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Stango (FIDU): “Sparizioni forzate, crimine presente anche nell’Ucraina occupata”

Oggi si celebra la Giornata internazionale delle vittime delle sparizioni forzate, una ricorrenza creata per attirare l’attenzione sul destino delle persone imprigionate in luoghi sconosciuti ai loro famigliari e ai loro legali per motivi politici o sociali. L’impulso per l’introduzione della giornata è venuto dalla Federazione latinoamericana delle associazioni dei parenti dei detenuti-desaparecidos (Federación Latinoamericana de Asociacios de Familiares de Detenidos-Desaparecidos, o FEDEFAM) ed è stata istituita ufficialmente il 21 dicembre 2010 dalla Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 65/209. L’obiettivo della giornata è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dei cosiddetti desaparecidos. Ma sarebbe errato pensare che le sparizioni forzate siano relegate alla soria dell’America Latina. Il problema, al contrario, si verifica anche oggi in più Nazioni del mondo, compresa l’Ucraina, Paese attaccato dalla Russia nel febbraio del 2021.

Per approfondire la tematica delle sparizioni forzate nel mondo contemporaneo, interris.it ha intervistato il dottor Antonio Stango, presidente della Federazione Italiana Diritti Umani (FIDU). Attiva dal 6 ottobre 1987 con la costituzione del Comitato Italiano Helsinki per i diritti umani (con Atto Costitutivo registrato a Roma in data 12 ottobre 1987, al numero 46173, serie 18), la FIDU si propone di promuovere la tutela dei diritti umani stessi come sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea del 2007 e dagli altri rilevanti documenti internazionali.

Antonio Stango, Presidente FIDU

L’intervista ad Antonio Stango (FIDU)

In quali campagne è impegnata FIDU?

“Siamo impegnati, come sempre, su diversi fronti. Contribuiamo a campagne di sensibilizzazione per la giustizia internazionale, contro l’impunità di chi viola gravemente i diritti umani in qualsiasi Stato; siamo attivi nella lotta per l’abolizione della pena di morte nel mondo, anche come membri della World Coalition Against the Death Penalty, e per il miglioramento delle condizioni di detenzione anche in Italia; sosteniamo la lotta per la libertà del popolo iraniano contro il sanguinario regime degli ayatollah; abbiamo diffuso un rapporto dettagliato sull’uso improprio della normativa antiterrorismo da parte delle autorità turche, che ha portato a migliaia di arresti e condanne in assenza di prove sostanziali; ci battiamo contro le forme di schiavitù tuttora praticate in diversi Paesi e segnatamente nella Repubblica Popolare Cinese e in Mauritania. Con il coordinamento della nostra vicepresidente, Eleonora Mongelli, progetti con partner in diversi Paesi nell’ambito del programma CERV (Cittadini, Uguaglianza, Diritti e Valori) della Commissione Europea: e ‘Media Literacy for Democracy’, per promuovere un’efficace strategia di alfabetizzazione mediatica con l’obiettivo di contrastare la disinformazione, consentire ai cittadini di prendere decisioni informate e proteggere i valori democratici; e ‘Make your Vote’, in cui – in vista delle prossime elezioni del Parlamento Europeo – promuoviamo discussione fra giovani cittadini, organizzazioni non governative, ambienti accademici e rappresentanti delle istituzioni su temi di rilievo per il futuro dell’Europa”.

Perché dedicare una giornata internazionale alle vittime delle sparizioni forzate?

“Si tratta di un crimine contro l’umanità del quale non è ancora diffusa una piena consapevolezza nei Paesi che, fortunatamente, non l’hanno vissuto, ma che richiede una grande attenzione da parte degli organi della comunità internazionale perché si possa giungere ad eliminarlo. È chiaro che i regimi che lo praticano tendono ad eludere le rilevanti Convenzioni, gli appelli e i moniti del sistema delle Nazioni Unite (soprattutto se fanno parte del Consiglio di Sicurezza come membri permanenti con diritto di veto, come la Federazione Russa); ma si devono ugualmente utilizzare tutti gli strumenti che il diritto internazionale offre e attuare tutte le pressioni possibili da parte dell’opinione pubblica”.

In questa giornata, il primo pensiero corre ai desaparecidos degli anni ’70 in America Latina. Le sparizioni forzate sono strumenti di repressione del dissenso ancora attuali? E in quali Paesi accade ciò?

“L’ultimo rapporto disponibile del Comitato sulle Sparizioni Forzate delle Nazioni Unite, dell’aprile 2022, cita in particolare casi di ritrovamento di persone che erano state ‘costrette a scomparire’ in Cambogia, Colombia, Iraq e Messico; ma il rapporto non si pronuncia sulle responsabilità politiche delle sparizioni più recenti. Ricordiamo che quando si parla di diritti umani ci si riferisce normalmente all’obbligo di proteggerli e alle corrispondenti violazioni da parte degli Stati, mentre se si tratta di rapimenti da parte di individui o gruppi criminali (cosa frequentissima in Messico, ad esempio, ad opera dei ‘cartelli della droga’) si rimane nel campo del diritto penale interno; a meno che non risulti una determinante connivenza da parte di organi o agenti governativi. Lo specificano la Dichiarazione sulla protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate, proclamata dall’Assemblea Generale dell’ONU nella risoluzione 47/133 del 18 dicembre 1992, e l’articolo 7 (secondo comma, lettera i) dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, che precisa: «per ‘sparizione forzata di persone’ s’intende l’arresto, la detenzione o il rapimento di persone da parte o con l’autorizzazione, il supporto o l’acquiescenza di uno Stato o organizzazione politica, che in seguito rifiutino di riconoscere la privazione della libertà o di dare informazioni sulla sorte di tali persone o sul luogo ove le stesse si trovano, nell’intento di sottrarle alla protezione della legge per un prolungato periodo di tempo». Casi attuali di sparizioni forzate in questo senso sono segnalati in Iran (con la spietata repressione delle ondate di protesta), in Myanmar e in alcuni Paesi africani, tra i quali Libia, Algeria e Sudan. È inoltre di estrema gravità la sparizione forzata di cittadini ucraini operata da parte delle forze russe in Ucraina, già dopo l’annessione illegale della Crimea nel 2014 e poi in particolare dall’inizio dell’invasione su larga scala”.

Le sparizioni forzate sono dunque usate come strumento di guerra della Russia contro l’Ucraina?

“Purtroppo sì – e ne abbiamo molte evidenze. Dal 24 febbraio 2022 al 31 marzo di quest’anno il Kharkiv Human Rights Protection Group, parte della storica organizzazione ‘Memorial’, ha registrato 2.858 casi, relativi a persone che, ad esempio, avevano espresso posizioni filo-ucraine in conversazioni, avevano familiari membri delle Forze Armate ucraine, avevano in casa simboli dello Stato ucraino, insistevano nel parlare ucraino o rifiutavano di collaborare con gli occupanti. Inoltre, talvolta arresti e sparizioni sono avvenuti per semplice intimidazione nei confronti della popolazione. Da parte sua, il prestigioso Center for Civil Liberties di Kyiv, Premio Nobel per la Pace 2022 – con la cui presidente Oleksandra Matviichuk la FIDU collabora fin dal 2014 – ha sviluppato una mappa interattiva delle province ucraine in cui sono state rapite almeno 125 persone delle quali tuttora non si hanno notizie, indicando per ciascuna il nome e una serie di dati e di raccomandazioni per collaborare alla loro ricerca. È un lavoro enorme, che – fra l’altro – va ad integrare la documentazione di cui può avvalersi la Corte Penale Internazionale dell’Aia nelle indagini su crimini di guerra e contro l’umanità commessi sul territorio ucraino, dopo avere già incriminato Putin e la commissaria russa per i diritti dei bambini, Maria Lvova-Belova, per la deportazione illegale di popolazione (in particolare, bambini) dalle aree ucraine occupate alla Federazione Russa”.

Milena Castigli

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