire” di Luigi Luzi
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